martedì 27 ottobre 2009

Tredici milioni di non nati - Figli che mancano.


Sempre più Vecchio Continente

di Marina Corradi



Ci mancano tredici milioni di figli.
In Europa, e solo negli ultimi dieci anni, non sono nati tredici milioni di figli.
Oltre un milione e duecentomila aborti all'anno.
Tremila e trecento i figli che gli europei cancellano, ogni giorno.
Le elaborazioni sono dell'Istituto europeo di politica familiare, sulla base di dati Eurostat.


I numeri, sono qualcosa di oggettivo. Non come le opinioni. I numeri stanno lì, fermi, incontestabili. E davanti a questi numeri ci si dovrebbe, crediamo, almeno fermare un momento. Anche chi non ha dubbi sul diritto all'aborto, forse davanti a questa cifra "dei soli ultimi dieci anni" potrebbe lasciarsi interpellare da qualche domanda. Perché siamo abituati a pensare all'aborto come scelta individuale, riguardante in fondo solo la donna e al massimo la sua famiglia. Ma il bilancio tracciato dall'Istituto mostra l'aspetto collettivo, la somma di tutte queste scelte individuali.
Che è, alla fine, quasi una generazione mancante a questa Europa.

Tredici milioni che non ci sono nei banchi delle scuole, nei campi di pallone dei nostri quartieri, nelle nostre case, la sera. Nelle tabelle, nei grafici, milioni di singole e spesso solitarie scelte individuali si addizionano, si allineano, diventano un esercito: eccoli, tutti i figli che non abbiamo voluto. E non è necessario, crediamo, essere dei pro-life per guardare a queste schiere di figli non nati con dolore: come si guarda a una sconfitta, come si guarda a una bellezza perduta.


Tra le pieghe del rapporto si apprende che nella "vecchia" Europa dei 15, più benestante dell'Europa allargata a 27, in questi dieci anni il numero di aborti è aumentato. Che dal 2000 a oggi la Spagna ha raddoppiato gli aborti (da 63 mila a 122 mila) - e questo fa pensare che la cultura e la politica di un Paese c'entrino, e tanto, nell'influenzare la scelta fra un sì e un no. L'Italia invece risulta in leggero calo; anche se oltre un milione e trecentomila di quei tredici milioni di figli che mancano in questi dieci anni sono nostri. Ancora: in Europa una gravidanza su cinque finisce in un aborto, e un aborto su sette è di una ragazzina sotto i vent'anni.


Numeri. Con la asettica freddezza propria dei numeri. Milioni di private scelte rapprese in quelle file di zeri implacabili. È un fatto: tredici milioni di figli ci mancano. Mentre gli esperti si affannano a spiegare le conseguenze sociali del declino demografico, e ci descrivono una futura Europa di vecchi, e di vecchi spesso soli e spesso poveri, sarebbe leale stare a guardare questi grafici e domandarci se l'individuale "diritto" a cui l'Occidente inneggia da trent'anni non mostri ora le sue drammatiche conseguenze collettive. Se, invece di introdurre la pillola abortiva, o di allargare il libero aborto alle sedicenni come in Spagna, non sarebbe il caso di fermarsi un momento e di riflettere. Davvero tutto può essere solo ristretto nel "privato", e la dimensione comunitaria è irrilevante?
Pochi giorni fa ad Ars il cardinale Schönborn, arcivescovo di Vienna, alla fine degli esercizi predicati a mille preti in occasione dell"Anno Sacerdotale, ha detto: «Il dramma dell'Europa è la denatalità. L'Europa si sta suicidando nell'aborto dei suoi figli». Come un pugno nello stomaco, la diagnosi dell'arcivescovo della città che è il cuore della vecchia Europa (cuore invecchiato, dove metà degli abitanti vive da "single"). Quelle parole ci hanno ammutoliti, e quasi siamo stati tentati di dirci che erano eccessivamente severe. Ma tredici milioni in meno. Non è la stessa cosa, detta con la freddezza dei numeri?


Un esercito, che non c'è. Che non diventerà grande, che non ci darà dei nipoti. E che era fatto di figli: di primi passi, e primi giorni di scuola, e giochi in cortile. Vita, che non è stata. (Se, almeno, avessimo il coraggio di ammettere un collettivo dolore).

tratto da: Avvenire 23 Ottobre 2009

venerdì 23 ottobre 2009

Pellegrinaggio alla Tomba di San Pietro


Ecco un interessantissimo link attraverso il quale poter accedere in una visita guidata, alla Tomba dell'Apostolo Pietro sotto la Basilica Vaticana.

Buona visione e .... Buon Viaggio!!



Visita virtuale alla Necropoli di San Pietro

giovedì 15 ottobre 2009

Dichiarazione contro la legge sull'omofobia di otto deputati del PDL


Contro ogni reale discriminazione: perché ci opponiamo alla “proposta di legge Concia-Di Pietro”



È all’esame della Camera la proposta di legge dell’on. Concia, cui è stata unificata analoga dell’on. Di Pietro, che punta a introdurre nel codice penale l’aggravante di “avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale, contro la personalità individuale, contro la libertà personale e contro la libertà morale, commesso il fatto per finalità inerenti all’orientamento o alla discriminazione sessuale della persona offesa dal reato». Con questa norma delitti come percosse, violenze private, lesioni – ma anche condotte non riconducibili ad aggressioni fisiche, come minacce e ingiurie –, potrebbero essere puniti fino a un terzo di pena in più. L’iniziativa viene presentata, anche attraverso manifestazioni pubbliche e pressioni mediatiche, come un passo in avanti sulla strada della civiltà e come uno strumento di lotta contro la discriminazione.
Lo scopo di questa nostra dichiarazione di intenti, aperta all’adesione di chiunque la condivida, è di esporre le ragioni per le quali riteniamo invece che l’approvazione della legge sia pericolosa, in sé e per gli effetti che può determinare; e quindi per manifestare la nostra opposizione a essa, dentro e fuori il Parlamento.

1.E’ noto che il nostro ordinamento punisce senza distinzioni ogni aggressione alla integrità della persona e alla sua sfera morale, e in più contiene un’aggravante consistente nei «motivi abietti». Tale circostanza comprende agevolmente le situazioni in cui la condotta è realizzata allo scopo di offendere, a causa dell’orientamento sessuale, la dignità di ogni persona, come insegna una giurisprudenza ormai quasi secolare. Peraltro indirizzare una nuova aggravante su “finalità inerenti all’orientamento o alla discriminazione sessuale”, cioè sul finalismo specifico della condotta, significa contraddirsi. L’offesa alla persona, in quanto distruttiva di un bene personale, è essa stessa una discriminazione, al di là dell’orientamento sessuale della vittima.Con l’aggravante che viene proposta la risposta sanzionatoria viene allargata nei confronti di medesimi reati, sulla base dei moventi più intimi.

Estendere l’ambito della punibilità a elementi di natura interiore quali sono le finalità perseguite espone a una eccessiva discrezionalità: il giudice potrà “presumere” i motivi dell’agire – con inversione dell’onere della prova – rispetto a tutte le condotte illecite che interessino soggetti di cui siano noti specifici stili di vita in materia sessuale. Dunque, la previsione di aggravanti di questo tipo è rischiosa per la libertà dei cittadini, poiché impone uno scandaglio approfondito dei moventi intimi, talora inconsci, che stanno alla base delle azioni umane. Molti delitti sono espressione di «odio» contro la persona – si pensi tra tutti all’omicidio, che spesso trova la sua origine in tale movente –, ma tale movente non è previsto in alcun ordinamento come elemento aggravatore del fatto. L’estensione delle norme della «legge Mancino» alle discriminazioni per motivi di orientamento sessuale segnerebbe la tracimazione dal «diritto penale del fatto» a un inaccettabile «diritto penale dell’atteggiamento interiore»: da una sanzione che segue un comportamento concreto a un di più di sanzione che segue un dato intimistico.

2. La discriminazione è un concetto ampio. Consiste, in base alla normativa internazionale (cfr. per es. la Direttiva 2000/78/CE dell’UE del 27.11.2000), nel trattare una persona in modo meno favorevole di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra persona in una situazione analoga. A questa discriminazione, detta «diretta», va aggiunta una nozione di discriminazione «indiretta», che si verifica allorché una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di svantaggio determinate persone rispetto ad altre. Da un concetto così esteso deriva uno spazio enorme di intervento penale. Se costituisse aggravante qualsiasi discriminazione – o istigazione alla discriminazione – per motivo di orientamento sessuale, la madre che cercasse di persuadere la figlia di non sposare una persona che manifesti un orientamento «bisessuale», rappresentandole i rischi per la formazione di un nucleo familiare stabile, rischierebbe l’imputazione di violenza privata, aggravata da discriminazione per motivo di orientamento sessuale. Conseguenze come questa, e altre ancora più aberranti, limiterebbero in modo inaccettabile sia la libertà di espressione del pensiero sia la libertà e l’autonomia delle persone nell’esercizio dei propri diritti e nella regolazione dei propri interessi, violando i diritti fondamentali di libertà statuiti dagli artt. 21 e 30 della Costituzione. E’ pure ipotizzabile la violazione degli artt. 18 e 19 della Costituzione, con riferimento alla libertà di associarsi e alla libertà di professare la propria fede religiosa, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto. Il rischio di procedimenti penali sorge a fronte di qualsiasi giudizio critico, sul piano scientifico, etico ed educativo, di determinati orientamenti sessuali; o di qualsiasi dottrina religiosa o espressione educativa, che sostenga la contrarietà al diritto naturale degli orientamenti sessuali diversi da quello eterosessuale. Quest’aggravante violerebbe anche, per la sua assoluta genericità e indeterminatezza, il principio di legalità e di tassatività del precetto penale, di cui all’art. 25 co. 2 Cost.: l’oggetto evocato dalla norma non ha una precisione descrittiva tale da delimitare con chiarezza l’ambito dell’intervento punitivo; ha contorni imprecisi, tali da far applicare la norma in situazioni tra loro molto diverse.

3. È evidente che la nostra posizione non si basa soltanto su ragioni di ordine giuridico. Attribuire una specifica e più energica tutela penale “all’orientamento sessuale della persona offesa dal reato” significa attribuire all’orientamento omosessuale (l’unico orientamento sessuale che lamenta “discriminazioni”) non un valore in sé positivo, ma un valore maggiormente positivo rispetto ad altri motivi discriminatori, non previsti dall’ordinamento: provocare una lesione a una persona perché donna verrebbe sanzionato meno gravemente del provocarla a chi manifesta un orientamento omosessuale. L’aggravante rivela allora tutta il suo contenuto simbolico; la riforma, oggi inutile sotto l’immediato profilo pratico per quanto prima enunciato, appare una implicita “premessa” di altri e ben più importanti passaggi: il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali attraverso un matrimonio o un simil-matrimonio, fondata sul carattere “discriminatorio” della limitazione del vincolo a persone di sesso diverso; l’adozione di bambini da parte di coppie del medesimo sesso; il ricorso per le stesse coppie alle tecniche di fecondazione artificiale, oggi vietato dalla legge; la penalizzazione di quegli educatori per i quali essere sessuati non è una questione di scelta. Far coincidere la prevenzione con il profilo esclusivamente penalistico è peraltro un alibi rispetto al mancato impegno preventivo su altri fronti, compreso quello, spesso disatteso, di una sana educazione al rispetto di ogni essere umano, a prescindere dalle sue condizioni di vita, di salute e, ovviamente, dalle sue stesse scelte. Di più con l’espressione “orientamento sessuale” non si farebbe riferimento al fatto che l’esercizio in concreto della sessualità è lasciato alla libertà individuale, quali ne siano le modalità, purché non coercitive: si affermerebbe per legge che la sessualità in sé costituisce un orientamento soggettivo. E dare queste definizioni non corrisponde certamente ai compiti di uno Stato laico, oltre a tradursi in intolleranza verso chi ritiene doveroso difendere il rilievo della differenza sessuale uomo-donna e della complementarietà eterosessuale. Siamo convinti che ci sia tanto lavoro da compiere per superare e rimuovere le discriminazioni. A condizione che le si individui nella loro esatta realtà e consistenza, contrastando norme, come quella della proposta Concia-Di Pietro, che, pur con l’intenzione di combatterle, rischiano di introdurne altre, e più pesanti. Una discussione all’interno del gruppo del Popolo della libertà sarà l’occasione per approfondire gli aspetti problematici che essa pone.


Alfredo Mantovano, Maurizio Lupi, Isabella Bertolini, Maurizio Bianconi, Barbara Saltamartini, Alessandro Pagano, Raffaello Vignali, Renato Farina.

mercoledì 14 ottobre 2009

Legge Concia: BOCCIATA!



OMOFOBIA: AVVENIRE, BOCCIATURA LUNGIMIRANTE.
SI RISCHIAVA REATO OPINIONE

(ASCA) - Roma, 14 ott - ''La legge Concia e' stata 'stoppata' perche' il Parlamento ha ritenuto che contenesse in se' un rischio gravissimo, cioe' quello di provocare una discriminazione nei confronti di chi omosessuale non e', proprio in virtu' dell'introduzione nel codice penale di un'aggravante specifica, tesa a creare una sorta di super-protezione riconosciuta solo e soltanto alle persone che si dichiarano omosessuali''. Lo scrive il quotidiano della Cei, Avvenire, in un editoriale firmato dal portavoce di Scienza e Vita Mimmo delle Foglie che giudica positivamente la bocciatura della proposta di legge sull'omofobia.In questa occasione, afferma quindi Avvenire, ''il legislatore ha saputo guardare lontano. E ha fatto anche di piu': ha saputo riconoscere quello che appare come il rischio piu' elevato per una comunita' civile: l'introduzione di un nuovo reato di opinione. Un reato nel quale sarebbe potuto cadere, ad esempio, chi avesse pubblicamente sostenuto la bellezza e la bonta' sociale del matrimonio storicamente definito, ovvero fra un uomo e una donna. Con simili norme per i portatori di questa opinione si sarebbe aperta la porta all'imputazione per 'discriminazione' nei confronti di quanti, appunto gli omosessuali, non possono accedere al matrimonio fra persone dello stesso sesso''.Il vero rischio, infatti, era quello di ''aprire la via, al di la' della stessa lettera della legge, alla cosiddetta 'cultura di genere' nel nostro ordinamento. Una 'cultura' che porta con se' una serie di richieste, a nostro parere, irricevibili: dal matrimonio omosessuale alla procreazione artificiale e all'adozione di bambini da parte di persone delle stesso sesso''.''E' opportuno - conclude Delle Foglie - che tutti si facciano carico della prudenza necessaria quando, nella creazione di 'nuovi diritti', si vanno a intaccare i pilastri della comune antropologia. E una dose di lucidita' in piu' aiuterebbe tutti noi a collocare il tema della violenza, compresa quella contro gli omosessuali, la' dov'e' il suo posto elettivo: al centro dell'azione educativa. Non sara' un'aggravante specifica, portatrice di ambigue e pericolose interpretazioni e applicazioni, a strappare la violenza dal cuore dei violenti. E questo resta il problema''.
asp/sam/lv
fonte: agenzia asca

domenica 11 ottobre 2009

Le conseguenze del cosiddetto “reato di omofobia”





fonte: http://www.fattisentire.org/



Martedì 6 ottobre inizierà in Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati la discussione sul testo base della legge che vuole stabilire il reato di omofobia. La proposta, presentata dal Partito Democratico, a prima firma Paola Concia, prevede l’inserimento nel Codice Penale di «reati commessi per finalità di discriminazione o di odio fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere». La discussione alla Camera è prevista per il prossimo 12 ottobre. Se il reato contro l’omofobia, che l’allora premier D’Alema tentò invano di imporre nel novembre 1999, fosse varato dal governo di centro-destra, sarebbe uno scandalo e un’occasione di profonda riflessione per l’elettorato cattolico, continuamente tradito dai propri rappresentanti in nome dell’aberrante principio del “politicamente corretto”.

di Roberto de Mattei

È in discussione alla Camera la proposta di legge n. C-1658 contro l’omofobia, presentata dal Partito Democratico, a prima firma Paola Concia. La proposta prevede l’inserimento nel Codice Penale di «reati commessi per finalità di discriminazione o di odio fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere». Con l’appoggio del PDL, o di settori trasversali di esso, il progetto, giacente in commissione Giustizia alla Camera dal gennaio scorso, potrebbe avere un’accelerazione e passare rapidamente all’altro ramo del Parlamento per essere trasformato in legge.
Il testo ha già avuto l’appoggio del Presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno (PDL), che, contro la consuetudine, ne ha affidato l’incarico di relatore alla stessa Concia, e quello del ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, secondo cui la linea del governo e del suo Ministero è quella di prevedere aggravanti per i reati con finalità di discriminazione sessuale.
L’iniziativa recepisce una risoluzione del Parlamento Europeo del 18 gennaio 2006 in cui l’omofobia è definita «una paura e un’avversione irrazionale nei confronti dell’omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio». Come “pregiudizio” si intende ogni giudizio morale contrario all’omosessualità e alle deviazioni in campo sessuale. Quando esso si esprime in scritti o discorsi pubblici che non pongano su un piano di assoluta eguaglianza ogni tendenza e orientamento sessuale, può essere considerato come contrario al rispetto dei diritti dell’uomo ed essere oggetto di sanzioni penali. Lo stesso principio è enunciato dall’art. 21 della Carta fondamentale dei Diritti del cittadino di Nizza, resa giuridicamente vincolante dal Trattato europeo di Lisbona.
Se questa legge passasse e fosse applicata in modo coerente, sarebbe impossibile, o quanto meno rischioso, criticare l’omosessualità e presentare la famiglia naturale come “superiore” alle unioni omosessuali. Un’istituzione ecclesiastica non potrebbe rifiutarsi di designare come suo rappresentante una persona che non faccia mistero delle sue tendenze omosessuali. Nessuno Stato, ma anche nessuna Chiesa, potrebbe rifiutare di celebrare un matrimonio di coppie dello stesso sesso. Catechismi e libri sacri che condannano l’omosessualità come peccato “contro-natura” potrebbero essere ritirati dal commercio.
Se non si conoscono ancora i futuri orientamenti del nuovo Parlamento Europeo, negli Stati Uniti, il 29 giugno 2009 il Presidente Obama ha ricevuto alla Casa Bianca circa 250 leader e attivisti delle principali organizzazioni gay, lesbiche e transgender, in occasione dei 40 anni della nascita del movimento per la difesa dei diritti omosessuali. Lo stesso Obama, in un’intervista pubblicata il 3 luglio da Avvenire, ha affermato che la comunità gay-lesbica degli Stati Uniti viene «ferita da alcuni insegnamenti della Chiesa cattolica e della dottrina cristiana in generale». La posizione di Obama sui temi cruciali di natura morale è notoriamente antitetica a quella della Chiesa e delle altre confessioni cristiane americane e il presidente americano si sforza di propagandare, anche all’estero, il suo “messianismo” sincretista. Essa è destinata ad avere ricadute anche in Italia e in Europa influenzando le decisioni dei nostri uomini politici.
Nel nostro Paese ancora non esiste il reato di “omofobia”, ma la censura sociale applicata contro chiunque manifesti il suo rifiuto per il vizio contro-natura, è violenta e immediata.
L’atteggiamento di tutti coloro che professano la legge naturale, cattolici o non, è sempre più cauto e misurato nelle espressioni. Quanti sono i vescovi, o i parroci che, esercitando il loro ministero pastorale, sono disposti a ricordare che l’omosessualità è un peccato che, nelle parole del Catechismo di San Pio X, «grida vendetta al cospetto di Dio»? Quanti, tra i fautori della riscoperta dei testi scritturistici e patristici, farebbero proprie le parole di fuoco con cui la Sacra Scrittura e i Padri della Chiesa bollavano l’omosessualità come un’“abominio” (Levitico, 20,13)?
Il timore è quello di cadere sotto la ghigliottina del “politicamente corretto”, come accadde a Rocco Buttiglione, mancato Commissario europeo nel 2004, proprio a causa delle sue convinzioni morali in materia.
Nel recente “caso Boffo”, né la stampa cattolica né quella laica o laicista, ha voluto andare a fondo sulla presunta omosessualità del direttore di Avvenire, per accusarlo o scagionarlo, perché ciò avrebbe significato ammissione del fatto che l’omosessualità è comunque una “colpa”. L’“autocensura” è palpabile, perché esiste una “lobby” omosessualista annidata ovunque e pronta, ovunque, a scatenare il linciaggio mediatico. Su Il Giornale del 3 settembre, Luigi Mascheroni ha messo in rilievo il potere di GLBT, l’acronimo utilizzato per riferirsi a gay, lesbiche, bisessuali e transessuali: «Una lobby potente e ricca. Anzi, secondo un dossier del 2006 della rivista Tempi, ricchissima: la lobby omosessuale internazionale, che ha le sue roccaforti a New York, Washington, San Francisco e Bruxelles, è sempre più influente. Riceve finanziamenti sia dalle grandi corporation americane, sia dai governi e dalle istituzioni internazionali, spesso sotto forma di donazioni a Ong o fondi per la lotta all’Aids». La potenza politico-economica dei gruppi omosessualisti, secondo Mascheroni, è tale da influenzare le istituzioni e il costume, come in Italia si tenta, non solo attraverso il ruolo di associazioni come Arcigay e Arcilesbiche, ma soprattutto grazie all’influenza esercitata da persone di orientamento omosessuale in settori chiave della società, quali le arti, la politica, lo spettacolo.
La moda, la televisione e il cinema sono gli ambiti sociali privilegiati della lobby omosessuale. All’ultimo festival di Venezia, conclusosi lo scorso 12 settembre, il tema ricorrente dei film in rassegna è stato l’omosessualità. Prima della proiezione del film, A single man di Tom Ford, che si è aggiudicato il Queer Lion attribuito dalla comunità Gay alla migliore opera omo, lesbica o trans, il presidente onorario dell’arcigay Franco Grillini e alcuni esponenti politici di sinistra hanno tenuto un sit-in contro l’omofobia. Chi volesse liquidare queste manifestazioni come episodi folkloristici, dimenticherebbe che la Rivoluzione contro la morale cristiana, negli ultimi quarant’anni, è avanzata proprio attraverso la dialettica, tra gesti simbolici e provocatori e iniziative parlamentari tese ad allargare il consenso ai tiepidi e “moderati”.
Se il reato contro l’omofobia, che l’allora premier D’Alema tentò invano di imporre nel novembre 1999, fosse varato dal governo di centro-destra, sarebbe uno scandalo e un’occasione di profonda riflessione per l’elettorato cattolico, continuamente tradito dai propri rappresentanti in nome dell’aberrante principio del “politicamente corretto”.
Radici Cristiane n. 48 - Ottobre 2009

sabato 10 ottobre 2009

Il cardinale Bagnasco: si vuole Chiesa muta o allineata



Lettura riduttiva o distorta degli interventi del Papa con l’obiettivo di avere una Chiesa “allineata” o semplicemente muta.


E’ quanto ha detto oggi il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, durante la Plenaria dei presidenti delle Conferenza episcopali d'Europa in corso a Parigi. Il porporato ha denunciato in particolare la deformazione o la lettura parziale e riduttiva degli interventi di Benedetto XVI.


Ecco il testo integrale del discorso del cardinale Bagnasco sul tema “I Media e il Papa: un anno difficile”:



Saluto e ringrazio Sua Eminenza il Cardinale Presidente e tutti i Confratelli nell’Episcopato per l’invito a illustrare questo significativo tema: “I Media e il Papa: un anno difficile”. Si tratta di un tema complesso e assai rilevante, considerata l’importanza assunta nell’odierna società globalizzata dai mezzi di comunicazione e i rischi connessi a un loro uso distorto, soprattutto oggi che, “in modo sempre più marcato, la comunicazione sembra avere talora la pretesa non solo di rappresentare la realtà, ma di determinarla grazie al potere e alla forza di suggestione che possiede” (Benedetto XVI, Messaggio per la 42° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 24 gennaio 2008). In base all’analisi dell’esperienza italiana, che offre un punto di osservazione per molti aspetti privilegiato, si può affermare che in un primo periodo la rappresentazione mediatica del pontificato di Benedetto XVI è stata nel complesso adeguata e sostanzialmente positiva. Le perplessità di qualche commentatore, legate per lo più alla proiezione sul nuovo Pontefice degli stereotipi non sempre del tutto positivi riferiti al cardinale Ratzinger ovvero alla sua presunta scarsa capacità comunicativa, sono state ben presto superate o comunque ridimensionate da un giudizio più attento ai contenuti del magistero, e dal riconoscimento della particolare attrattiva esercitata dal Papa sulle folle nonostante il suo stile volutamente sobrio, incentrato sulla parola più che sui gesti. Questa attrattiva è stata alimentata da alcuni grandi eventi che si sono imposti dal punto di vista mediatico, come ad esempio la visita alla sinagoga di Colonia, compiuta durante il primo viaggio in Germania, il 19 agosto 2005, oppure la visita al campo di concentramento di Auschwitz–Birkenau, compiuta in occasione del viaggio in Polonia, il 28 maggio 2006 o ancora la visita alla Moschea Blu di Istanbul, compiuta durante il viaggio in Turchia, il 30 novembre 2006, o infine la lectio magistralis all’Università di Regensburg del 12 settembre 2006. Oltre a questi eventi di notevole impatto, l’attenzione dei media è stata catalizzata dagli interventi di Benedetto XVI sui cosiddetti “principi non negoziabili” o sulle radici cristiane dell’Europa, cha hanno suscitato un vivace dibattito nell’opinione pubblica dei principali paesi europei. Una minore considerazione è stata invece riservata a taluni incontri densi di significato per la vita ordinaria della Chiesa, come le visite alle parrocchie di Roma, i colloqui con i gruppi e le catechesi del mercoledì, che in realtà rappresentano spesso l’occasione per un’attività di predicazione e testimonianza da parte del Papa che meriterebbe ben altro rilievo e approfondimento. Si avverte qui il rischio, emerso già a partire dal secondo anno di pontificato e via via accentuatosi, di una rappresentazione mediatica riduttiva, che tende a sottodimensionare il Papa testimone e predicatore del Vangelo e a sovrarappresentare il Papa intellettuale e politico, a enfatizzare gli interventi ritenuti potenzialmente conflittuali, giudicati più utili a fare notizia, e a trascurare alcuni temi di fondo che rivelano le priorità del Pontificato.


Queste ben note priorità possono essere brevemente richiamate.


La prima é rappresentata da Dio stesso, dal rapporto con Lui e dalla fede in Lui tramite il Signore Gesù Cristo che lo ha rivelato a noi. In questa prospettiva si può parlare anche di una priorità “cristologica”, manifestata in particolare nel libro Gesù di Nazaret, che spinge Benedetto XVI a riaffermare con forza che Gesù Cristo è la via a Dio Padre, il nostro unico salvatore, la vera sostanza della fede cristiana. La Chiesa deve rendere Dio presente in questo mondo e aprire agli uomini l’accesso a Dio. Questa missione si realizza anzitutto attraverso la preghiera, personale e liturgica, e richiede di avere a cuore l’unità dei credenti: sono queste, la preghiera e l’unità dei credenti, ulteriori priorità dell’attuale pontificato che coinvolgono tutti, ciascuno per la propria responsabilità. Un’ultima priorità che pare qui opportuno richiamare riguarda la chiarificazione di un autentico concetto di libertà, necessaria per la vita della persona e per il bene della società. A questo proposito Benedetto XVI, rifiutando ogni etica e concezione riferibili a quella che ha definito come “dittatura del relativismo”, sottolinea che la libertà della persona è per sua natura relazionale e non può escludere la responsabilità verso l’altro. La libertà è tale, si può osservare, solo in relazione con il valore indisponibile di ogni vita, della pace, della giustizia, della solidarietà e di tutti i beni umani fondamentali al cui apprezzamento e rispetto essa peraltro ha bisogno di essere educata. Se si ignora o trascura questo quadro di priorità nel quale si collocano i diversi interventi del Pontefice è difficile evitare rappresentazioni parziali e fuorvianti, critiche ideologiche e preconcette, letture volte a far dire al Papa ciò che egli con tutta evidenza non dice, fino ad alimentare persino forme di ostracismo estranee alla dialettica democratica. Rientrano in questa tipo di deriva mediatica alcuni recenti polemiche, come ad esempio quelle conseguenti al celebre discorso di Ratisbona, al Motu proprio che consente l’uso della liturgia preconciliare, o alla remissione della scomunica ai quattro vescovi lefebvriani, o ai chiarimenti circa la natura del dialogo interreligioso, o alle considerazioni sui limiti dell’uso dei preservativi svolte nel corso del viaggio in Africa. In tutti questi casi, una rappresentazione corretta avrebbe consentito di superare i fraintendimenti e di chiarire l’effettiva portata di interventi che, lungi dal giustificare talune aspre critiche che si sono registrate, in realtà sviluppano coerentemente alcune linee guida del pontificato e le priorità sopra richiamate. É stata invece preferita una lettura parziale e non di rado francamente scorretta, che induce a domandarsi se in alcune componenti della cultura e dei mezzi di informazione non si stia facendo strada un anticlericalismo interessato a nascondere il vero volto della Chiesa e a distorcere il significato del suo messaggio, così che questo risuoni come incoerente o anacronistico e la Chiesa appaia animata solo dalla volontà «di alzare muri e scavare fossati», soprattutto in materia di etica. Sarebbe questa la Chiesa dei «no», nemica dell’uomo e indifferente ai suoi bisogni, oscurantista e contraria alla razionalità scientifica. In realtà, segnalare i rischi che la mancanza del rispetto incondizionato per l’essere umano può comportare per la dignità dell’uomo non è certamente segno né di ostilità verso la scienza né di ottusa resistenza verso il moderno; è compito della Chiesa segnalarli, la loro segnalazione è piuttosto un sintomo di sollecitudine e di amicizia: l’amico non può non segnalare un pericolo. Il più della Chiesa è condensabile nel grande «sì» con cui risponde all’amore del Signore indicando Lui a tutti. Per questo parla principalmente di Dio e della vita eterna, destinata cioè a non finire. Parla di speranza e di felicità. Alcuni «no», che ad un certo punto la Chiesa reputa di dover dire, sono il risvolto esatto di un’etica del «sì», e ancora più a fondo di un’etica dell’amore, in nome della quale non si può, per ottenere un facile quanto effimero consenso, scambiare, a danno di chicchessia, il male per il bene. Si vorrebbe forse da parte di taluni ambienti una Chiesa o supinamente allineata sull’opinione che si autoproclama prevalente e progressista, o semplicemente muta. Le linee di demarcazione chiare, che impongono scelte a volte laceranti per le coscienze e quasi sempre non facili, non sono certamente in sintonia con un mondo dove la relatività (o il relativismo) dell’etica e della morale sottrae la scelta alla coscienza per consegnarla in un limbo dove tutto è al di là del bene e del male. Tuttavia, la Chiesa non può venire meno alla propria missione. Esprimere liberamente la propria fede, partecipare in nome del Vangelo al dibattito pubblico, portare serenamente il proprio contributo nella formazione degli orientamenti politico-legislativi accettando sempre le decisioni prese dalla maggioranza non può essere scambiato per una minaccia alla laicità dello Stato. La Chiesa non vuole imporre a nessuno la propria morale “religiosa”: essa enuncia da sempre e non può non enunciare – insieme a principi tipicamente religiosi – i valori fondamentali che definiscono la persona e ne garantiscono la dignità, senza alimentare polemiche ma privilegiando sempre il metodo del confronto sereno e costruttivo e la ricerca del bene comune. Un ruolo essenziale per la conoscenza e la diffusione di tali valori, richiamati con esemplare chiarezza dal magistero di Benedetto XVI, spetta oggi ai mezzi di comunicazione. Si può auspicare che nell’esercizio di un compito così delicato prevalgano sempre le ragioni e i criteri di una responsabilità deontologica che, se non esclude la possibilità di critiche fondate e costruttive, tuttavia trova la propria ultima verifica nella capacità di contribuire alla conoscenza e alla ricerca della verità.


fonte: Radio vaticana


mercoledì 7 ottobre 2009

Il Papa: servono testimoni«credenti e credibili»



Concluso il viaggio pastorale nella Repubblica Ceca, Papa Benedetto XVI è rientrato questa sera a Roma. L'aereo speciale, un airbus della Repubblica Ceca proveniente da Praga, è atterrato all'aeroporto militare di Ciampino alle 19.36. All'arrivo all'aeroporto militare di Ciampino, Papa Benedetto XVI è stato accolto, a nome del Governo, dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta. Benedetto XVI, sceso di buon passo dalla scaletta dell'aereo, dove erano presenti anche alti prelati, ha scambiato alcune cordiali battute sotto il velivolo con Letta che lo ha accompagnato all'auto che lo attendeva a pochi metri sulla piazzola di sosta. L'auto, una berlina nera del Vaticano, diretta al Palazzo Apostolico di Castelgandolfo ha lasciato lo scalo romano poco prima delle 19.45.


In precedenza, lasciando la Repubblica Ceca dopo un viaggio durato tre giorni, papa Benedetto XVI ha voluto citare una frase di Franz Kafka, lo scrittore praghese di lingua tedesca. "Chi mantiene la capacità di vedere la bellezza non invecchia mai", questa la frase citata dal pontefice durante la cerimonia di congedo all'aeroporto internazionale di Praga, alla presenza del presidente ceco Vaclav Klaus. Il pontefice si è detto "particolarmente felice" dell'incontro avuto questa mattina con i giovani nella cittadina di Starà Boleslav, e li ha incoraggiati "a costruire sulle migliori tradizioni del passato di questa nazione, in particolar modo sulla eredità cristiana". "Secondo un detto attribuito a Franz Kafka - ha quindi aggiunto -, 'Chi mantiene la capacità di vedere la bellezza non invecchia maì. Se i nostri occhi rimangono aperti alla bellezza della creazione di Dio e le nostre menti alla bellezza della sua verità, allora possiamo davvero sperare di rimanere giovani e di costruire un mondo che rifletta qualcosa della bellezza divina, in modo da offrire ispirazione alle future generazioni per fare altrettanto". Nel suo discorso, il pontefice ha toccato brevemente tutti i temi sollevati durante il viaggio, soffermandosi in particolare sull'incontro ecumenico di ieri pomeriggio nel palazzo dell'Arcivescovado di Praga. Un incontro, ha spiegato Ratzinger, che "ha confermato l'importanza del dialogo ecumenico in questa terra che ha assai sofferto per le conseguenze della divisione religiosa al tempo della guerra dei Trent'anni". "Molto - ha aggiunto - è già stato fatto per sanare le ferite del passato, e sono stati intrapresi dei passi decisivi sul cammino della riconciliazione e della verità in Cristo".


L'omelia del mattino.

"Non basta apparire buoni ed onesti; occorre esserlo realmente". Benedetto XVI ha voluto ricordarlo alla folla dei fedeli presenti alla messa conclusiva del suo pellegrinaggio nella Repubblica Ceca, nella spianata del santuario di San Venceslao, alla periferia di Praga. Per il Pontefice, "c'è oggi bisogno di persone che siano "credentì e 'credibili', pronte a diffondere in ogni ambito della società quei principi e ideali cristiani ai quali si ispira la loro azione". "Questa - spiega il Pontefice - è la santità, vocazione universale di tutti i battezzati, che spinge a compiere il proprio dovere con fedeltà e coraggio, guardando non al proprio interesse egoistico, bensì al bene comune, e ricercando in ogni momento la volontà divina". L'esempio dei santi - come il principe cristiano Venceslao, ucciso nel decimo secolo dal fratello che non condivideva la scelta di ispirare il governo della Boemia alla fede - incoraggia per il Papa teologo "chi si dice cristiano ad essere credibile, cioè coerente con i principi e la fede che professa". "Buono ed onesto - ricorda - è colui che non copre con il suo io la luce di Dio, non mette davanti se stesso, ma lascia trasparire Dio". Secondo il Papa, "questa è la lezione di vita di san Venceslao, che ebbe il coraggio di anteporre il regno dei cieli al fascino del potere terreno. Il suo sguardo non si staccò mai da Gesù Cristo, il quale patì per noi, lasciandoci un esempio, perchè ne seguiamo le orme". Un esempio che raccomanda anche oggi a "quanti guidano i popoli". "Il valore autentico dell'esistenza umana non è commisurato solo su beni terreni e interessi passeggeri, perché non sono le realtà materiali ad appagare la sete profonda di senso e di felicità che c'è nel cuore di ogni persona", ha poi detto Benedetto XVI nell'omelia, "Gesù non esita a proporre ai suoi discepoli la via 'stretta' della santità: 'Chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. E con decisione ci ripete questa mattina: 'Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi seguà". "Certamente - ammette il Pontefice - è un linguaggio duro, difficile da accettare e mettere in pratica, ma la testimonianza dei Santi e delle Sante assicura che è possibile a tutti, se ci si fida e ci si affida a Cristo".


fonte: Avvenire

domenica 4 ottobre 2009

Un altro canto di Caterina, un altro presagio.



Siamo vicini ad Antonio ed al suo dolore.



1 ottobre 2009

In questi giorni sto “scoprendo” la vita di Caterina nei cinque anni di università a Firenze. Soprattutto ascoltando i canti che faceva, (dove esprimeva ciò che aveva dentro) sento vibrare la sua anima.
C’è stato specialmente un canto – insieme a “Ojos de cielo” (che ho già messo qui nel mio blog e potete sentirlo) – che mi ha colpito e anch’esso è un canto per la Madonna, anzi è il suo stesso pianto su Gesù deposto dalla Croce, si intitola “Voi ch’amate lo Criatore” ed è tratto dal laudario di Cortona, del XIII secolo.
Ho scoperto questa cosa di Caterina due anni fa, a Pasqua, perché diversi amici di CL di Firenze mi scrissero mail o sms dicendomi che si erano commossi durante la Via Crucis per aver sentito come Caterina aveva cantato quell’antica lauda.
Sono finalmente riuscito a procurarmi la registrazione e sono rimasto senza fiato… Non è solo la commozione di risentire la sua bellissima voce, ma è l’intensità con cui ci fa entrare nel dolore della Madre del Salvatore.
Ascoltandola ho capito perché tanti si commossero quando l’hanno sentita. E ho capito anche perché si “impuntò”, perché voleva ad ogni costo cantarla lei (poi alla luce di quello che è successo…).
Ecco qui potete sentire il canto di Caterina e sotto trascrivo il bellissimo testo.


Ascolta “Voi ch’amate lo Criatore”


Voi ch’amate lo Criatore
(Laudario di Cortona, sec. XIII)
Voi ch’amate lo Criatore,
ponete mente a lo meo dolore.
Ch’io son Maria co’ lo cor tristo
La quale avea per figliuol Cristo:
la speme mia e dolce acquisto
fue crocifisso per li peccatori.
Capo bello e delicato,
come ti veggio stare enchinato;
li tuoi capelli di sangue intrecciati,
fin a la barba ne va irrigore.
Voi ch’amate lo Criatore,
ponete mente a lo meo dolore.
Bocca bella e delicata,
come ti veggio stare asserrata,
di fiele e aceto fosti abbeverata,
trista e dolente dentr’al mio core.
Voi ch’amate lo Criatore,
ponete mente a lo meo dolore
.



Ascoltandola mi rendo conto che è riuscita a far sentire l’immensità del dolore di Maria, la sua struggente tragedia, però senza sbavature enfatiche, facendo trasparire la dignità e il pudore della Vergine.


Antonio Socci
fonte: Lo Straniero




4 Ottobre - San Francesco d'Assisi




LODI PER OGNI ORA
(San Francesco d'Assisi)


Santo, santo, santo il Signore Iddio onnipotente, che è, che era e che verrà
Lodiamolo edesaltiamolo in eterno
Degno è il Signore Dio nostrodi ricevere la lode, la gloria l'onore e la benedizione
Lodiamolo edesaltiamolo in etemo
Degno è l'Agnello, che è stato ucciso, di ricevere la potenza e la divinità e la sapienza e la fortezza e l'onore e la gloria e la benedizione.
Lodiamolo edesaltiamolo in eterno
Benediciamo il Padre e il Figlio con lo Spirito Santo
Lodiamolo edesaltiamolo ln eterno
Benedite il Signore, opere tutte del Signore
Lodiamolo edesaltiamolo in etemo
Date lode a Dio, voi tutti, suoi servi, e voi che temete Iddio, piccoli e grandi
Lodiamolo edesaltiamolo in eterno
Lodino Lui glorioso i cieli e la terra e ogni creatura che è nel cielo e sulla terra, il mare e le creature che sono in esso
Lodiamolo edesaltiamolo in eterno
Gloria aI Padre e al Figlio e allo Spirito Santo
Lodiamolo edesaltiamolo in eterno
Come era nel principio e ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen,
Lodiamolo edesaltiamolo in eterno.


La Regola
La regola e la vita dei frati minori e questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità. Frate Francesco promette obbedienza e ossequio al signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana. E gli altri frati siano tenuti a obbedire a frate Francesco e ai suoi successori.

venerdì 2 ottobre 2009

2 Ottobre - Festa dell'Angelo Custode



Preghiera all'Angelo Custode

Angelo benignissimo, mio custode, tutore e maestro, mia guida e difesa, mio sapientissimo consigliere ed amico fedelissimo, a te io sono stato raccomandato per la bontà del Signore, dal giorni in cui nacqui fino all'ultima ora della mia vita. 
Quanta riverenza ti debbo, sapendo che mi sei ovunque e sempre vicino. Con quanta riconoscenza ti devo ringraziare per l'amore che nutri per me, quale e quanta confidenza per saperti mio assistente e difensore. 
Insegnami, Angelo Santo, correggimi, proteggimi, custodiscimi e guidami per il diritto e sicuro cammino alla Santa Città di Dio.


Dal Catechismo della Chiesa Cattolica


I. Gli angeli
L'esistenza degli angeli - una verità di fede.

328 L'esistenza degli esseri spirituali, incorporei, che la Sacra Scrittura chiama abitualmente angeli, è una verità di fede. La testimonianza della Scrittura è tanto chiara quanto l'unanimità della Tradizione.
Chi sono?
329 Sant'Agostino dice a loro riguardo: « "Angelus" officii nomen est, [...] non naturae. Quaeris nomen huius naturae, spiritus est; quaeris officium, angelus est: ex eo quod est, spiritus est, ex eo quod agit, angelus – La parola "angelo" designa l'ufficio, non la natura. Se si chiede il nome di questa natura, si risponde che è spirito; se si chiede l'ufficio, si risponde che è angelo: è spirito per quello che è, mentre per quello che compie è angelo ». 411 In tutto il loro essere, gli angeli sono servitori e messaggeri di Dio. Per il fatto che « vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli » (Mt18,10), essi sono « potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola » (Sal103,20).
330 In quanto creature puramente spirituali, essi hanno intelligenza e volontà: sono creature personali 412 e immortali. 413 Superano in perfezione tutte le creature visibili. Lo testimonia il fulgore della loro gloria. 414
Cristo «con tutti i suoi angeli»
331 Cristo è il centro del mondo angelico. Essi sono i suoi angeli: « Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli [...] » (Mt 25,31). Sono suoi perché creati per mezzo di lui e in vista di lui: « Poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: troni, dominazioni, principati e potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui » (Col 1,16). Sono suoi ancor più perché li ha fatti messaggeri del suo disegno di salvezza: « Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza? » (Eb 1,14).
332 Essi, fin dalla creazione 415 e lungo tutta la storia della salvezza, annunciano da lontano o da vicino questa salvezza e servono la realizzazione del disegno salvifico di Dio: chiudono il paradiso terrestre, 416 proteggono Lot, 417 salvano Agar e il suo bambino, 418 trattengono la mano di Abramo; 419 la Legge viene comunicata mediante il ministero degli angeli, 420 essi guidano il popolo di Dio, 421 annunziano nascite 422 e vocazioni, 423 assistono i profeti, 424 per citare soltanto alcuni esempi. Infine, è l'angelo Gabriele che annunzia la nascita del Precursore e quella dello stesso Gesù.425
333 Dall'incarnazione all'ascensione, la vita del Verbo incarnato è circondata dall'adorazione e dal servizio degli angeli. Quando Dio « introduce il Primogenito nel mondo, dice: lo adorino tutti gli angeli di Dio » (Eb 1,6). Il loro canto di lode alla nascita di Cristo non ha cessato di risuonare nella lode della Chiesa: « Gloria a Dio... » (Lc 2,14). Essi proteggono l'infanzia di Gesù, 426 servono Gesù nel deserto, 427 lo confortano durante l'agonia, 428 quando egli avrebbe potuto da loro essere salvato dalla mano dei nemici 429 come un tempo Israele. 430 Sono ancora gli angeli che evangelizzano 431 la Buona Novella dell'incarnazione 432 e della risurrezione 433 di Cristo. Al ritorno di Cristo, che essi annunziano, 434 saranno là, al servizio del suo giudizio. 435
Gli angeli nella vita della Chiesa
334 Allo stesso modo tutta la vita della Chiesa beneficia dell'aiuto misterioso e potente degli angeli.436
335 Nella liturgia, la Chiesa si unisce agli angeli per adorare il Dio tre volte santo; 437 invoca la loro assistenza (così nell'In paradisum deducant te angeli... – In paradiso ti accompagnino gli angeli– nella liturgia dei defunti, 438 o ancora nell'« Inno dei cherubini » della liturgia bizantina 439), e celebra la memoria di alcuni angeli in particolare (san Michele, san Gabriele, san Raffaele, gli angeli custodi).
336 Dal suo inizio 440 fino all'ora della morte 441 la vita umana è circondata dalla loro protezione 442 e dalla loro intercessione. 443 « Ogni fedele ha al proprio fianco un angelo come protettore e pastore, per condurlo alla vita ». 444 Fin da quaggiù, la vita cristiana partecipa, nella fede, alla beata comunità degli angeli e degli uomini, uniti in Dio.