mercoledì 16 febbraio 2011

Born Alive Infanct Protection Act

Testimonianza di Jill Stanek

E' stata ripetuta davanti ad una commissione parlamentare dell’Illinois ed a Barack Obama, allora governatore dello stato. Quest’ultimo non ne fu minimamente toccato e votò ripetutamente contro il Born Alive Infanct Protection Act, la legge che protegge i bambini nati vivi dopo un tentato aborto.

***
Lavoravo da un anno al Christ Hospital a Oak Lawn, nell’Illinois, come infermiera professionista nel reparto travaglio e parto, quando sentii dire che stavamo effettuando l’aborto di un bambino con sindrome di Down al secondo trimestre. Fui completamente shockata. Avevo infatti scelto specificamente di lavorare al Christ Hospital perché era un ospedale cristiano e non era implicato, così pensavo, negli aborti. Mi fece molto male sapere che il luogo dove questi aborti venivano effettuati era proprio un ospedale chiamato col nome del mio Signore e Salvatore Gesù Cristo. Fui ulteriormente addolorata dal sapere che gli affiliati religiosi dell’ospedale, la chiesa evangelica luterana d’America e la chiesa unita di Cristo, erano pro-aborto. Non pensavo proprio che una qualsiasi denominazione cristiana potesse essere pro-aborto!


Ma la cosa più sconvolgente fu conoscere il metodo che il Christ Hospital usava per gli aborti, chiamato aborto a travaglio indotto, ora chiamato anche “aborto a nascita di bambino vivo”. In questo tipo di procedura abortiva i medici non cercano di uccidere il bambino nell’utero. L’obiettivo è semplicemente far partorire un bambino che muore durante la nascita o poco dopo.
Per eseguire l’aborto a travaglio indotto, un medico inserisce un farmaco nel canale del parto della madre, vicino alla cervice. La cervice è l’apertura alla base dell’utero che normalmente rimane chiusa fino a che una madre è incinta di circa 40 settimane ed è pronta a partorire. Questo farmaco irrita la cervice e la stimola ad aprirsi precocemente. Quando questo avviene, il piccolo bambino pienamente formato del secondo o terzo trimestre cade fuori dall’utero, talvolta vivo. Per legge, se un bambino abortito nasce vivo, devono essere redatti sia i certificati di vita e di morte. Ironicamente, al Christ Hospital la causa di morte spesso indicata per i bambini abortiti vivi è “estrema prematurità”, un’ammissione da parte dei medici che sono stati loro a causare questa morte.
Non è infrequente che un bambino abortito vivo tiri avanti per un’ora o due o anche di più. Al Christ Hospital uno di questi bambini abortiti vivi sopravvisse per un intero turno di otto ore. Alcuni bambini abortiti sono sani, perché il Christ Hospital effettua aborti per la vita o per la “salute” della madre, ed anche per stupro o incesto.


Nel caso in cui un bambino abortito nasca vivo, lui o lei riceve “cure di conforto”, che consistono nel tenere il bambino al caldo in una coperta finché muore. I genitori possono tenere in braccio il bambino se lo desiderano. Se i genitori non vogliono tenere in braccio il bambino abortito mentre muore, un membro dello staff se ne prende cura finché muore. Se lo staff non ha il tempo o la voglia di prendere in braccio il bambino, questi viene portato alla nuova Stanza di Conforto del Christ Hospital che è munita di una macchina fotografica per la prima foto se i genitori vogliono immagini professionali del loro bambino abortito, di ciò che serve per il battesimo, vesti, certificati, attrezzatura per prendere le impronte dei piedini e braccialettini da bambino per ricordini, ed una sedia a dondolo. Prima che fosse istituita la Stanza di Conforto, i bambini venivano portati a morire nella Stanza Ripostiglio.
Una notte, una collega infermiera stava portando un bambino con la sindrome di Down, che era stato abortito vivo, alla nostra Stanza Ripostiglio perché i genitori non volevano tenerlo in braccio e lei non aveva tempo per tenerlo con sé. Non potevo sopportare il pensiero di questo bambino sofferente che moriva da solo in un ripostiglio, così l’ho cullato e dondolato per i 45 minuti che visse. Era tra le 21 e 22 settimane, pesava circa 250 grammi ed era lungo circa 25 centimetri. Era troppo debole per muoversi molto, ed usava ogni energia che aveva per cercare di respirare. Verso la fine era così quieto che non riuscivo a stabilire se era ancora vivo. Lo tenni verso la luce per vedere attraverso il suo petto se il cuore batteva ancora. Dopo che fu dichiarato morto, chiudemmo i suoi braccini sul petto, lo avvolgemmo in un piccolo sudario e lo portammo all’obitorio dell’ospedale dove vengono portati tutti i nostri pazienti morti.


Dopo aver tenuto in braccio quel bambino, il peso di ciò che sapevo divenne troppo grande da sopportare. Avevo due scelte. Una era di andarmene dall’ospedale ed andare a lavorare in un ospedale che non eseguisse aborti. L’altra era di tentare di cambiare la pratica abortiva del Christ Hospital. Allora lessi un brano delle Scritture che parlò direttamente a me ed alla mia situazione. Proverbi 24,11-12 dice: Libera quelli che sono condotti alla morte e salva quelli che sono trascinati al supplizio. Se dici: «Ecco, io non ne so nulla», forse colui che pesa i cuori non lo comprende? Colui che veglia sulla tua vita lo sa; Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere. Decisi che lasciare l’ospedale sarebbe stato un gesto irresponsabile e di disubbidienza verso Dio. Certo, sarei stata più a mio agio a lasciare l’ospedale, ma i bambini avrebbero continuato a morire.
Il viaggio in cui Dio mi aveva portata, da quando per la prima volta sono uscita in ubbidienza per combattere l’aborto in un ospedale chiamato col nome del Suo Figlio, è stato travolgente! Ora viaggio per tutto il paese, descrivendo ciò di cui io od altri membri del personale siamo stati testimoni. Ho testimoniato per quattro volte davanti a sottocommissioni parlamentari nazionali e dell’Illinois [ed anche davanti a Barack Obama, che non fece una piega ndT]. Si stanno varando leggi per fermare questo tipo di aborto che di fatto è un infanticidio. Il Christ Hospital e l’aborto a nascita di bambino vivo hanno ricevuto molta attenzione da parte della gente. Ora sono state fatte descrizioni di “aborti a nascita di bambino vivo” sulla televisione nazionale, alla radio, sulla stampa, e presso legislatori locali e nazionali. Tra le centinaia di esempi ci sono:

•La trasmissione radio di Padre Frank Pavone ed il programma televisivo Difendere la vita su EWTN
•I programmi O’Reilly Factor, Hannity and Colmes della Fox Cable News
•Il programma radio Breakpoint di Chuck Colson
•Il programma televisivo Dr. Laura
•Il programma televisivo Listen America del dr. Jerry Falwell
•Articoli ed editoriali in U.S. News and World Report, World Magazine, the Washington Times, NY Times, Newsweek, Christianity Today e Focus on the Family Citizen Magazine, per dirne alcuni.
Anche un’altra infermiera del Christ Hospital ha testimoniato con me a Washington. Allison disse di essere entrata nella Stanza Ripostiglio in due diverse occasioni e di avervi trovato bambini abortiti vivi lasciati nudi su una bilancia o su un piano metallico. Ho testimoniato riguardo ad un membro del personale che buttò via accidentalmente nella spazzatura un bambino abortito vivo. Il bambino era stato lasciato sul banco della Stanza Ripostiglio avvolto in un asciugamano usa e getta. Quando la mia collega comprese che cosa aveva fatto, cominciò ad esaminare la spazzatura per trovare il bambino ed il bambino cadde fuori dall’asciugamano sul pavimento.
Altre colleghe mi hanno raccontato tante storie sconvolgenti di bambini abortiti vivi di cui si sono prese cura. Mi hanno raccontato di un bambino abortito che si pensava avesse la spina bifida, ma fu partorito con la spina dorsale intatta. Un’altra infermiera è ossessionata dal ricordo di un bambino abortito che venne fuori e pesava più di quanto ci si aspettasse, quasi un chilo. Ne è ossessionata perché non sa se ha sbagliato a non prestare assistenza medica a quel bambino.
Altri ospedali ora hanno ammesso di effettuare aborti a nascita di bambino vivo. Evidentemente non è una forma rara di aborto. Ma il Christ Hospital è stato il primo ospedale negli USA ad essere messo pubblicamente allo scoperto perché effettuava questo tipo di aborto.


Il 31 agosto 2001, dopo una battaglia di due anni e mezzo con l’ospedale, fui licenziata. Ora sono libera di discutere apertamente degli orrori dell’aborto, avendoli visti con i miei occhi. Posso testimoniare personalmente il fatto che uno + Dio = maggioranza. Ognuno di noi ha una voce che dobbiamo usare per fermare l’atrocità dell’aborto.
C’è qualcosa di molto sbagliato in un sistema legale che dice che i medici sono obbligati a dichiarare morti dei bambini ma non sono obbligati a visitare i bambini per farli vivere e stimare le probabilità di sopravvivenza. In altri termini, le nostre leggi dicono attualmente che i bambini non hanno diritto a controllo medico fino a quando sono morti. Noi guardiamo dall’altra parte e facciamo finta che questi bambini non siano umani mentre sono vivi, ma umani solo dopo essere morti. Stiliamo per questi bambini sia il certificato di nascita e di morte, ma in realtà è solo il certificato di morte che conta. Non vi sono altri bambini in America altrettanto abbandonati come questi.


L’aborto è un cancro che sta letteralmente uccidendo l’America. È l’uccisione dei nostri figli e nel contempo l’uccisione delle nostre coscienze. È cominciato quando abbiamo messo Dio al di fuori delle nostre decisioni ed abbiamo dichiarato che i piccoli esseri che crescono dentro le donne sono “prodotti del concepimento” e non bambine e bambini. Chi dovrebbe sorprendersi del fatto che continuiamo a spostare in là il limite, così che ora abortiamo questi “prodotti del concepimento” vivi? Lavoro persino in un ospedale che si chiama “Christ” che fa proprio questa cosa! Va oltre la mia comprensione il fatto che noi stiamo facendo ciò che stiamo facendo, così non riesco neanche ad immaginare a quali maniere orribili penseremo in futuro per torturare i nostri figli.

Fonte: Priest For Life. Traduzione apparsa su http://www.postaborto.it/ - 11/11/2008

martedì 15 febbraio 2011

Il beato don Michele Sopocko (1888-1975)



“È un sacerdote secondo il Mio Cuore
(...) per suo mezzo mi è piaciuto diffondere
il culto alla Mia Misericordia...” (Diario, 1256).

“La sua mente è strettamente unita alla Mia mente
e perciò sta’ tranquilla per la Mia opera, non permetterò che si sbagli,
ma tu non fare nulla senza il suo permesso” (Diario, 1408).




La Provvidenza Divina, nella missione di Santa suor Faustina, affidò un ruolo particolare al suo confessore e direttore spirituale - don Michele Sopocko. Durante il periodo in cui suor Faustina soggiornava a Vilna (Vilnius, Lituania), negli anni 1933-1936, questo sacerdote fu per lei un aiuto insostituibile nel discernimento delle esperienze e visioni interiori. Fu proprio lui ad ordinarle
di scrivere il suo DIARIO, documento di mistica cattolica di valore eccezionale. In esso è rivelata anche la personalità straordinaria di don Sopocko ed il suo apporto nella realizzazione delle richieste del Signore Gesù.





"Vedendo la dedizione e le fatiche del reverendo dr Sopocko per questa causa, ammiravo la sua pazienza ed umiltá. Tutto questo è costato molto, non solo in sacrifici e dispiaceri di vario genere, ma anche molto denaro; ed a tutto ha provveduto il reverendo dr Sopocko. Vedo che la Divina Provvidenza lo aveva preparato a compiere quest’opera della Misericordia, ancora prima che io pregassi Dio per questo. Oh, come sono misteriose le Tue vie, Dio, e felici le anime che seguono la voce della Tua grazia!” (Diario, 422).




Don Sopocko scrive nel suo DIARIO:

“Esistono delle verità che si conoscono, spesso se ne sente parlare e se ne parla, ma che non si capiscono. Cosí è stato con me, per quanto riguarda la verità sulla misericordia divina. Tante volte menzionavo questa verità nelle omelie, ci ho pensato durante i ritiri, le ripetevo nelle preghiere della Chiesa – particolarmente nei Salmi - ma non comprendevo il significato di questa verità né approfondivo il suo contenuto, cioè che essa è l’attributo più alto dell’opera di Dio all’esterno. Ci voleva alla fine una semplice religiosa, suor Faustina, della Congregazione della Beata Vergine Maria della Misericordia (Maddalene), la quale, guidata interiormente, me ne parlò, brevemente e spesso lo ripeteva, stimolandomi così ad esaminare, studiare e a riflettere spesso su questa verità.
(...) all’inizio non sapevo bene di che cosa si trattasse, ascoltavo, dubitavo, mi ponevo delle domande, facevo delle ricerche e mi consigliavo con gli altri – soltanto qualche anno più tardi capìi l’importanza di quest’opera, l’immensità di quest’idea e mi sono convinto io stesso dell’efficacia di quell’antico, quanto grande e vivificante culto, ma trascurato da chi richiedeva ai tempi nostri un rinnovamento. (...) La fiducia nella Misericordia Divina, il divulgare il culto di questa misericordia tra gli altri e consacrare ad esso, senza alcun limite, tutti i miei pensieri, parole ed opere, senza un’ombra di cercare me stesso, sarà d’ora in poi un principio fondamentale della mia vita, con l’aiuto della medesima misericordia incommensurabile”.


domenica 13 febbraio 2011

Io non ci andrò, e rifletto.

12 febbraio 2011
Quelle domande che pesano

Alle donne che scenderanno in piazza domani, in una sorta di sollevazione contro l’immagine di donna che esce da un mese di cronache di feste e confessioni di escort, vorrei porre qualche domanda. Il “manifesto” della iniziativa parla di «baratro culturale», di «Italia ridotta a un bordello» – ci scusino i lettori, ma questo è lo “spirito del tempo”. Qualcuno, qualcuna si è accorta ora delle code davanti agli studi dove si scelgono le future vallette, o del diffuso sogno di entrare nella “scuderia” di Lele Mora, sogno per cui alcune sono disposte a tutto. «Se non ora, quando», è il grido della manifestazione di domani. E sembra l’esclamazione di chi tardivamente si sia guardato attorno, scoprendo che l’aria che tira non gli piace.

La prima domanda è dunque dove erano tante di quelle che sfileranno domani, in questi vent’anni. La maggior parte di loro proviene da quella cultura che è il lascito tardivo di femminismo e Sessantotto: la cultura del «Io sono mia», che predicava la piena autonomia di una donna finalmente liberata da condizionamenti del passato, maschilisti o – peggio – religiosi. La ricordiamo l’ebbrezza di questa liberazione, trent’anni fa: libera, si proclamava quella generazione di ventenni, di fare politica, di studiare e lavorare; libere nel rifiuto orgoglioso di essere “donne oggetto”; libere dal matrimonio come destino obbligato; libere, grazie alla pillola e all’aborto legale, dall’antico giogo di maternità non volute.

La seconda domanda allora è che cosa è stato ereditato, di queste vere o presunte libertà, dalle figlie. Qualcosa deve essersi inceppato nella trasmissione generazionale, se non poche, e soprattutto nelle classi sociali più modeste, declinano questa libertà come totale disponibilità di se stesse, anche di farsi guardare come cose, se occorre, e se ne vale la pena. È il “sistema” che sfrutta e usa le donne, si griderà in piazza – in quella piazza in cui io non andrò. Però quelle sono figlie nostre; cresciute davanti alla tv forse, ma educate da noi. Avete letto il sondaggio di Ilvo Diamanti che chiede agli italiani se considerano gli atteggiamenti di Berlusconi «offensivi contro le donne»? Solo il 37 per cento delle ragazze risponde di sì, e solo il 28 per cento delle trentenni. Insomma, la prospettiva di farsi meteorine in feste di vip, o di usare la bellezza per “arrivare” in fretta non è poi così riprovata. Plagiate da vent’anni di veline? Ma le famiglie, e le madri, dov’erano? Scoprire all’improvviso che le bambine di dodici anni, nelle famiglie più abbandonate ma non solo in quelle, sognano davanti allo specchio “quel” successo; e non sanno, ma ancora per poco, cosa si fa per agguantarlo. Ve ne accorgete oggi? Noi cattolici retrogradi eravamo dunque all’avanguardia?

Su Repubblica però una docente universitaria pone questa distinzione: «Una cosa è che uno scelga i valori del sedere, come la cosa migliore di sé e più preziosa; tutt’altra cosa è che glielo imponga un altro». Tipica declinazione di quel relativismo etico che è da anni il pensiero unico obbligatorio. Secondo il quale nulla è oggettivamente negativo; se una liberamente decide di vendersi, niente da dire. Ma allora cosa si scende in piazza a contestare domani? Le fanciulle, stelline, vallette, meteore che abbiamo visto sfilare sui giornali sono – per lo più – maggiorenni e capaci di intendere. E dunque? Forse il problema è più grande: ma davvero vendersi, o accettare di mostrarsi come un bell’oggetto – libera o no che sia la scelta – non è avvilente in sé, non è contrario alla dignità di una donna, o di un uomo? Non c’era forse qualcosa di primario, di oggettivo che si è buttato via insieme al resto trent’anni fa, quando si gridava «L’utero è mio e lo gestisco io»?. L’ultima domanda, la più importante, è: che cosa trasmettere a una figlia, perché non sogni, sotto sotto, di incontrare Lele Mora? Basterà parlare di “decenza”? (strano ritrovare in bocche laiche questo vecchio termine “bigotto”). Ciò che, crediamo, scrive su un figlio l’orgoglio di non essere in vendita mai è che si senta fin dal primo giorno unico, e amato, e non nato per caso, ma dentro un destino comune e buono; che sappia che quel destino è un compito che lo lega agli altri, e non è risolvibile nell’arbitrio del gioco più comodo o veloce. È la certezza dei cristiani autentici, e forse quella dei laici migliori – le cui speranze, però, sembrano oggi perse o sconfitte. Senza questa certezza del valore assoluto di ognuno, non stupisce che si concepisca di vendersi – e i modi poi, per donne e uomini, sono tanti. Se nessuno ti ha detto che tu non hai prezzo, e il tuo valore è infinito.

Marina Corradi
fonte: Avvenire

Clinica abortista americana: bambini uccisi a forbiciate!



Gli Stati Uniti sono sotto schock per una vicenda che riguarda ancora le cliniche abortiste. Parlavamo l’altro giorno (cfr. Ultimissima 7/2/11) dell’ente abortista più importante del mondo, il Planned Parenthood, (ricordate Gianna Jessen?) i cui dipendenti sono stati incriminati per favoreggiamento della prostituzione minorile. Ma sotto accusa è anche finito Kermit Gosnell, noto medico abortista di Philadelphia, specializzato in aborti tardivi da ben 30 anni, incriminato -assieme alla moglie e a nove suoi collaboratori- per la morte di una paziente, Karnamaya Mongar, e per aver ucciso sette bambini nati vivi nella sua clinica di salute, la Gosnell West Philadelphia Women’s Medical Society. La relazione della Grand Jury, reperibile qui, ha rilevato che i bambini sono stati fatti nascere per poi essere massacrati tagliando loro il midollo spinale con delle forbici. La crudeltà degli episodi ha spinto l’Arcidiocesi di Philadelphia ad intervenire dichiarando che: «Le ripetute azioni di Dr Gosnell e il suo staff sono ripugnanti e intrinsecamente malefiche nel loro disprezzo per la vita del nascituro e il benessere delle donne che hanno cercato i loro servizi. Siamo pronti ad assistere con servizi di supporto le donne che hanno subito questi aborti e siamo pronti ad offrire degna sepoltura ai bambini abortiti». Il procuratore distrettuale Seth Williams ha dichiarato in una nota che i bambini erano «vivi e in salute». Inoltre ha parlato della probabilità che centinaia di altri bambini siano morti nella clinica tra il 1979 e il 2010. Williams ha anche aggiunto che nell’incursione dell’FBI, gli agenti hanno trovato, sparsi per tutta la clinica, dei vasi con piedi di bambini, contenitori come brocche di latte, recipienti per cibo dei gatti e sacchetti, contenenti feti abortiti. Mobili e pavimenti erano macchiati di sangue e urina. Molti membri del personale sono stati inoltre trovati privi di licenza. In un rapporto di 260 pagine, la grande giuria ha definito la clinica un «ossario per bambini». Il rapporto contiene vivide descrizioni delle procedure e foto dei bambini morti (o almeno dei loro resti). Come si è detto, la clinica abortista procurava frequentemente aborti a bambini di 24-32 settimane di gestazione, nonostante per le legge della Pennsylvania fosse vietato. Gli agenti dell’FBI hanno descritto la struttura abortista con termini come “deplorevole”, “sporca”, “disgustosa” e “insalubre, molto arretrata, orrenda”, si legge sempre nel rapporto. Un tanfo di urina riempiva l’aria mentre feci di gatto si trovavano sulle scale. I membri del personale (tra cul la moglie di Gosnell) sono accusati di omicidio, aborto illegale, cospirazione, racket, ostacolo dell’accusa, manomissione, ostruzione alla giustizia, furto con inganno, falsa testimonianza e corruzione di un minore. La giuria ha quindi proposto raccomandazioni per i governi statali e locali a prendere in considerazione la possibilità di modificare e disciplinare il lavoro all’interno delle cliniche abortiste. La notizia in Italia è apparsa su Informazione Libera e su Leggo.







giovedì 10 febbraio 2011

Roma - 9 febbraio 2011 - Convegno: 9 Febbraio, giornata degli stati vegetativi: ricordando Eluana...mai più eutanasia!




Relatori:

- Dott.ssa Antonella Vian
(Medico specialista in Odontostomatologia - testimone della vicenda Eluana)

- Dott. Giacomo Rocchi (Magistrato ed autore del libro "Il caso Englaro")

- Sig. Pietro Crisafulli
( fratello Salvatore risvegliatosi dallo stato vegetativo - Presidente dell'Ass. "Sicilia Risvegli ONLUS")

Dott. Joseph Meaney
(Coordinatore Internazionale - Vita Umana Internazionale)

Presenzia
- Dott. Fabrizio Lastei
(Portavoce di Militia Christi)
- Saluto del Presidente Fabrizio Verduchi
(Presidente di Italia Cristiana)

mercoledì 9 febbraio 2011

Arriva il Motu Proprio di B-XVI che risistemerà la liturgia


9 febbraio 2011

La fede nasce da come si prega, dice il Papa. Che adesso vuole raddrizzare un po’ di storture del post Concilio


Dalla fine del Concilio vaticano II a oggi la liturgia della chiesa cattolica ha subìto abusi che sovente l’hanno trasformata, a tratti anche sventrata, nel suo nocciolo più profondo. Benedetto XVI ha denunziato più volte questi abusi, queste cattive interpretazioni di quanto i testi del Vaticano II avevano sancito – su tutti la “Sacrosanctum Concilium”, il primo documento conciliare – spiegando che se la fede della chiesa la si scopre in come prega (“lex orandi, lex credendi”) occorre tornare a una liturgia fedele alle regole, nuova come il Vaticano II ha sancito, senza però che sia sganciata da certe peculiarità del passato. Come ha detto recentemente anche il cardinale spagnolo Antonio Cañizares Llovera, prefetto della Congregazione del culto divino e della disciplina dei sacramenti, in un’intervista al Giornale, “ciò che occorre è un nuovo movimento liturgico, che riporti più sacralità e silenzio nella messa, e più attenzione alla bellezza nel canto, nella musica e nell’arte sacra”.

Il Papa questo nuovo movimento liturgico l’ha sponsorizzato dall’inizio del suo pontificato con l’esempio: le sue liturgie hanno perso molto di quella teatralità che era diventata un imprinting delle celebrazioni papali ai tempi di Wojtyla, e hanno guadagnato parecchio in silenzio, senso dell’orientamento, attenzione per i particolari. E adesso, dopo quasi sei anni di pontificato, tutto il suo sforzo si convoglia in un Motu Proprio di imminente uscita. Il testo, atteso da tempo, serve per passare le competenze del matrimonio “rato ma non consumato” dalla congregazione per il Culto divino alla Sacra Rota. E, dunque, per snellire il Culto divino di tutti quegli impegni che non hanno a che fare direttamente con la liturgia. Lo scopo dichiarato è che sia d’ora in poi il Culto divino – è quanto in parte il Motu Proprio andrà a specificare – a lavorare affinché questo nuovo movimento liturgico trovi le energie necessarie e le giuste disposizioni per passare da un pio desiderio papale a una realtà.

L’idea di impiantare nella chiesa una sorta di “riforma della riforma” liturgica – nel post Concilio avvenne quella riforma che in parte tradì il volere dei padre conciliari – è un chiodo fisso del Papa. Egli, non a caso, ha voluto che la pubblicazione della propria “Opera omnia” iniziasse partendo dal volume undicesimo, quello dedicato alla liturgia, perché, scrive, è “nel rapporto con la liturgia che si decide il destino della fede e della chiesa. Cristo è presente nella chiesa attraverso i sacramenti. Dio è il soggetto della liturgia, non noi. La liturgia non è un’azione dell’uomo, ma è azione di Dio”.

Troppo spesso non è stato così. Troppo spesso la liturgia è stata ferita da deformazioni arbitrarie. In tante celebrazioni non si è più posto al centro Dio, ma l’uomo e il suo protagonismo, la sua azione creativa, il ruolo principale dato all’assemblea. Il rinnovamento conciliare è stato inteso come una rottura e non come uno sviluppo organico della tradizione. Per questo motivo Ratzinger ha riproposto l’orientamento dell’azione liturgica, la croce al centro dell’altare, la comunione in ginocchio, il canto gregoriano, lo spazio per il silenzio, una certa cura dell’arte sacra. Per questo motivo esce con un Motu proprio, una disposizione importante che va a sanare una lacuna divenuta oramai atavica.

Già da cardinale Joseph Ratzinger disse parole chiare in merito. Il 28 dicembre del 2001 intervenne sul quotidiano francese La Croix: “Alcuni addetti ai lavori vorrebbero far credere che tutte le idee non perfettamente conformi ai loro schemi sono un ritorno nostalgico al passato. Lo dicono solo per partito preso. Bisogna riflettere seriamente sulle cose e non accusare gli altri di essere partigiani di San Pio V. Ogni generazione ha il compito di migliorare e rendere più conforme allo spirito delle origini la liturgia. E penso che effettivamente oggi c’è motivo di lavorare molto in questo senso, e riformare la riforma. Senza rivoluzioni (sono un riformista, non un rivoluzionario), ma un cambiamento ci deve essere. Dichiarare impossibile a priori ogni miglioramento mi sembra un dogmatismo assurdo”.
fonte: Il Foglio
foto: Maranathà