martedì 28 ottobre 2014

Oggi «si può chiamare famiglia tutto» in nome del «relativismo».

Quando ho letto la parole del Papa in questa conferenza, ho gioito tantissimo. Non tanto perchè seguono  critiche da destra a sinistra, ma perchè confutano la tesi del Papa della "rottura" il Papa del "mondo". 
Santità siamo con Lei, preghiamo sempre per Lei!




Sabato 25 ottobre 2014 
Papa Francesco ha ricevuto in udienza il Movimento apostolico Schoenstatt in occasione del centenario della sua fondazione, avvenuta in Germania nel 1914, dialogando con i suoi membri e rispondendo alle loro domande. L'incontro è stato occasione per una forte denuncia degli attacchi alla famiglia e per alcune precisazioni sul tipo di «rinnovamento» che Francesco ha in mente per la Chiesa.


Non possiamo negare, ha detto il Papa, «che la famiglia sia colpita, che la famiglia venga colpita e che la famiglia venga imbastardita», ridotta spesso a una semplice «associazione». Oggi «si può chiamare famiglia tutto», in nome del «relativismo»: «in questo momento, da un punto di vista sociologico e dal punto di vista dei valori umani, come anche del Sacramento cattolico, del Sacramento cristiano, c’è una crisi della famiglia, crisi perché la bastonano da tutte le parti e la lasciano molto ferita».


Oggi sono proposte, ha detto Papa Francesco, «nuove forme, totalmente distruttive e limitative della grandezza dell’amore del matrimonio». Ma «quello che stanno proponendo non è un matrimonio, è una associazione. Ma non è matrimonio! E’ necessario dire cose molto chiare e questo dobbiamo dirlo!».


Fra gli stessi cattolici il sacramento del matrimonio è «svalutato» tramite la «riduzione del Sacramento a un fatto sociale». Certamente la celebrazione di un matrimonio ha anche un aspetto sociale, ma è una deviazione quando «il sociale copre la cosa fondamentale, che è l’unione con Dio». Per evitare questi rischi, è necessario proporre ai fidanzati una preparazione seria al matrimonio, per capire quel «per sempre» che oggi è negato dalla «cultura del provvisorio», che è una «cultura di distruzione dei legami».


Schoenstatt è un movimento di evangelizzazione, e il Papa gli ha nuovamente illustrato la sua consueta distinzione fra proselitismo come modo improprio di presentare il Vangelo, badando a reclutare rapidamente quante più persone possibile e avvicinandole in modo aggressivo, svalutando le esperienze che stanno vivendo, e missione, che invece attrae l’interlocutore con pazienza e mitezza, annunciando il cristianesimo a partire da una valorizzazione degli aspetti positivi della sua esperienza. Il Papa ha invitato ad avvicinare le persone e le famiglie ferite e lontane dalla Chiesa «accompagnando e non facendo proselitismo, perché questo non porta ad alcun risultato: accompagnare, con pazienza».


Crescere per attrazione e non per proselitismo significa anzitutto «testimonianza. Vivere in modo tale che negli altri vinca la voglia di vivere come noi! Testimonianza, non c’è altro! Vivere in modo che altri si interessino e chiedano: “Perché”? Ė la testimonianza, il cammino della testimonianza non c’è nulla che lo superi… Testimonianza in tutto». Ma attenzione: non si tratta di una testimonianza silenziosa, ma di una «testimonianza che abbia anche la capacità di farci muovere, di farci uscire, di andare in missione». Il Pontefice ripete a Schoenstatt quello che ha detto a tanti altri:«Una Chiesa, un movimento o una comunità chiusa si ammalata: tutte le malattie sono chiusure… Un movimento, una Chiesa, una comunità che esce, si sbaglia… Si sbaglia, ma è tanto bello chiedere perdono quando si sbaglia! Non abbiate paura! Uscire in missione; uscire in cammino».


Occorre «non guardare le cose dal centro - c’è un solo centro: Gesù Cristo - piuttosto a guardare le cose dalla periferia, no? Dove si vedono più chiare. Quando uno si chiude in un piccolo mondo - il mondo del movimento, della parrocchia, dell’arcivescovado, o qui, il mondo della Curia - allora non si afferra la verità. Sì, forse la si afferra in teoria, ma non si afferra la realtà della verità in Gesù». La critica del Papa si rivolge anche alle burocrazie episcopali: «In alcune conferenze episcopali, in alcuni episcopati che hanno incaricati per qualsiasi cosa, per tutti, non scappa niente… Tutto ben funzionante, tutto ben organizzato, ma mancano in alcune cose che potrebbero fare con la metà, con meno funzionalismo e più zelo apostolico, più libertà interiore, più preghiera… Questa libertà interiore è coraggio di uscire».


Papa Francesco ha concluso notando che molti parlando del suo pontificato come di un rinnovamento, ma forse non ne hanno compreso l’essenziale: «Rinnovare la Chiesa non è fare un cambiamento qui, un cambiamento lì… Bisogna farlo perché la vita sempre cambia e quindi è necessario adattarsi. Però questo non è il rinnovamento. Anche qui, fra il pubblico, mentre lo dicevo: “Bisogna rinnovare la Curia”; “Si sta rinnovando la Curia; la Banca Vaticana, è necessario rinnovarla”. Tutti questi sono rinnovamenti esterni: questo è quello che dicono quotidianamente… È curioso, nessuno parla del rinnovamento del cuore. Non capisce niente di quello che è il rinnovamento del cuore: che è la santità, rinnovando il cuore di ognuno». E il cuore, ha detto, si rinnova tornando a Maria, perché senza la Madre i cristiani sono «orfani».

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