"Fa' ciò che puoi, e lascia a me il resto"(Gesù a Santa Faustina Kowalska)
Davanti alle prove della vita, davanti ai tentativi dell'uomo di sostituirsi a Dio, davanti al sopruso, all'ingiustizia e all'indifferenza degli uomini nei confronti del male che avanza, ho cercato di capire quale fosse l'atteggiamento che il cristiano dovesse ricercare. Certamente vi è la necessità per il credente di discernere il bene dal male, ma non può bastare. E' necessario contrastare il male. L'azione deve accompagnare sempre le intenzioni. Ma una volta che noi agiamo, non potendo concretamente fare altro che ciò che la nostra condizione umanamente prevede, non dobbiamo cadere nella tentazione di pensare che ciò sia stato inutile. Alle nostre concrete azioni, possiamo - anzi dobbiamo - accostare un atteggiamento risolutivo, di più, risollevante: poggiare la nostra fiducia in Dio.
Ma che cosa è, per un cristiano, la fiducia?
La fiducia arricchisce
la relazione che l’uomo instaura con Dio e racchiude in sé il significato
stesso della proposta divina. Nel fidarsi ed affidarsi a Dio il credente Lo
onora professando che Egli può tutto, riconosce che è buono e soprattutto pone
la propria sicurezza primariamente nella sua misericordia.
Le
ultime parole che Gesù pronuncia prima della sua Passione, a sigillo del luminoso
discorso di addio nell’Ultima Cena, vogliono mostrare ai cristiani di ogni
tempo quanta importanza Egli ponga sulla fiducia: «Voi avrete tribolazione nel
mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!» (Gv 16,33). Se
volessimo cercare di spiegare perché Gesù pone tanta insistenza nel
raccomandare la fiducia, dovremmo dire che essa è in definitiva l’omaggio della
creatura al Creatore. In un certo senso la fiducia racchiude il “si” dell’uomo
alla sua vocazione di amicizia con Dio. Al contrario, la mancanza di fiducia è
all’origine di tante inquietudini e preoccupazioni, le cui cause spesso nascono
da un’immagine distorta di Dio.
Il malinteso che si viene a creare, porta
l’uomo a trasferire su Dio difetti e debolezze antropiche, che nulla hanno a
che fare con il Suo Essere ed agire. Questo approccio vanifica la possibilità
di decidersi per Dio, perché risente degli esiti negativi che si vivono nel
riporre la propria fiducia negli uomini. È necessario dunque che il cristiano
si impegni a conoscere Dio nella verità che, sola, può restituire senza
infingimenti, gli autentici contorni del suo Amore. La mancanza di fiducia in
Dio è la sfida che l’uomo deve affrontare, quotidianamente, per rispondere a
Dio che lo chiama ad una relazione di amicizia e di alleanza. Fede e peccato
sono le due forze che da sempre reclamano il cuore dell’uomo e si alternano
nell’affrontare la decisione risolutiva di fronte a Dio. Se dal peccato nasce
la paura che allontana e scoraggia, dalla fede nell’Amore di Dio sgorga la
fiducia e la Speranza nella Sua misericordia. La Bibbia è costellata di parole
di incoraggiamento e conforto che invitano il credente a confidare: «Non
temere, io ti vengo in aiuto» (Is 41,13), «Nel giorno ch'io t'ho
invocato ti sei avvicinato; tu hai detto: 'Non temere!» (Lam 3,57), «Non
temere, o piccolo gregge; poiché al Padre vostro è piaciuto di darvi il regno»
(Lc 12,32), «E il Signore disse di notte in visione a Paolo: Non temere,
ma parla e non tacere» (Atti 18,9).
Davanti
alle difficoltà, la mancanza di fiducia rende indecifrabile all’uomo la
consapevolezza che le contrarietà sono la vera possibilità di crescita nel
cammino spirituale, il mezzo che Dio permette per provare la nostra fede.
Attraverso di esse il Signore ci conduce ad un progressivo atteggiamento di
affidamento che esprime da una parte la consapevolezza della nostra finitezza e
piccolezza, dall’altra la piena coscienza della Sua onnipotenza. La fiducia ha
origine in quella fede che supera il paradigma di un Dio severo e castigatore
per stabilire il suo principio nella misericordia divina che soccorre e salva i
peccatori. Se la paura esprime la prostrazione davanti alla prova ed impedisce
di aprirsi all’amore misericordioso di Dio, la fiducia, che ad essa si
contrappone, accompagna il credente nel comprendere che l’agire divino non
sempre libera dalle difficoltà, ma dona i mezzi e la grazia per superarli.
Nell’abbandono alla volontà di Dio, l’uomo non esprime semplicemente
un’attitudine emotiva o un atto intellettuale verso Dio, ma stabilisce un
atteggiamento che coinvolge e racchiude l’intera sua esistenza. Da questa
decisione scaturisce, come inevitabile conseguenza, la misericordia nei
confronti dei propri fratelli che sempre ed ovunque deve contraddistinguere la
vita dei battezzati. Si comprende dunque come sia indispensabile coltivare
questa qualità attraverso la quale si attinge a piene mani alla stessa sorgente
della misericordia divina. L’abbandono in Dio trova la sua forza nella
consapevolezza dell’Amore che si è donato totalmente, immergendosi nella storia
umana in obbedienza filiale al Padre, fino alla consegna definitiva nella Sua
dolorosa Passione. Dal costato aperto di Cristo sulla Croce sono scaturiti
Sangue e Acqua, segno e sorgente della Misericordia per mezzo della quale Dio
salva il mondo.
(2Cor 4, 8-14)
8Siamo infatti
tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non
disperati; 9perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non
uccisi, 10portando sempre e dovunque nel nostro corpo la
morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro
corpo. 11Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti
alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella
nostra carne mortale. 12Di modo che in noi opera la morte, ma in voi la
vita.
13Animati
tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto,
perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, 14convinti che
colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci
porrà accanto a lui insieme con voi.
D.D.
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