Il Card. sarah confuta le tesi del gesuita James Martin, consulente in Vaticano per la Segreteria della Comunicazione.
di Robert Sarah
La Chiesa cattolica è stata criticata da molti, inclusi alcuni dei propri seguaci, per la sua risposta pastorale alla comunità LGBT. […] Tra i sacerdoti cattolici, uno dei critici più espliciti del messaggio della Chiesa in materia di sessualità è padre James Martin, un gesuita americano. Nel suo libro "Building a bridge", pubblicato all'inizio di quest'anno, egli ripete la critica corrente secondo cui i cattolici sono stati aspramente critici dell'omosessualità ma nello stesso tempo trascurano l'importanza dell'integrità sessuale tra tutti coloro che vivono in questa condizione.
Padre Martin è corretto nell’affermare che non ci dovrebbe essere alcun doppio binario riguardo alla virtù della castità, la quale, per quanto sia impegnativa, fa parte della buona notizia di Gesù Cristo per tutti i cristiani. Ma per i non sposati – a prescindere dalla natura delle loro attrazioni – la castità fedele richiede l'astensione dal sesso.
Questa potrebbe sembrare un'esigenza troppo elevata, soprattutto oggi. Tuttavia sarebbe contrario alla saggezza e alla bontà di Cristo chiedere qualcosa che non può essere compiuto. Gesù ci chiama a questa virtù perché ha fatto i nostri cuori per la purezza, proprio come ha fatto la nostra mente per la verità. Con la grazia di Dio e con la nostra perseveranza, la castità non solo è possibile, ma diventerà anche la fonte della vera libertà.
Non abbiamo bisogno di guardare lontano per vedere le tristi conseguenze del rifiuto del piano di Dio per l'intimità e l'amore umano. La liberazione sessuale che il mondo promuove non mantiene ciò che promette. Piuttosto, la promiscuità è la causa di tanta sofferenza inutile, di cuori spezzati, della solitudine e del trattare gli altri come un mezzo di gratificazione sessuale. Come madre, la Chiesa cerca di proteggere i propri figli dal male del peccato, come espressione della sua carità pastorale.
Nel suo insegnamento sull'omosessualità, la Chiesa guida coloro che la vivono distinguendo le loro identità dalle loro attrazioni e azioni. In primo luogo ci sono le persone stesse, che sono di per sé buone perché sono figli di Dio. Poi ci sono le attrazioni dello stesso sesso, che non sono peccaminose se non volute o seguite, ma sono comunque in contrasto con la natura umana. E infine ci sono i rapporti tra persone dello stesso sesso, che sono gravemente peccaminosi e dannosi per il benessere di chi li pratica. Le persone che si identificano come membri della comunità LGBT esigono che si dica loro questa verità nella carità, specialmente da parte dei sacerdoti che parlano per conto della Chiesa su questo complesso e difficile argomento.
La mia preghiera è che il mondo finalmente ascolti le voci di quei cristiani che sperimentano le attrazioni dello stesso sesso e hanno scoperto pace e gioia vivendo la verità del Vangelo. I miei incontri con loro sono stati per me una benedizione e la loro testimonianza mi commuove profondamente. Ho scritto la prefazione a una testimonianza di questo tipo nel libro di Daniel Mattson, "Why I Don’t Call Myself Gay: How I Reclaimed My Sexual Reality and Found Peace [Perché non mi chiamo gay. Come ho riconquistato la mia realtà sessuale e ho trovato la pace]", con la speranza di far udire meglio la sua e simili voci.
Questi uomini e donne testimoniano il potere della grazia, la nobiltà e la capacità del cuore umano e la verità dell'insegnamento della Chiesa sull'omosessualità. In molti casi essi hanno vissuto lontano dal Vangelo per un certo periodo ma sono stati poi riconciliati con Cristo e la sua Chiesa. Le loro vite non sono facili né prive di sacrificio. Le loro inclinazioni per lo stesso sesso non sono state vinte. Ma hanno scoperto la bellezza della castità e delle amicizie caste. Il loro esempio merita rispetto e attenzione, perché hanno molto da insegnare a tutti noi come accogliere e accompagnare i nostri fratelli e sorelle con autentica carità pastorale.
Fonte: L'Espresso