Un paio di giorni fa il quotidiano Avvenire, tramite la sua pagina Facebook, ci ha regalato un’interessante notizia. Un parroco ha esposto fuori dalla sua chiesa il cartello di cui sopra. L’intento sembrerebbe essere chiaro: far sentire accolti tutti, in qualunque momento, in qualunque circostanza, in qualunque condizione. Meritevole l’intento, disastroso il metodo.
Non me ne voglia il tizio in pantaloncini e canottiera che, mentre portava a spasso il cane sui pattini – sui pattini lui, non il cane – ha deciso di entrare a sdraiarsi un attimo sulla panca mangiando lì il suo panino perché ha visto che in chiesa poteva tenere il cellulare acceso mentre alla libreria di fronte no.
Quando dico che il metodo è disastroso lo dico perché l’effetto principale di un tale cartello, l’effetto più subdolo, è quello di far nascere un astio verso certe regole e verso chi continua ad imporle. Pedagogia spicciola: perché mamma e papà devono concordare una linea educativa comune? Perché se la mamma proibisce la marmellata e il papà appena torna a casa dice al figlio che può tranquillamente mangiarla, l’effetto negativo non sarà certo il boom di zuccheri nel sangue del pargolo. No, l’effetto terribilmente negativo sarà una perdita di fiducia del figlio verso la madre.
Quindi, tornando a noi, l’intento di quel cartello non è far sentire tutti accolti: è dire a tutti coloro che sono lontani dalla Chiesa che se lo sono la colpa non è loro, ma della Chiesa.
Secondo problema: l’educazione attraverso le regole. Questo modo di pensare implica che le regole siano cose per gente “arrivata”, per chi è già inserito, e che non debbano valere per coloro che invece si stanno avvicinando. Come se le regole segnino il passaggio da advanced a professional, e che per un beginner non siano solo inutili ma persino dannose.
Così facendo però si toglie qualunque ruolo educativo alla regola. Una regola infatti dà frutti positivi anche se la persona che la rispetta non sa ancora bene razionalmente perché deve rispettarla. Si impara a pregare dopo essere stati ore e ore in silenzio senza aver ancora capito bene a cosa serva il silenzio. È difficilissimo fare il contrario. Uno che aspetta di saper pregare bene per cimentarsi con un’ora di adorazione silenziosa, non imparerà mai a pregare, o comunque avrà serie difficoltà a farlo. Allo stesso modo, se quando introduciamo una persona in un luogo sacro non imponiamo a questa persona di comportarsi come se fosse in un luogo sacro, ecco che costui o costei ne percepirà molto difficilmente la sacralità.
Ormai siamo abituati a sacerdoti che hanno talmente tanta paura a giudicare le persone da lasciargli persino usare le panche di una chiesa come tavoli da pic-nic. Posso solo sperare che la sua insistenza nell’incentivare i flash sia dettata dal fatto che la sua chiesa è così brutta da non rischiare di rovinare alcuna opera d’arte. Ma un sacerdote che passa il tempo a dire che lui non può giudicarti, ti sta praticamente dicendo che lui per te non ha nessuna utilità: dagli retta!