martedì 30 agosto 2011

La verità su Chiesa e 8xmille




di Marco Ciamei30-08-2011


Dopo aver parlato di ICI e Chiesa cattolica, eccoci ad affrontare il tema ancora più delicato di 8xMille e Chiesa cattolica. È il cavallo di battaglia per eccellenza dei nostri amici "anticlericali": potremmo quasi dire che non ci si può definire autentici cattolici se non si è ricevuta almeno una critica su tale argomento...
Il tema è delicato, perché investe nozioni di storia, di diritto, di laicità, di libertà religiosa. Ne vogliamo parlare senza, ovviamente, pretesa di esaustività: ma un punto chiaro della situazione può aiutare a fornire qualche risposta per i nostri interlocutori e, soprattutto, per “riconciliarci” con la nostra Chiesa su un punto che ci ha fatto sempre, diciamo la verità, sentire in difetto.
Non si può del resto comprendere appieno l’8xMille se non si esamina la storia, del tutto peculiare a livello internazionale, dei rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano.

Le leggi eversive
Come molti sapranno, il secolo XIX si è caratterizzato per la progressiva spaccatura tra Chiesa cattolica e Stati moderni, in particolare in Italia. Al riguardo, basti ricordare le due leggi Siccardi del 1850, la legge Rattazzi del 1855 e le successive leggi postunitarie cosiddette "eversive". Si tratta di leggi che hanno disposto l’abolizione delle antiche prerogative ecclesiastiche e, soprattutto, la soppressione degli ordini religiosi contemplativi e mendicanti, l’incameramento di tutti i beni ecclesiastici di ordini, corporazioni e congregazioni religiose (con salvezza solo delle parrocchie e degli uffici diocesani), compresi tutti i beni dell’ex Stato Pontificio. La ragione di siffatto "furto" la conoscono tutti: la fortissima impostazione anticlericale (e oggi sappiamo anche massonica) dei governi Sabaudi prima e postunitari dopo, insieme alla impellente necessità di soldi per le casse di uno Stato ridotto allo stremo delle forze economiche dopo le dispendiosissime guerre d’indipendenza.

Tali leggi hanno portato ad effetti devastanti per la Chiesa: interi ordini religiosi (agostiniani, carmelitani, certosini, cappuccini, domenicani, ecc.) sono stati chiusi da un giorno all’altro, milioni di ettari di terra della Chiesa sono stati espropriati alla Chiesa, beni di rilevante valore storico, artistico, economico sono stati confiscati una volta per tutte.
Il tutto, peraltro e come sempre in questi casi, a danno della stragrande maggioranza dei cittadini stessi (cattolici) e dei più poveri, verso cui si indirizzavano le attività di sostegno materiale e spirituale degli ordini religiosi contemplativi e mendicanti e verso cui l’incameramento dei beni ecclesiastici non produsse utilità alcuna (i beni incamerati, infatti, erano troppo costosi e la precedenza nell’assegnazione era comunque data ai creditori dello Stato).

L’accaduto dovette suscitare un tale sdegno nella comunità internazionale che lo stesso nuovo Regno italiano si sentì obbligato ad approvare la cosiddetta Legge delle guarentigie, volta a regolare unilateralmente i rapporti tra Regno italiano e Santa Sede e, soprattutto, a risarcire la Chiesa dei soprusi dei precedenti anni. Pensate, l’importo dell’indennità era prevista in circa tre milioni di lire oro: un’autentica enormità per l’epoca, laddove lo Stato italiano aveva un bilancio di poche centinaia di milioni di lire!
Sarà utile ricordare ai nostri cari amici anticlericali che il Papa, in quell’occasione, negò legittimità ad una legge del tutto unilaterale e rifiutò interamente la somma offerta.

I patti lateranensi
I rapporti tra Chiesa cattolica e Stato italiano sono rimasti da "guerra fredda" per tutta la prima parte del secolo scorso. È solo con l’avvento di Benito Mussolini che, nel 1929, si arriva alla risoluzione di tale stato di cose: i Patti lateranensi hanno dettato la nuova normativa relativa ai rapporti tra Stato italiano e Santa Sede in modo consensuale, così come verificatosi per numerosi altri Stati europei proprio in quel periodo.
I Patti, punto di arrivo di una lunga attività di studio e di incontro, erano suddivisi nel Trattato vero e proprio, che fondava lo Stato Città del Vaticano e riconosceva indipendenza alla Santa Sede, e il Concordato, che regolava i rapporti religiosi e civili fra i due soggetti (per esempio prevedendo il cosidetto "matrimoni concordatario" o l’insegnamento della religione cattolica, ecc.). Tra gli allegati merita menzione la Convenzione finanziaria, che risolveva la questione relativa alle spoliazioni subite dalla Chiesa con le leggi eversive e che prevedeva il sistema della "Congrua", il sostentamento - in realtà del tutto insufficiente - dei sacerdoti anche in vista delle nuove funzioni pubbliche loro riconosciute (matrimonio, stato civile, ecc.).

Piccola postilla: a questo punto molti vi citeranno, in modo ironico, le famose parole di Pio XI relative a Mussolini, che sembrerebbero suonare più o meno così: "uomo della Provvidenza". Al riguardo, basta rispondere innanzitutto riportando la frase in modo fedele («E forse ci voleva un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare …»), che suona un tantino diversa; in secondo luogo, ricordando che Pio XI in quella circostanza si riferiva esclusivamente alla questione concordataria, riconoscendo l’apertura di Mussolini (a differenza dei predecessori ideologicamente avversi) nel risolvere finalmente in modo consensuale un problema antico di decenni.

La Costituzione
I Patti lateranensi sono stati espressamente riconosciuti dal testo della Costituzione del 1948, prevedendo, all’art. 7, la loro modificabilità tramite legge ordinaria in presenza di accordo tra le parti, tramite legge costituzionale in mancanza di accordo.

La revisione del 1984
Si arriva, così, alla famosa revisione consensuale durante il governo socialista guidato da Bettino Craxi. La modifica si è resa necessaria alla luce sia di alcuni principi di diritto internazionale nel frattempo elaborati, sia di istanze volte a rendere più effettiva la rispettiva indipendenza e sovranità dei due Stati: dunque, eliminazione della religione cattolica quale "religione di Stato", facoltatività dell’insegnamento della religione cattolica, limitazione al riconoscimento delle pronunce ecclesiastiche di nullità del matrimonio, miglior definizione di alcune questioni di diritto ecclesiastico (cioè della branca giuridica che si occupa dei rapporti tra diritto italiano e diritto della Chiesa), abolizione della "congrua" e previsione di uno strumento di sostentamento della Chiesa cattolica più democratico, ma anche più equo, essendo sino ad allora garantito

L’8xMille
Ed eccoci, finalmente, al fantomatico sistema dell’8xMille. Regolato in Italia con la legge n. 222 del 20 maggio 1985, tale sistema è stato pensato da eminenti giuristi (i cardinali Attilio Nicora e Achille Silvestrini, il prof. Margiotta Broglio) proprio al fine di "democratizzare" il sistema di sostentamento del clero. Vediamo come funziona.

Il meccanismo
Il sistema prevede (art. 47 della legge) che una quota pari all’otto per mille dell’imposta annuale sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), sia destinata, in parte, a «scopi di interesse sociale o di carattere umanitario» a diretta gestione statale e, in parte, a «scopi di carattere religioso» a diretta gestione della Chiesa cattolica. Le destinazioni vengono stabilite sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi e, in caso di scelte non espresse, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse.
In altre parole, il meccanismo è il seguente:
- l’intero importo dell’8xmille dell’IRPEF viene distinto in due quote, una quota A pari alla percentuale di coloro che hanno firmato, una quota B pari alla percentuale di coloro che non hanno firmato;
- la quota A, oggetto di preferenze, viene distribuita tra i soggetti destinatari in base alle manifestazioni di volontà manifestate dai contribuenti;
- la quota B, non oggetto di preferenze, viene distribuita a sua volta tra tutti i soggetti destinatari tenendo in considerazione le percentuali di preferenza espresse dai contribuenti che hanno firmato.

Il sistema, inoltre, contempla l’ingresso di tutte le altre fedi religiose che raggiungano una Intesa con lo Stato. Ad oggi hanno raggiunto un’Intesa, e partecipano al meccanismo dell’8xmille, la Tavola Valdese, le Assemblee di Dio In Italia, l’Unione delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l’Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia e la Chiesa Evangelica Luterana in Italia. In corso di approvazione sono altre fedi religiose.
Ogni Intesa con la singola fede religiosa regola le finalità per le quali impiegare i proventi dell’8xMille: nel caso della Chiesa cattolica, «per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondov (art. 48 legge 222/1985).

Altra piccola postilla: a proposito, sapete chi, tra i tanti, ha chiesto di concorrere al meccanismo dell’8xMille? L’UAAR. Sì, avete sentito bene, proprio quella associazione che si batte per l’abolizione di tale sistema, denunciato come "truffaldino" e contrario alla laicità di uno Stato. Ringraziando il cielo, la risposta dello Stato è stata negativa, anche dopo vari ricorsi al TAR. Certo che c’è da riflettere sull’autorevolezza di certi ridicoli quanto rumorosi anticlericali.

Risposta alle critiche

- "Con l’8xMille non effettui una scelta sul tuo gettito IRPEF, ma sull’intero gettito IRPEF nazionale".
E meno male, aggiungiamo noi. Così come congegnato, infatti, il sistema dell’8xMille permette di equiparare la scelta dell’operaio con quella del ricco imprenditore, della cassiera con quella del finanziere, proprio perché non si destina il “proprio” gettito IRPEF (diverso, evidentemente, da contribuente a contribuente), ma si esprime una preferenza su quello liquidato a livello nazionale.

- "All’8Xmille possono partecipare solo le confessioni religiose che hanno stipulato intese con lo Stato".
Tale critica viene mossa da chi insinua l’intromissione del "Vaticano" (e daglie) nelle scelte dello Stato. Ora, al di là di dietrologismi di sorta e di insinuazioni che lasciamo alla passione giallistica dei nostri amici, è fin troppo ovvio che partecipino alla destinazione di denaro proveniente dalle contribuzioni dei cittadini italiani solo quelle confessioni che diano idonee garanzie sulla destinazione dei fondi e sulla sussistenza dei requisiti di legge (altrimenti l’UAAR ce la ritroveremmo tra le "confessioni religiose" nell’8xMille.).
D’altronde, chi manifesta questo tipo di critica non sa mai indicare quale altro metodo serio possa prevedersi in alternativa.

- "L’8xMille prevede un sistema complesso e ignoto ai più".
Il sistema, al contrario, è semplicissimo: si chiede agli italiani a chi vogliano destinare l’8xMille del gettito IRPEF, avvisandoli espressamente che in caso di mancata firma la quota non oggetto di preferenze viene comunque redistribuita tra i soggetti destinatari. È un po’ come nelle competizioni elettorali: chi va a votare di certo non è sicuro di mandare un eletto in Parlamento, esprime una preferenza che concorre con tutte quelle degli altri; chi non va a votare, però, sa bene di accettare il risultato del voto dato da altri, non essendo pensabile che i voti non espressi producano posti vuoti in parlamento.

- "Con questo sistema il 40% dei contribuenti decide per tutti gli italiani".
Al di là del fatto che ciò accade spesso anche nelle consultazioni elettorali e, lungi dal criticare il sistema elettorale, in quel caso si denuncia giustamente piuttosto l’assenteismo degli elettori, i dati in realtà vanno letti in modo corretto. Va precisato, infatti, che il meccanismo della firma è molto semplice per chi deve presentare la dichiarazione dei redditi (Modello Unico o 730) ed in questi casi, infatti, si arriva al 61% delle scelte. Molto più ostico, invece, è effettuare la scelta per chi deve presentare il CUD - si tratta per lo più di persone anziane e sole - essendo prevista una procedura complessa: infatti, in questo caso le firme ammontano all’1% degli aventi diritto. Per non parlare di tutti quei lavoratori, come i saltuari, che non sono tenuti nemmeno a presentare il CUD.
Le contestazioni, pertanto, dovrebbero essere indirizzate a migliorare il meccanismo di firma e a cercare di far firmare il più possibile, piuttosto che a contestare il sistema di assegnazione delle somme.

- "Perché le somme non oggetto di scelta non vengono assegnate allo Stato?"
Strana domanda, ove solo si consideri che lo Stato è uno dei "concorrenti" nel meccanismo di assegnazione! L’8xMille è stato pensato proprio come uno strumento di scelta per i contribuenti in favore o della Chiesa cattolica, o dello Stato, o delle altre fedi religiose. Tutti in condizione di parità: favorire uno di loro, a discapito di tutti gli altri (non solo della Chiesa, ovviamente), non ha davvero senso. D’altronde, la legge non ammette ignoranza e gli italiani sono ben avvisati: se firmi contribuisci alla scelta in via diretta, se non firmi si decide sulla base di ciò che hanno scelto gli altri!

- "Non vi è trasparenza, non si sa come la Chiesa spende i soldi"
La Chiesa cattolica è tenuta per legge (art. 44 della legge 222/1985) a rendicontare ogni anno allo Stato italiano come spende, centesimo per centesimo, le somme ad essa attribuite dall’8xMille. Tale informativa è pubblicata, inoltre, su vari quotidiani nazionali (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole24ore, Avvenire, ecc.) e sul sito www.8xmille.com.

- "La maggioranza della quota attribuita alla Chiesa è destinata non alla carità, ma ad esigenze interne".
Intanto la finalità dell’8xMille è quella di sostituire il meccanismo della congrua e le altre normative precedenti di ausilio alla Chiesa. Il principio sotteso a questa normativa è quella di riconoscere alla religione (Cattolica o di altre fedi) un valore in quanto tale: la funzione direttamente caritativa è solo un aspetto del riconoscimento pubblico della fede.
Detto questo, dati alla mano la Chiesa cattolica destina circa il 35% dei fondi al sostentamento del clero, circa il 20% per interventi caritativi in Italia e nel terzo mondo, circa il 15% per le diocesi, circa il 10% per la nuova edilizia di culto, circa il 10% per le attività varie della Chiesa (tribunali ecclesiastici, ecc.) e circa il 10% per i beni culturali ecclesiastici. Al di là del fatto che tante di queste voci ritornano comunque a diretto vantaggio di tutti i cittadini (si pensi agli oratori, o alla tutela dei beni culturali, ecc.), questi ultimi, una volta informati, scelgano loro proprio in base al principio di responsabilità, sul quale questo sistema si fonda, se una tale gestione dell’8xMille sia meritevole di firma o meno.

- "La pubblicità della Chiesa cattolica è ingannatrice, perché punta tutto sulla carità".
Due considerazioni. Intanto, basta andare sul sito www.8xmille.com per verificare da sé i vari tipi di spot pubblicitari, 47 in tutto, che la Chiesa fa trasmettere nelle reti nazionali. Con circa 9 milioni l’anno (meno dell’1% della quota ricevuta), la Chiesa parla di carità in Italia e all’estero in misura non di molto superiore alle esigenze di culto e sostentamento del clero. E a questo punto - e in secondo luogo - dovrebbero spiegare, i nostri amici critici, come si può distinguere in maniera così netta l’attività caritativa dal sostentamento del clero o dall’ausilio alle diocesi, atteso che (e basta frequentare un pochino le parrocchie) ci sono sempre i sacerdoti dietro le iniziative della Caritas, delle mense per i poveri, delle scuole in Africa, ecc. Per non parlare dell’aiuto morale e spirituale che sempre i sacerdoti garantiscono agli anziani e ai sofferenti.

- "Ogni Chiesa si deve mantenere da sé".
Principio più che ovvio, ed infatti proprio a questo è destinato l’8xMille, in un’ottica di laicità non intesa come “distanza/scontro” tra Stato e Chiesa, ma come collaborazione nella distinzione.
Al riguardo, poco si parla di come si comportano gli altri Stati europei.
Stupirà forse sapere che in Europa vi sono ancora Paesi che hanno una religione di Stato (avete sentito bene): Danimarca, Finlandia, Grecia, Inghilterra e Svezia, laddove in tutti i casi - con le dovute differenze impossibili da specificare in questa sede - i ministri di culto sono stipendiati dallo Stato. Tra le altre Nazioni che regolano i loro rapporti con le Chiese mediante intese: lo Stato Belga paga direttamente i ministri di culto; Germania e Austria consentono alle Chiese che hanno firmato determinate intese di riscuotere una imposta ecclesiastica dai cittadini propri membri (anche molto alta, sino all’8-9% del reddito!); Spagna e Portogallo hanno un sistema simile all’8xMille, ma riservato alla sola Chiesa cattolica. Solo Francia e Irlanda escludono ogni “contatto” fiscale tra Stato e Chiese, per ragioni dovute alla storia peculiare di tali Nazioni.

Qualche considerazione finale
La nostra normativa sull’8xMille è all’avanguardia in tema di partecipazione, responsabilità, democraticità, libertà religiosa. Il confronto con gli altri Stati europei (nei cui confronti spesso ci fanno sentire gli ultimi arrivati) ci fa uscire a testa alta. Modifiche si possono pensare e disporre, regola valida per qualsiasi strumento normativo che norma i rapporti sempre delicati tra uno Stato e una confessione religiosa: ma considerare questo sistema come "truffaldino" o di stampo clericale, o peggio ancora come "dittatura del Vaticano", è atteggiamento perlomeno ideologico e non fondato sulla realtà.

sabato 20 agosto 2011

Quello che non vi dicono. Chiesa e denaro




(di Marco Ciamei, 26.11.2010)

Cari amici cattolici, vi sarà certamente capitato di ricevere critiche dal vostro amico non credente di turno (o credente ma non praticante, o credente praticante ma non osservante) sul rapporto tra Chiesa e denaro, magari utilizzando i grandi cavalli di battaglia dei cari laicisti: esenzione ICI e 8xmille alla Chiesa cattolica, tra tutti.



Ebbene, se rientrate nella categoria di chi, in quella circostanza, non ha saputo rispondere alcunché (se non, con malcelato imbarazzo, che la Chiesa è fatta di peccatori), provo ad offrirvi alcuni spunti di riflessione. Intendiamoci, che la Chiesa sia fatta di peccatori è una verità e nessuno può metterla in discussione: che questo, però, significhi la irrimediabile verità di ogni critica, beh, forse qualche dubbio può sorgere anche ai non cristiani (detti anche, per un noto pseudo-matematico, non “cretini”).

Visto allora che la figura dei cretini a noi (a differenza di altri) non piace farla, vediamo di approfondire i termini della questione.

Questione ICI

Partiamo con il primo problema, peraltro recentemente tornato a galla dopo la decisione della Commissione europea di riaprire la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia su questo punto.

Una premessa, a scanso di equivoci: la CEI e il Vaticano non sono la stessa cosa (sic!).

Con un po’ della vostra pazienza (vi assicuro che ne vale la pena) proviamo a capire come stanno le cose.

LA LEGGE - Nel 1992 lo Stato italiano ha istituito l’ICI, l’imposta comunale sugli immobili. Nello stesso intervento normativo (decreto legislativo n. 504/1992) sono state previste delle esenzioni: “alla Chiesa cattolica”, penserete subito. Sbagliato: l’esenzione ha riguardato tutti gli immobili utilizzati da un “ente non commerciale” e destinati “esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”.

Dunque, secondo la legge, perché venga applicata l’esenzione è necessario che si realizzino due requisiti:

1.Il proprietario dell’immobile deve essere un “ente non commerciale”, ossia non deve distribuire gli utili e gli avanzi di gestione ed è obbligato, in caso di scioglimento, a devolvere il patrimonio residuo a fini di pubblica utilità. In pratica tutto quello che un ente non commerciale “guadagna” (con attività commerciali, con richieste di rette o importi, con la raccolta di offerte, con l’autofinanziamento dei soci, con i contributi pubblici, ecc.) deve essere utilizzato per le attività che svolge e non può essere intascato da nessuno.
2.L’immobile deve essere destinato “esclusivamente” allo svolgimento di una o più tra le otto attività di rilevante valore sociale individuate dalla legge.
Evidente ed apprezzabile la finalità delle esenzioni: lo Stato ha voluto agevolare tutti quei soggetti che svolgono attività sociale secondo criteri di “no profit”.

LA NOVITA’ DELLA CORTE DI CASSAZIONE - Ora, mentre per più di dieci anni queste norme sono state applicate dai Comuni senza alcun problema, i soliti noti hanno iniziato dei contenziosi e nel 2004 la Corte di Cassazione, pronunciandosi su un immobile di un istituto religioso destinato a casa di cura e pensionato per studentesse, ha fornito una interpretazione non prevista dalla legge (… tutto ciò non vi ricorda qualcosa?): i giudici infatti hanno aggiunto un nuovo requisito per avere diritto all’esenzione sia necessario anche che l’attività “non venga svolta in forma di attività commerciale”.

Quale è la novità? È chiaro che cambia tutto se si sposta l’attenzione dalla natura “commerciale” dell’ente proprietario (come richiesto dalla norma) alla natura della “attività commerciale” effettuata (come innovato dalla Corte). Per capire la singolarità della decisione si devono tenere presenti due aspetti:

1.dal punto di vista tecnico, le attività sono considerate commerciali non quando producono utili, ma quando sono organizzate e rese a fronte di un corrispettivo, cioè con il pagamento di una retta o in regime di convenzione con l’ente pubblico: è evidente che alcune delle attività elencate dalla legge (si pensi a quelle sanitarie o didattiche) di fatto non possono essere che “commerciali” in questo senso;
2. “commerciale” non vuol dire “con fine di lucro”: per la legge, infatti, è “commerciale” anche l’attività nella quale vengono chieste rette tanto contenute da non coprire neanche i costi: in pratica, l’esenzione perde ogni senso se interpretata così.
In parole povere, se chiedi anche un cent sei fuori dall’esenzione! E zac, rimane fuori praticamente tutto il no-profit! Via il bambino con l'acqua sporca (a scanso di equivoci, la Chiesa rientra nella seconda voce).

PRIMA INTERPRETAZIONE AUTENTICA - Davanti agli effetti disastrosi che una tale interpretazione avrebbe creato nel mondo del “no profit”, lo Stato italiano è intervenuto con una interpretazione autentica (art. 7 del decreto legge n. 203/2005, governo Berlusconi), ribadendo la sufficienza dei due requisiti iniziali e stabilendo che, ai fini dell’esenzione dall’ICI, non rilevava l’eventuale commercialità della modalità di svolgimento dell’attività.

DENUNCIA ALLA COMMISSIONE EUROPEA - L’interpretazione autentica non deve essere piaciuta, poiché nello stesso anno questa disposizione è stata impugnata di fronte alla Commissione europea denunciandola come “aiuto di Stato”. In pratica, sul presupposto che gli enti non commerciali che svolgono quelle attività socialmente rilevanti sono comunque da considerare “imprese” a tutti gli effetti, si è sostenuto che l’esenzione costituirebbe una distorsione della concorrenza nei confronti dei soggetti (società e imprenditori) che svolgono le stesse attività con fine di lucro soggettivo.

Come a dire: perché mai deve essere agevolato chi offre servizi assistenziali senza guadagnarci (eh già, perché mai …?!).

SECONDA INTERPRETAZIONE AUTENTICA E ISTITUZIONE DELLA COMMISSIONE MINISTERIALE - Per escludere ogni dubbio lo Stato è intervenuto con una seconda interpretazione autentica (art. 39 del D.L. n. 223/2006, governo Prodi), con la quale è stato precisato che l’esenzione deve intendersi applicabile se l’attività è esercitata in maniera “non esclusivamente commerciale”. Il nuovo intervento appare molto equilibrato, perché precisa il senso dell’esenzione permettendo di evitare abusi.

Peraltro, presso il Ministero dell’economia e delle finanze è stata poi istituita una commissione con il compito di individuare le modalità di esercizio delle attività che, escludendo una loro connotazione commerciale e lucrativa, consenta di identificare gli elementi della “non esclusiva commercialità”.

CHIUSURA DEL FASCICOLO PER DUE VOLTE E RECENTE RIAPERTURA – Alla luce della seconda interpretazione autentica e della maggiore definizione dei limiti grazie alla Commissione appositamente istituita, la Commissione europea ha chiuso la procedura di infrazione con esclusione di ogni “aiuto di Stato”. Successivamente ne è stata aperta un’altra, sempre sulla stessa linea, e anche questa è stata chiusa per chiara infondatezza.

Ad ottobre di quest’anno, però, il Commissario europeo per la concorrenza (Joaquín Almunia, spagnolo, predecessore del simpatico Zapatero al partito socialista), nonostante le due archiviazioni ha riaperto una ennesima procedura di infrazione. Staremo a vedere.


Le riflessioni.

Bene. Ora abbiamo gli strumenti per rispondere alle gentili domande del nostro ipotetico (ma neanche tanto) amico.

- “L’esenzione è riservata agli enti della Chiesa cattolica”.

In realtà abbiamo visto che la legge destina l’esenzione a tutti gli enti non commerciali, categoria nella quale rientrano certamente gli enti ecclesiastici, ma che comprende anche: associazioni, fondazioni, comitati, onlus, organizzazioni di volontariato, organizzazioni non governative, associazioni sportive dilettantistiche, circoli culturali, sindacati e partiti politici (che sono associazioni), enti religiosi di tutte le confessioni e, in generale, tutto quello che viene definito come il mondo del “non profit”. Non si dimentichi inoltre che fanno parte degli enti non commerciali anche gli enti pubblici.

- “L’esenzione vale per tutti gli immobili della Chiesa cattolica”

Come abbiamo evidenziato sopra, l’esenzione richiede la compresenza di due requisiti: quello soggettivo, dove rileva la natura del soggetto (essere “ente non commerciale”) e quello oggettivo, dove rileva la destinazione dell’immobile (utilizzarlo “esclusivamente” per le attività di rilevanza sociale individuate dalla legge ed in modo “non esclusivamente commerciale”). Non è vero, quindi, che tutti gli immobili di proprietà degli enti non commerciali (e, quindi, della Chiesa cattolica) sono esenti: lo sono solo se destinati alle attività sopra elencate. In tutti gli altri casi pagano regolarmente l’imposta: è il caso degli immobili destinati a librerie, ristoranti, hotel, negozi, così come delle case date in affitto.

-“L’esenzione vale per ogni imposta”

In realtà l’esenzione dall’ICI (che è un’imposta patrimoniale) non ha alcun effetto sul trattamento riguardante le imposte sui redditi e l’IVA, né esonera dagli adempimenti contabili e dichiarativi. Infatti gli enti non commerciali, compresi quelli della Chiesa cattolica (parrocchie, istituti religiosi, seminari, diocesi, ecc.), che svolgono anche attività fiscalmente qualificate come “commerciali” sono tenuti al rispetto dei comuni adempimenti tributari e al versamento delle imposte secondo le previsioni delle diverse disposizioni fiscali.

- “Gli alberghi sono esenti”

Attenzione, questa è insidiosa. Per dimostrare come l’esenzione prevista dalla norma sia iniqua, danneggi la concorrenza e non risponda all’interesse comune, viene citato il caso dell’albergo che, in quanto gestito da enti religiosi, sarebbe ingiustamente esente, a differenza dell’analogo albergo posseduto e gestito da una società.

Peccato, però, che l’attività alberghiera non rientra tra le otto attività di rilevanza sociale individuate dalla norma di esenzione. Perciò gli alberghi, anche se di enti ecclesiastici, non sono esenti e devono pagare l’imposta. Ad essere esenti sono, piuttosto, gli immobili destinati alle attività “ricettive”, che è ben altra cosa. Si tratta di immobili nei quali si svolgono attività di “ricettività complementare o secondaria”. In pratica, le norme nazionali e regionali distinguono fra ricettività sociale e turistico-sociale:

■La prima comprende soluzioni abitative che rispondono a bisogni di carattere sociale, come per esempio pensionati per studenti fuori sede oppure luoghi di accoglienza per i parenti di malati ricoverati in strutture sanitarie distanti dalla propria residenza.
■La seconda risponde a bisogni diversi da quelli a cui sono destinate le strutture alberghiere: si tratta di case per ferie, colonie e strutture simili.
Entrambe sono regolate, a livello di autorizzazioni amministrative, da norme che ne limitano l’accesso a determinate categorie di persone e che, spesso, richiedono la discontinuità nell’apertura. Se si verifica che qualche albergo (non importa se a una o a cinque stelle) si “traveste” da casa per ferie, questo non vuol dire che sia ingiusta l’esenzione, ma che qualcuno ne sta usufruendo senza averne diritto. Per questi casi i comuni dispongono dello strumento dell’accertamento, che consente loro di recuperare l’imposta evasa.

- “Basta una cappellina per ottenere l’esenzione”

Questa è più simpatica che ridicola. È del tutto falso che una piccola cappella posta all’interno di un hotel di proprietà di religiosi renda l’intero immobile esente dall’ICI, in base al fatto che così si salvaguarderebbe la clausola dell’attività di natura “non esclusivamente commerciale”. È vero esattamente l’opposto: dal momento che la norma subordina l’esenzione alla condizione che l’intero immobile sia destinato a una delle attività elencate e considerato che – come abbiamo visto sopra – l’attività alberghiera non è tra queste, in tal caso l’intero immobile dovrebbe essere assoggettato all’imposta, persino la cappellina che, autonomamente considerata, avrebbe invece diritto all’esenzione.

- “Ma io conosco personalmente casi in cui quello che dici non viene applicato”.

Chi sbaglia, fosse anche membro della Chiesa cattolica, è tenuto a pagare, come qualsiasi altro cittadino che infrange la legge. Ciò non significa, tuttavia, che la legge sia per ciò solo sbagliata, non vi pare?

- "Persino l'Europa ci sta sanzionando"

L'europa ha aperto due procedure di infrazione e in entrambi i casi ha deciso per l'archiviazione. Una terza procedura è stata aperta ora da un soggetto dichiaratamente ostile alla Chiesa cattolica e la procedura è allo stato iniziale.

Ad ogni modo, l'Europa ha espresso dubbi sempre e solo con riferimento alla presenza o meno di "aiuti di Stato", ossia su presunti meccanismi distorsivi della concorrenza. Questione (peraltro già smentita due volte) che con i rapporti tra Stato e Chiesa nulla c'entra.


Riassumendo: il problema dell’esenzione dell’ICI alla Chiesa cattolica non è altro che un pretesto per attaccare quest’ultima ed è portato avanti con un accecamento pari solo all’odio per chi da due millenni proclama incessantemente Gesù Cristo al mondo intero. Basti pensare che, se venisse davvero meno l’esenzione per questi immobili perché ritenuta “aiuto di Stato”, si aprirebbe la strada all’abolizione di tutte le agevolazioni previste per gli enti non lucrativi, a partire dal trattamento riservato alle Onlus.

Ma questo non ditelo alle Onlus, loro sono meno misericordiose della Chiesa cattolica!





FONTI (se avete tempo, sono interessanti, dell’una e dell’altra voce):

http://digilander.libero.it/imposte/index_file/ICI_file/esenzioni.html

http://www.avvenireonline.it/Speciali/Chiesa+e+denaro/20071108.htm

http://www.repubblica.it/2007/06/sezioni/esteri/ue-ici-chiesa/ue-ici-chiesa/ue-ici-chiesa.html

http://www.pri.it/1%20Agosto%20Internet/NucAleIciChiesa.htm

http://www.ilpost.it/2010/09/24/lue-apre-una-nuova-indagine-sullesenzione-dellici-per-la-chiesa/

http://www.chiesacattolica.it/cci_new_v3/allegati/5803/ICI-circ_2DF-PresCont-2009.pdf

http://it.wikipedia.org/wiki/Joaqu%C3%ADn_Almunia

http://www.bologna.chiesacattolica.it/bo7/2010/2010_11_07.pdf



TO BE CONTINUED...
fonte: Facebook

giovedì 18 agosto 2011

Quanto ci costa il Papa!


La Chiesa e la crisi

L'Avvenire a quanti, da Gramellini su La Stampa a Mario Staderini su Il Fatto quotidiano, indicano nella Chiesa un' enclave al riparo dai sacrifici imposti dalla manovra.

Roma, 18-08-2011

C'è un bufala colossale che gira da un paio di giorni. E' quella "secondo la quale basterebbe piazzare in un albergo 'una cappellina', per poter dichiarare l'intero complesso 'adibito a culto' e quindi non pagare l'Ici". Ma se "fosse vero tutti gli albergatori l'avrebbero gia' fatto". L'Avvenire replica così a quanti, da Gramellini su La Stampa a Mario Staderini su Il Fatto quotidiano, indicano nella Chiesa un'enclave al riparo dai sacrifici imposti dalla manovra.

4 miliardi sperperati?

L'articolo, a firma di Umberto Folena, risponde anche all'affermazione secondo la quale "c'è la crisi, quindi anche la Chiesa paghi rinunciando a 'quattro miliardi di esenzioni Ici, persino su residenze e attivita' estranee al culto'". La "non meglio precisata 'stima europea' " non arriva, svela Folena, "da qualche autorevole organismo di Strasburgo o Bruxelles" ma da "un preciso eurodeputato europeo ferocemente critico nei confronti di tutto cio' che e' presenza sociale, pubblica, della Chiesa".
In realtà, assicura l'editorialista, "le case d'ospitalità che svolgono servizio alberghiero già pagano, se non lo facessero sarebbero fuorilegge e andrebbero costrette a pagare dal Comune di competenza. L'abbiamo scritto e riscritto alla nausea". "E allora chi manca all'appello, chi dovrebbe pagare e ancora non paga?", si chiede Avvenire rilevando l'unanime apprezzamento dei media per il servizio che "gli oratori, gli ospedali e perfino le scuole, pubbliche ma non statali", offrono "all'intera societa'".
"Sembra di capire - continua l'editoriale - che non dovrebbe essere il baretto dell'oratorio a pagare l'Ici, e allora chi pagherebbe? La casa alpina dei campi scuola? Le sacrestie? Le mense Caritas, ristoranti travestiti?". "Bisognerebbe essere più precisi e informarsi, prima di gettare ombra o perfino fango. Bisognerebbe avere, con la Chiesa, la precisione che si ha nei confronti di altri soggetti più "reattivi" e meno inoffensivi. Perché quei 'quattro miliardi' sottratti all'Italia della crisi sono lo schizzo cattivo di un laicismo che intende eliminare ogni presenza sociale e pubblica della Chiesa, che sta contribuendo già adesso ad ammortizzare gli effetti nefasti della crisi".
Quanto costa il Papa a Madrid e chi paga

Altro fronte per la Chiesa, quello aperto dagli "indignados" alla vigilia dell'arrivo di Benedetto XVI a Madrid, con la forte denuncia dei presunti costi della Giornata Mondiale della Gioventù. Radio Vaticana ribatte: i costi dell'evento sono a carico della Chiesa. "Il portavoce del governo spagnolo, José Blanco, ha ribadito che allo Stato l'evento non costerà nulla e che il peso ricade sulla Chiesa, sui pellegrini stessi e su alcuni patrocinatori privati. Le spese per la sicurezza - ha detto - sono quelle che riguardano qualsiasi altra manifestazione, comprese quelle degli indignados", spiega l'emittente pontificia.
"Già il direttore finanziario della Gmg, Fernando Gimenez Barrioconal aveva ricordato piu' volte che ai contribuenti spagnoli la Giornata mondiale della Gioventu' non costera' un solo euro, perché l'amministrazione pubblica spagnola non finanzia questo evento. Ha invece voluto sottolineare il positivo impatto economico per la Spagna, per tutti i giovani che stanno giungendo nel Paese da tutto il mondo".

fonte: Rainews24

sabato 6 agosto 2011

VIVA LA SPOSA!


"Sottomettersi" al marito e fare figli, secondo il precetto di san Paolo. Le istruzioni di Costanza Miriano, piene di spirito e buonsenso



Di Camillo Langone


Sottomettersi al marito e fare figli, secondo il precetto di san Paolo. Le istruzioni di Costanza Miriano, piene di spirito e buonsenso, sfidano le sciarpe bianche (le femministe).


E’ bellissima e bravissima ed è una moglie sottomessa e ha scritto un libro per convincere altre mogli a sottomettersi,per la gioia di mogli e mariti e figli e l’armonia del mondo intero. “Sposati e sii sottomessa” (Vallecchi) non è un volgare pamphlet provocatorio ma un quaderno di istruzioni serio nel contenuto quanto spiritoso nella forma, opera di una donna che io chiamo Miss Umbria da quanto è splendida e da quanto è nata a Perugia, madre di quattro figli quattro e incredibilmente giornalista del Tg3, la mosca bianca, l’unica papista dell’intera redazione di Bianca Berlinguer. Costanza, che nome meraviglioso, è il cacio sui maccheroni in questi tempi di guerra dei sessi, ripicche e sciarpe bianche. E’ un dono che Dio ci manda per ricondurci sulla retta via e sebbene pensi che gli italiani non siano capaci nemmeno di scartarlo, un regalo del genere, la intervisto perché dovere e ammirazione me lo impongono.

“Distribuire consigli, attività massimamente gratificante”, scrivi. Mi sembra di capire che il libro sia scaturito dalla tua attività di consigliera sentimentale, o sbaglio?



Dare consigli piace a tutte le donne (per verificarlo basta entrare con un pancione, o un neonato, in una stanza popolata da femmine: tutte sentiranno il dovere di regalare una perla di saggezza all’incauta). Le donne, per abitudine, per pigrizia (è più facile tenere un ruolo fisso) fanno le educatrici a tempo pieno. Una vocazione che può essere devastante se esercitata su esseri umani che hanno superato l’adolescenza. Mio marito, le rare volte in cui non esce dalla stanza mentre gli parlo, sostiene conversazioni con me, ormai ha imparato, utilizzando una zona molto superficiale del cervello. Ogni tanto dice “Ah” oppure “Sì, mia cara, hai ragione“. A volte ci prende anche, lo dice persino a proposito. Detto questo, qualche volta può anche capitare di prenderci, a dare i consigli. E’ un fatto statistico. E questo libro è nato dalle lettere accorate che scrivevo davvero a una mia carissima amica, per convincerla a sposarsi. Alla fine ce l’ho fatta, conquistando l’ambito trofeo di testimone della sposa.

“La mia risposta a qualsiasi problema è una a scelta tra le seguenti: ha ragione lui; sposalo; fate un figlio; obbediscigli; fate un altro figlio; trasferisciti nella sua città; perdonalo; cerca di capirlo; e infine fate un figlio”. Non vorrei fare una domanda per non spezzare l’incanto di queste frasi sublimi ma devo: a parte l’amica che si è sposata, le altre ti danno retta?



Ovviamente no. Devo avere pochissimo carisma, non convinco quasi mai nessuno. Eppure credo che le donne avrebbero tutto da guadagnare nel recuperare il loro ruolo, la loro vocazione all’accoglienza (quello che Wojtyla chiamava il genio femminile). Noi donne siamo fatte per questo, per accogliere la vita innanzitutto; lo dice la nostra conformazione fisica, siamo fatte per fare spazio tra le viscere, e quella mentale: solo noi possiamo fare sei o sette cose insieme. Chi di noi non si è mai mossa a pietà per quel poveraccio che si ritrova accanto, il quale, lucidissimo nell’analizzare la strategia politica statunitense in medio oriente, si intreccia se deve prepararsi un tè e insieme rispondere a una domanda elaborata e complessa come “Che ore sono?”. “Non vedi che sto facendo una cosa?” risponderà sinceramente indignato per l’indelicatezza della consorte, la quale nel frattempo allatta, parla al telefono, assaggia il minestrone e ascolta l’elenco delle province della Lombardia. Non è che gli uomini siano meno bravi, è che sanno fare cose diverse.



Ma insomma, perché sposarsi nel 2011? Sembra che tutti la considerino una pratica desueta.



Mi chiederei piuttosto come sia pensabile non sposarsi, se si vuole costruire qualcosa che superi la nostra incostanza, la nostra emotività. Io chiaramente penso al matrimonio cristiano, dove gli sposi sono tre, lui, lei e Dio. Solo così è pensabile provare a reggere per tutta la vita, perché uno ha un aiuto super, la grazia (noi peccatori senza quella siamo fritti, magari i buoni possono anche sposarsi in municipio). L’idea comune dell’amore è tutto uno scintillio dibatticuore, un svolazzo di emozioni rosa, un fru fru di occhiate e messaggini. Ma l’amore ha poco a che fare con questo e molto di più con una scelta volontaria e una decisione intelligente. E definitiva.



E perché fare figli? Per una donna sono davvero la medicina di tutti i mali?



Sul tema tenderei ad avere un’idea ancora più obsoleta delle precedenti. Uno i figli non è che li programma più di tanto. E’ vero, la maternità e la paternità devonoessere responsabili, è intelligente e prudente fare i conti con le proprie forze, mala coppia deve anche essere aperta alla vita. Non è che tutto si può programmare,tanto quella del controllo è un’illusione. Non controlliamo niente, veramente. Equindi i figli non sono un diritto, e non sono neanche una medicina per la donna,per carità, che egoismo. I figli sono un dono. Quando arrivano, la famiglia si attrezza e fa fronte alla nuova realtà. Magari se ne arriva qualcuno in più si rinuncia a qualcosa di materiale, e si impara anche a tenere un po’ l’ordine, in base al sano principio educativo “Noi siamo più grossi di voi e questa è casa nostra”.



A me, che pure sono a favore del quoziente familiare, i bambini fanno senso come fanno senso gli animali, a cui somigliano moltissimo.Io sono un caso patologico mentre gli altri uomini non vedono l’ora di riceveresimili regali?



Certo, nei primi mesi, quando il bambino è tutto poppate e pannolini, e allarga qualche sorriso bavoso per lo più a caso, credo che attaccarsi a lui sia più immediato per le mamme. Non per niente si parla di istinto materno, che ha anche una base ormonale, checché ne dicano alcune femministe. E’ quella forza potentissima che ti permette di saltare ore di sonno e pasti e ancora trovare la forza di sorridere ad altri due o tre figli che ti vogliono raccontare un episodio di “Star Wars” o coinvolgere nella scelta del dress code per la Barbie. Quella forza animale che ti permette di stare sveglia tutta la notte dopo una zuccata più forte delle altre, perché la pediatra ti dice di svegliarlo ogni tanto per vedere se reagisce, e tu venderesti la casa in cambio di tre ore di sonno, ma non appoggerai la testa neanche morta. Ecco, questo tipo di amore viscerale secondo me è più materno.



Bene, quindi non sono un malato, sonosemplicemente un uomo.



I padri amano diversamente, ed è meraviglioso che sia così. I padri sono la guida,mantengono la lucidità, sono autorevoli. Non si angosciano se non è necessario.Montano i giochi e spiegano la storia dell’antica Roma. Danno sicurezza al figlio,con la loro forza e l’essere punti fermi. Mettono le regole. Un giorno, quando sarà il momento di stare in panchina e lasciare andare i ragazzi nel mondo, sarà il padre a dare il coraggio di partire per l’avventura. Io i miei figli li vorrei tutti sotto la mia gonna, e sono certa che sarò una suocera insopportabile. I figli hanno bisogno di entrambi i tipi di amore, per la loro crescita equilibrata. L’amore di un uomo e l’amore di una donna. Diversi e insostituibili e mai in nessun modo intercambiabili.



Ti rileggo il passaggio cruciale: “Dovrai imparare a essere sottomessa, come dice san Paolo. Cioè messa sotto, perché tu sarai la basedella vostra famiglia. Tu sarai le fondamenta. Tu sosterrai tutti, tuo marito e i figli, adattandoti, accettando, abbozzando, indirizzando dolcemente. E’ chi sta sotto che regge il mondo, non chi si mette sopra gli altri”. Non temi che qualche sciarpa bianca (le femministe) ti aspetti sotto casa per strangolarti?



Al contrario! Non credo che ci sia un complimento migliore da fare a una donna.Cosa c’è di più difficile da fare che sostenere, aiutare, sorreggere? Quando tu hai bisogno di aiuto lo chiedi a chi è più debole o a chi è più forte di te? Io a chi è più forte. E infatti il racconto della creazione mi mette ogni volta un gran senso di orgoglio. La donna è un aiuto, simile all’uomo, dice la Genesi. Non una schiava, ma un aiuto. Chi aiuta è più robusto, più grande. E se una si offende è perché è accecata dall’ideologia.



Il tuo titolo è ricavato dalla Bibbia. Chi come noi considera Antico e Nuovo Testamento non vecchi libri bensì la viva voce di Dio che ci parla oggi, viene detto esaltato, e combattuto oppure compatito. Io ne soffro, e tu?



Dico la verità, non mi interessa proprio niente dell’incomprensione. Anzi, non ciavevo mai pensato. Per fortuna noi cristiani europei non veniamo davvero perseguitaticome in gran parte del mondo islamico, e in Asia. Lì sì che si soffre. A me invece dispiace per i non cristiani: non ho mai conosciuto una persona profondamente feliceche non fosse cristiana. La vera sfida per noi cattolici è spiegare che, come dice Chesterton, “non c’è niente di più eccitante dell’ortodossia”. Superare la contrapposizione peccato/divertimento versus virtù/noia. La vulgata del mondo vuole invece che i limiti morali che la fede impone tarpino le ali, impediscano di vivere felici e autodeterminati. Io mi vedo intorno un sacco di persone che vivono completamente autodeterminate e completamente, o almeno moderatamente, infelici. Il peccato etimologicamente viene da una radice che significa “sbagliare mira”. E’ un colpo sbagliato, è fare cilecca.



Questa etimologia mi mancava.



Aiuta a capire che non si tratta di limiti morali, ma riguarda ciò che davvero fail nostro vero bene. Con la testa capiamo che quello che la fede ci invita a fare inqualche modo ci conviene, ci custodisce davvero felici. Non c’è nessuna fregaturadietro. Noi cattolici sappiamo di avere bisogno di Dio perché ammettiamo che l’uomoè una creatura misteriosa, un impasto inscindibile di peccato e carne e sublime.Ogni volta che tendo a sentirmi molto buona mi ricordo di quello che dice il mio padre spirituale: le persone si dividono tra quelle cattive e quelle che riescono a nascondersi bene.



Per questo, perché sa che siamo così, la chiesa non permette niente ma perdona tutto, mentre il mondo permette tutto ma non ti perdona niente(neanche questa è mia).Davvero fra lavoro fuori casa e lavoro a casa puoi dormire quattro ore per notte? A me non ne bastano otto. Le donne hanno un fisicosuperiore o di superiore hanno la forza di volontà?



Usciamo per favore dalla logica del superiore e dell’inferiore. A parte che io nonfaccio testo, sono una maratoneta, ma non mi stanco mai di dire che siamo solo diversi. E’ vero, forse noi abbiamo una maggiore resistenza al dolore, anche perché abbiamo il compito di partorire (non è il massimo far passare un pollo arrosto da unanarice, come si dice) ma in tante altre cose siamo incapaci. Io sono in grado di perdermi pressoché ovunque, e se devo programmare un decoder mi butto dalla finestra.Mio marito se deve andare a parlare con la maestra sviluppa un improvviso e sinceroattacco di mal di testa. Lui si entusiasma come un ragazzino di fronte a un documentario sullo sfondamento della Slesia nel ’39, io che pure a scuola ci sarei anche andata, non riesco ancora a ricordarmi chi ha vinto la Seconda guerra mondiale, anzi non me lo dire che mi rovini la sorpresa, prima o poi la studiero con qualche figlio.



Sbaglio o ti sei definita maratoneta? Spiega a un accidioso qual sono come sia possibile avere quattro figli e un lavoro all’altrocapo della citta e andare a messa tutti i giorni e correre.



La messa e un’esigenza esistenziale, basta avere una mappa delle chiese dellacitta, gli orari e una disciplina da generale Patton. Se una cosa ti piace il modo difarla lo trovi. La passione per la maratona (correre per 42 chilometri e 195 metri senza alcun motivo apparente) non si puo spiegare con le parole.



Proviamoci lo stesso.



Credo che sia al limite della patologia. Un limite superato ampiamente quando andavo a correre in piena notte perche lavoravo al Tg dell’alba, o con i piedi fasciati,insanguinati dai troppi “lunghi” (in gergo, le corse piu lunghe di due ore), o anche con i pancioni fino all’ultimo giorno di gravidanza (non seguite il mio esempio, adesso che sono una saggia signora di quarant’anni non lo rifarei mai). Di certo nei giorni in cui corro ho molte piu energie per tutto il resto. In piu credo che per una sposa curare anche un po’ l’aspetto fisico sia un dovere. Certo da quando ho quattro figli non faccio piu gare ne gli allenamenti di un tempo. Però ogni giorno provo a incastrare qualche chilometro. Ma la cosa che faccio piu spesso, poiche il senso di colpa e la cifra esistenziale della madre lavoratrice e non mi sognerei mai di lasciare i bambini con la tata per il mio piacere, e correre a tarda sera in casa sul tapis roulant. Ah, dimenticavo, ho un dignitoso personale di 3 ore e 15, che conterei di migliorare quando i figli saranno cresciuti. Taglia tutto quello che vuoi, di questa intervista, ma non il mio tempo!



Non mi permetterei mai. Passando ad altro, come valuti il fatto che un uomo (ad esempio Berlusconi) venga giudicato da un collegio di sole donne? Secondo me sono episodi che fanno crollare numero e motilita degli spermatozoi a intere generazioni di maschi.



Come giornalista del servizio pubblico io non dovrei prendere pubblicamente posizione politica, anche se molti non rispettano la consegna. E poi non vorrei scendere nell’agone politico, voglio parlare a tutte.



Capisco il problema e riformulo la domanda. A pagina 39 leggo le seguenti melodiose parole: “Quando lo devi criticare fallo con rispetto,e senza umiliarlo, se proprio sei sicura che la critica sia indispensabile. Se puoiaspettare domattina e meglio”. E’ un consiglio che ritieni valido solo nell’ambito privato o anche in quello pubblico?



Purtroppo nel dibattito pubblico non e questo lo stile prevalente, eppure porterebbeun gran bene. Ti immagini se una, nel mezzo di un talk show urlato, dicesse, come dovrebbe dire a suo marito: “Guarda, non lo so, forse hai ragione tu. Al momentonon mi sembra. Pero, poiche ti stimo sinceramente, provo a rifletterci”? Che succederebbe? Qualcuno sverrebbe per lo sgomento, forse. Gli ascolti crollerebbero, forse. Ma il tasso di civilta si alzerebbe nettamente.



Di “Sposati e sii sottomessa” condivido ogni virgola. Rimango perplesso solo di fronte all’incrollabile ottimismo, l’idea che cattolicesimoe buonumore siano quasi sinonimi.



Forse le mamme non sanno che Satana e il principe di questo mondo? Che Satana sia il principe lo vediamo tutti. Non si puo negare, e anzi la Madonna a Medjugorje ha detto che in questi anni e slegato dalle catene, come aveva previsto per esempio Anna Caterina Emmerick. Ma “ianua inferi non praevalebunt”! Non ti fidi di Gesu che l’ha detto a Pietro? Io, si, mi fido, senno non avrei fatto quattro figli. Se l’obiettivo è la vita eterna si puo stare serenamente abbandonati. Se l’Onnipotente decide di farsi uomo e di morire per noi, per amore nostro, di che ti preoccupi? A me questa notizia mette un irresistibile buonumore. E’ come vedere una commedia americana con Cary Grant. Anche quando le cose sembrano mettersi male lo sai, ne sei certa, che in qualche modo finiranno bene.



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