lunedì 28 luglio 2014

Italia Cristiana: "Fare politica per servire."



1° Incontro 
"Fare Politica per Servire"
ITALIA CRISTIANA
Roma 26 Luglio 2014


E' stata una bella esperienza quella vissuta a Roma.
Si trattava del primo incontro annuale dal titolo "Fare Politica per Servire" del movimento Italia Cristiana, incontro attraverso il quale sono stati sviluppati i progetti e le linee guida di questa organizzazione politica.
 "Noi siamo animati dall'amore per una Persona
che è Cristo"  (Fabrizio Verduchi)
Ha aperto i lavori il presidente di Italia Cristiana, Fabrizio Verduchi, che dopo una breve esposizione di quanto fatto nei primi 10 anni (2002 - 2012) di instancabili battaglie, e delle iniziative dell'ultimo biennio, ha indicato le basi sulle quali il movimento fonda il suo impegno politico inteso come vero e proprio "servizio" per l'evangelizzazione ed il raggiungimento della giustizia sociale.
Per fare questo non si può prescindere dalla Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica,

mercoledì 23 luglio 2014

Brandmüller: il celibato del clero ha origine già con Gesù e gli apostoli. E spiega perché.


Come storico della Chiesa, il cardinale tedesco confuta la tesi secondo cui il celibato del clero sarebbe un'invenzione del secolo X. No, obietta: ha origine già con Gesù e gli apostoli. E spiega perché.
di Sandro Magister

"Forse lei non sa che il celibato fu stabilito nel X secolo, cioè 900 anni dopo la morte di nostro Signore. La Chiesa cattolica orientale ha facoltà fin d’ora che i suoi presbiteri si sposino. Il problema certamente esiste ma non è di grande entità. Ci vuole tempo ma le soluzioni ci sono e le troverò".

È questa la risposta sul tema del celibato del clero che papa Francesco dà a Eugenio Scalfari nell'intervista concessa al fondatore del quotidiano "la Repubblica" e nume dell'intellettualità laica italiana, pubblicata domenica 13 luglio.

Lo stesso giorno, una nota di padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede, ha precisato:

E l’uomo «senza Dio» disse: non ho tempo.

Fonte: Avvenire

Sperimentare lo scorrere del tempo significa «fare esperienza di una grande debolezza. Abbiamo paura di dimenticare, perdendo così la nostra identità e quella dei nostri cari. Oppure temiamo il presente che sfugge o il futuro incerto, in cui può accadere il peggio. Ecco perché ci viene il desiderio di isolarci dal tempo: lo vediamo come una forza distruttiva». Invitano a fermarsi, per riflettere, le pagine del volume Teologia del tempo. Saggio sulla memoria, la promessa e la fecondità, pubblicato dalle Edizioni Dehoniane di Bologna (pagine 352, euro 33,00) e scritto da padre José Granados García, docente di Teologia dogmatica e patristica al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II di Roma e professore invitato alla Gregoriana. Perché è un libro che coniuga ragionamento teologico ed esperienza quotidiana in modo puntuale, con un linguaggio accessibile anche ai non addetti ai lavori.

Nella società occidentale i ritmi di vita sono frenetici e il tempo viene centellinato nei rapporti umani ma riempito di impegni lavorativi.
«Viviamo una crisi nel modo di vivere il tempo, collegata al rifiuto postmoderno dei grandi racconti. Il passato si è allontanato sempre di più come realtà fuori moda; il futuro si è aperto senza misura, pieno di paure e minacce. Ci resta l’istante presente, sempre scarso. Ecco perché è così frequente dire: “Non ho tempo”. Questa crisi appare nell’esperienza della noia e, allo stesso tempo, in quella della fretta. In ambedue i casi il tempo perde la sua armonia, non c’è più collegamento tra un momento e l’altro. Come uscirne? Non basta modificare il modo in cui investiamo il tempo. La soluzione è cambiare il nostro modo di viverlo, recuperandone una visione che intreccia intreccia la nostra vita con quella degli altri tramite ricordi e speranze. Non si tratta dunque, di avere “tempo” per coltivare i rapporti umani, ma di capire che proprio nelle relazioni il tempo si genera».

sabato 12 luglio 2014

In natura il gender non esiste.



La cancellazione di «madre» e «padre» con «Genitore 1» e «Genitore 2», avvenuta in diverse scuole, appare come un piccolo caso provinciale a confronto dell’operazione che, su vasta scala, ha lanciato Facebook per annacquare «maschi» e «femmine» nell’indistinto mare dell’ideologia Gender. Per la quale essere uomo o donna è un’opinione fra tante altre, non un dato di natura. Questo impone il nuovo dogma dell’epoca obamiana. Perciò sul famoso social network ora si potrà «definire la propria identità di genere in ben 58 modi diversi», come annuncia esultante Repubblica: negli spazi dove fino a ieri stavano scritti solo «maschio» e «femmina» adesso si potrà fare anche una scelta «personalizzata».

Infatti «sotto la stretta supervisione dell’Arcigay» si offrono decine di possibilità: intersessuale, agender, bigender, fluido, neutro, trans e pure femminiello. C’è perfino la distinzione tra «femmina trans» e «trans femmina».

NATURA E REALTÀ
Per la verità, a noi, affezionati alla razionalità, alla natura e alla realtà, pare che - in barba a Obama - continuino a nascere solo uomini e donne. Insieme al buon senso e alle ostetriche, lo dicono la scienza, la fisiologia e la biologia. Non a caso la regola dice che nel Dna sta scritto che si è maschi oppure femmine. E anche se uno si sottopone a un’operazione chirurgica privandosi dei suoi organi genitali il Dna continua a dare il responso originario. Il Dna dunque parla come la Sacra Scrittura, perché la natura è il linguaggio di Dio: si nasce maschi o femmine. Non è un’opzione culturale, che uno può decidere arbitrariamente, ma un dato di natura.