martedì 30 giugno 2009

Il Decalogo dell'Amore Cristiano




1. AMARE TUTTI:
Piccoli e grandi, uomini e donne, amici e nemici, di tutte le razze e
religioni, come ha fatto Gesù che è morto per tutti. Siamo tutti figli
dello stesso Padre e perciò tutti fratelli.

2. AMARE CIASCUNO PERSONALMENTE :
Gesù parlava alle folle, certo, ma conosceva ciascuno e lo chiamava per nome. Accettare ognuno così com'è.

3. AMARE COME SE’ STESSI:
è la regola d'oro: "Fa agli altri ciò che vuoi sia fatto a te" e "Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te".

4. AMARE PER PRIMI:
non aspettare che te lo chiedano, ma fa tu il primo passo, come Gesù che non ha aspettato che diventassimo buoni per dare la vita per noi; e come Maria che "partì in fretta" senza farsi pregare per andare ad aiutare la cugina Elisabetta.

5. AMARE E’ FARSI “UNO” CON L’ALTRO:
cioè ascoltare, fare il vuoto dentro di sé per capire i sentimenti dell'altro e farsi carico dei suoi problemi; insomma condividere gioie e dolori.

6. AMARE E’ SERVIRE:
cioè amare a fatti non a parole, consumarsi le mani facendo servizi concreti, come Gesù che lava i piedi agli apostoli.

7. AMARE E’ PERDONARE:
quante volte? "Settanta volte sette" ha detto Gesù, cioè sempre. "Se non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro celeste perdonerà a voi". "Chi è senza peccato scagli per primo la pietra". "Il giudizio sarà senza misericordia per chi non ha avuto misericordia" . "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno".

8. AMARE E’ CHIEDERE SCUSA:
"Se presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che un tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello, poi torna ad offrire il tuo dono". "Non tramonti il sole sopra la vostra ira".

9. AMARE E’ VEDERE GESU’ NELL’ALTRO:
avevo fame, avevo sete, ero nudo, malato, senza casa, senza mezzi, senza lavoro, incompreso, ignorato, immigrato, drogato..."L'hai fatto a me", dirà Gesù quel giorno.

10. AMARE E’ SACRIFICIO DI SE’:
amare non è sempre facile, non sempre è gratificante, non sempre l'amore è capito e ricambiato. L'amore vero non è un bel sentimento: è dono di sé, è responsabilità verso l'altro, è fedeltà agli impegni, è mantenere la parola anche se costa, è non mollare quando sei stanco e sfiduciato, è ricominciare sempre anche quando sembra inutile continuare ad amare.
Come Gesù che "avendo amato i suoi, li amò fino alla fine".

sabato 20 giugno 2009

Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria


ATTO DI CONSACRAZIONE

Cuore Immacolato di Maria,
Modello perfetto di santità,
prendici, trasformaci a tua immagine.

Purifica e libera il nostro cuore da ogni ostacolo alla santità.
Che, liberato da noi stessi e da ogni altra seduzione,
Tu ci possa rendere ricchi di Te, delle virtù del Tuo Cuore Immacolato.

E guidaci a quella intimità divina che Tu solo conosci, e che sola può colmare l'immenso bisogno d'amore e d'unione che Dio ci ha messo nel cuore.

Attendiamo da Te, con fiducia, questa grazia di santità ...
e affidiamo il nostro destino eterno al Tuo Cuore Immacolato.
Amen

venerdì 19 giugno 2009

Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù.



Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, Il Quale, mite e umile di cuore, esaltato sulla croce, è divenuto fonte di vita e di amore, a cui tutti i popoli attingeranno.

Sacro Cuore di Gesù, confido in Te!;
Dolce Cuore del mio Gesù, fa ch’io t’ami sempre più!;
O Gesù di amore acceso, non Ti avessi mai offeso!.


LITANIE AL SACRATISSIMO CUORE DI GESU'


Signore, pietà.Signore, pietà
Cristo, pietàCristo, pietà
Signore, pietàSignore, pietà
Cristo, ascoltaciCristo, ascoltaci
Cristo, esaudiscici.Cristo, esaudiscici
Padre celeste, Dioabbi pietà di noi
Figlio redentore dei mondo, Dioabbi pietà di noi
Spirito Santo, Dioabbi pietà di noi
Santa Trinità, unico Dioabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, Figlio dell'Eterno Padreabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, formato dallo Spirito Santo nel seno della Vergine Mariaabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, sostanzialmente unito al Verbo di Dioabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, maestà infinitaabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, tempio santo di Dioabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, tabernacolo dell'Altissimoabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, casa di Dio e porta del cieloabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, fornace ardente di amoreabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, fonte di giustizia e di caritàabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, colmo di bontà e di amoreabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, abisso di ogni virtùabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, degnissimo di ogni lode abbi pietà di noi
Cuore di Gesù, re e centro di tutti i cuori abbi pietà di noi
Cuore di Gesù, in cui si trovano tutti i tesori di sapienza e di scienzaabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, in cui abita tutta la pienezza della divinitàabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, in cui il Padre si compiacqueabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, dalla cui pienezza noi tutti abbiamo ricevutoabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, desiderio della patria eternaabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, paziente,.e misericordioso,abbi pietà di noi
Cuore di Gesù, generoso verso tutti quelli che ti invocanoabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, fonte di vita e di santitàabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, ricolmato di oltraggiabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, propiziazione per nostri peccati.abbi pietà di noi
Cuore di Gesù, annientato dalle nostre colpeabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, obbediente fino alla morteabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, trafitto dalla lanciaabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, fonte di ogni consolazioneabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, vita e risurrezione nostraabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, pace e riconciliazione nostraabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, vittima per i peccatoriabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, salvezza di chi spera in teabbi pietà di noi
Cuore di Gesù, speranza di chi muore.abbi pietà di noi
Cuore di Gesù, gioia di tutti i santiabbi pietà di noi
Agnello dì Dio che togli i peccati dei mondo perdonaci, Signore
Agnello di Dio che togli i peccati dei mondoesaudiscici, Signore
Agnello di Dio che togli i peccati dei mondoabbi pietà di noi
Cuor di Gesù che bruci di amore per noi:infiamma il cuore nostro d'amore per te

PREGHIAMO
O Padre, che nel Cuore dei tuo direttissimo Figlio ci dai la gioia di celebrare le grandi opere dei tuo Amore per noi, fa' che da questa fonte inesauribile attingiamo l'abbondanza dei tuoi doni. Per Cristo Nostro Signore. Amen


mercoledì 17 giugno 2009

Il segreto mistico di Wojtyla: «Così parlava con la Madonna»


di Andrea Tornielli

Karol Wojtyla fin dal momento dell’ordinazione sacerdotale avvenuta nel 1946 ebbe esperienze mistiche e anche da Papa, pregando, «parlava» con la Madonna e riceveva da lei messaggi. «Sapeva» in anticipo che sarebbe avvenuta la lacrimazione della Madonnina di Civitavecchia, che considerava un segno rivolto anche a lui, così come «sapeva» che un attentato di matrice islamica avrebbe sprofondato il mondo nel terrore all’inizio del nuovo millennio. Lo scrive Antonio Socci nel nuovo libro I segreti di Karol Wojtyla (Rizzoli, pp. 238, 18 euro), da oggi in libreria.
Il giornalista e scrittore, che ha già dedicato inchieste alle apparizioni di Fatima e di Medjugorje, nonché ai segreti di Padre
Pio, ha raccolto testimonianze inedite che aprono nuovi squaci Giustifica sulla vita spirituale di Giovanni Paolo II, il prete, vescovo e Papa che in qualche modo attraversa misteriosamente tutte quelle vicende che hanno segnato la storia della Chiesa nel secolo da poco concluso.
«Mentre pregava - spiega don Jarek Cielecki, sacerdote polacco nato nella parrocchia di Niegowic, dove Wojtyla fu viceparroco dopo l’ordinazione - i suoi occhi sembravano guardare qualcosa, non erano vagamente persi nel vuoto com’è il nostro sguardo mentre preghiamo. E poi mi hanno riferito che quando succedeva qualcosa, lui andava davanti all’altare o davanti al quadro dell’Assunta e parlava... Proprio come se stesse parlando con una persona presente che aveva di fronte». Ma è dal cardinale Andrej Deskur, amico e compagno di seminario del Papa, che arrivano le conferme più importanti: «Lui viveva pregando. Quando stava nella cappella lo si sentiva parlare, come si parla con un’altra persona». Il porporato, immobilizzato dall’ottobre 1978 sulla sedia a rotelle in seguito a un ictus, ha rivelato a Socci che don Wojtyla con l’ordinazione sacerdotale, il 1° novembre 1946, ricevette la «preghiera infusa». Chi ha questo dono, lascia «che lo Spirito intervenendo ti guidi... Con apparizioni o con locuzioni interiori. Da questa intimità con Dio si dipana tutto». Mentre un altro prelato, in colloquio, ebbe a dire: «Sappiamo bene che la Madonna parla al Papa anche se lui non va a dirlo in giro... Lui obbedisce solo alla Madonna, fa solo quello che gli dice lei».
Un giorno - scrive Socci - il cardinale Deskur andò in Portogallo e visitò suor Lucia di Fatima. Alla fine del colloquio chiese se doveva portare un messaggio al Santo Padre da parte della Madonna. Suor Lucia rispose: «No, no, ci penserà la Madonna stessa...». Il segretario di Giovanni Paolo II, Stanislaw Dziwisz, oggi cardinale, ha scritto che quando pregava il Papa «dava l’impressione che stesse parlando con l’Invisibile». Mentre Benedetto XVI, l’anno scorso, in occasione del terzo anniversario della morte di Wojtyla, nel corso dell’omelia disse che il predecessore «nutriva una fede straordinaria in Cristo risorto e con lui intratteneva una conversazione intima, singolare e ininterrotta. Tra le tante qualità umane e soprannaturali aveva infatti anche quella di un’eccezionale sensibilità spirituale e mistica».
«Parlava» con Gesù e la Madonna. Aveva intrattenuto un rapporto mistico con Padre Pio, dopo quell’unico incontro avvenuto a San Giovanni Rotondo nella Pasqua del 1948, che Wojtyla definirà «primo» e «più importante incontro», nonostante non si sia mai più recato dal frate stimmatizzato prima della sua morte avvenuta nel 1968: un particolare che secondo Socci lascia intravedere la possibilità di altri «incontri» tra i due, ma di tipo mistico.
Alla luce di queste e molte altre testimonianze, l’autore presenta il pontificato wojtyliano inserendolo nella grande lotta tra Maria, «la Donna» dell’Apocalisse, e il «drago», cioè Satana. Una lotta che ha visto il ruolo decisivo del primo Papa slavo nella caduta incruenta del comunismo e nell’aver scongiurato, grazie alla consacrazione al cuore immacolato di Maria richiesto dall’apparizione a Fatima, una catastrofe nucleare a metà degli anni Ottanta. Una lotta che, si legge nell’ultimo capitolo del libro, non è finita, ma continua. E la stessa minaccia nucleare o batteriologica, scrive Socci, è forse più incombente oggi che durante la Guerra fredda. Anche per questo Wojtyla, nell’agosto 1997, dopo essere stato intravisto da un collaboratore mentre pregava disteso a terra e circondato da una strana luce soprannaturale, gli disse: «Se sapessi quello che so io anche tu passeresti la notte a pregare con me».

(fonte: www.ilgiornale.it)

La Beatitudine della trasparenza, come quella dei bambini..

(The Prayer (1865)William-Adolphe Bouguereau)


Beati i puri di cuore perché vedranno Dio (Mt. 5,8)



Questa possiamo chiamarla "beatitudine della trasparenza".
Si potrebbe anche tradurre: beati i limpidi nel loro cuore perché essi entreranno nell'intimità con Dio. E ancora: "Beati quelli che sono sinceri nel cuore, perché saranno sempre in presenza di Dio". Oppure: "Beati i semplici di cuore perché saranno in comunione con Dio".

lunedì 15 giugno 2009

"Prestito della Speranza"








A causa della crisi, oggi, sono le persone più deboli a soffrireil disagio più grande.
La Conferenza Episcopale ha promosso una Colletta Nazionale, il 31 maggio, in tutte le chiese italiane, per costituire il PRESTITO DELLA SPERANZA, fondo straordinario di garanzia di 30 milioni di euro, per le famiglie che la crisi ha lasciato senza reddito.



La crisi economica che ha investito l’Italia, e il mondo, richiede iniziative straordinarie da realizzare sia al livello locale che al livello nazionale. Sono infatti le “membra più deboli”, quelle che stanno soffrendo maggiormente, e senza colpa, degli effetti di questa grave situazione.
Le famiglie più numerose e monoreddito che, improvvisamente si sono viste private dell’unica fonte di sostentamento.

Per far fronte a questo delicata fase economica, la Conferenza Episcopale ha istituito un fondo nazionale straordinario di garanzia orientato alle necessità delle famiglie, lanciando una Colletta Nazionale il 31 maggio 2009 in tutte le diocesi e le parrocchie.

Si tratta di un gesto che esprime a livello nazionale e locale la carità da cui è animata sempre la Chiesa.


I destinatari del fondo


Perché l’intervento sia davvero efficace, non disperdendosi su più fronti, il fondo individua con precisione i potenziali destinatari di aiuto nelle famiglie in difficoltà: quelle con almeno tre figli (in età scolare, compresa l’università) o gravate da malattie o disabilità, che abbiano perso la fonte di reddito per la perdita temporanea o anche definitiva del lavoro.

Si calcola che il numero delle famiglie in queste situazioni sia tra le venti e le trentamila. Il fondo è istituito d’intesa con l’Associazione Bancaria Italiana (ABI), che ha proposto alle principali banche di aderire all’iniziativa. Non eroga direttamente denaro, ma costituisce un capitale a garanzia degli interventi da parte degli istituti di credito aderenti. Si affianca, senza sostituirla, all’attività svolta abitualmente dalle Caritas diocesane e da analoghe iniziative promosse dalle diocesi.


Come funziona

Il fondo sarà attivo a partire dal 1° settembre 2009.
Le parrocchie indicano i possibili destinatari del prestito alla Caritas diocesana o ai patronati cattolici, che attestano l’effettiva presenza dei requisiti richiesti secondo i criteri definiti a livello nazionale, e segnalano la banca a cui rivolgersi.
La banca avvia in tempi molto brevi l’iter per concedere il prestito, che sarà erogato mensilmente.
La modalità di intervento prevede che a ciascuna famiglia sarà erogato un contributo massimo di € 500 mensili per un anno, per un totale di € 6.000.
Il contributo potrà essere prorogato per un secondo anno e per lo stesso importo, se permangono le condizioni di necessità iniziali. Se viene meno lo stato di necessità, l’erogazione viene sospesa.
La restituzione del prestito alla banca inizierà nel momento in cui la famiglia disporrà nuovamente di un reddito certo, e comunque non prima di uno o due anni, e avrà la durata massima di cinque anni.

Per maggiori info:
http://www.prestitodellasperanza.it/index.html

venerdì 12 giugno 2009

Il Papa: no ad un culto eucaristico formale e vuoto




"Non bisogna dare per scontata la fede nella reale presenza di Cristo nellEucaristia"
. Lo ha detto il Papa ieri sera nellomelia della Messa nella solennità del Corpo e Sangue del Signore, sul sagrato della basilica di san Giovanni in Laterano.

"Oggi cè il rischio di una secolarizzazione strisciante anche allinterno della Chiesa, che può tradursi in un culto eucaristico formale e vuoto, in celebrazioni prive di quella partecipazione del cuore che si esprime in venerazione e rispetto per la liturgia. E' sempre forte la tentazione di ridurre la preghiera a momenti superficiali e frettolosi, lasciandoci sopraffare dalle attività e dalle preoccupazioni terrene"...

"La Liturgia...non deve esprimere l’attualità e il suo effimero, ma il Mistero del Sacro."



Estratto da V. MESSORI, Rapporto sulla Fede.

Vittorio Messori a colloquio con il cardinale Joseph Ratzinger.

(Ed. San Paolo, 1985, p. 123 ss.)



« ...Pertanto – esortava il professor Ratzinger – ci si deve opporre, più decisamente di quanto sia stato fatto finora, all’appiattimento razionalistico, ai discorsi approssimativi, all’infantilismo pastorale che degradano la liturgia cattolica al rango di circolo di villaggio e la vogliono abbassare a un livello fumettistico. Anche le riforme già eseguite, specialmente riguardo al rituale, devono essere riesaminate sotto questi punti di vista ».


Mi ascolta, con l’attenzione e la pazienza consuete, mentre gli rileggo queste sue parole. Sono passati dieci anni da allora, l’autore di una simile messa in guardia non è più un semplice studioso, è il custode dell’ortodossia stessa della Chiesa. Il Ratzinger di oggi, Prefetto della fede, si riconosce ancora in questo brano?


« Interamente – non esita a rispondermi –. Anzi, da quando scrivevo queste righe altri aspetti che sarebbero stati da salvaguardare sono stati accantonati, molte ricchezze superstiti sono state dilapidate. Allora, nel 1975, molti colleghi teologi si dissero scandalizzati, o almeno sorpresi, dalla mia denuncia. Adesso, anche tra loro, sono numerosi quelli che mi hanno dato ragione, almeno parzialmente ». Si sarebbero cioè verificati ulteriori equivoci e fraintendimenti che giustificherebbero ancor più le parole severe di sei anni dopo, nel libro recente che citavamo: « Certa liturgia post-conciliare, fattasi opaca o noiosa per il suo gusto del banale e del mediocre, tale da dare i brividi...


La lingua, per esempio...


Per lui, proprio nel campo liturgico – sia negli studi degli specialisti che in certe applicazioni concrete – si constaterebbe « uno degli esempi più vistosi di contrasto tra ciò che dice il testo autentico del Vaticano II e il modo con cui è stato poi recepito e applicato ».

Esempio sin troppo famoso, si sa (ed esposto al rischio di strumentalizzazioni), è quello dell’impiego del latino, sul quale il testo conciliare è esplicito: « L’uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini » (Sacrosanctum Conciliurn, n. 36). Più avanti, i Padri raccomandano: « Si abbia (...) cura che i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell’Ordinario della Messa che spettano ad essi » (n. 54). Più avanti ancora, nello stesso documento: « Secondo la secolare tradizione del rito latino, per i chierici sia conservata nell’Ufficio divino la lingua latina » (n. 101).

[..]

Lo vedo scuotere il capo: «Che vuole, anche questo è tra i casi di una sfasatura – purtroppo frequente in questi anni – tra il dettato del Concilio, la struttura autentica della Chiesa e del suo culto, le vere esigenze pastorali del momento e le risposte concrete di certi settori clericali. Eppure la lingua liturgica non era affatto un aspetto secondario. All’origine della frattura tra Occidente latino e Oriente greco c’è anche una questione di incomprensione linguistica. È probabile che la scomparsa della lingua liturgica comune possa rafforzare le spinte centrifughe tra le varie aree cattoliche ».

[..]

« La liturgia non è uno show, uno spettacolo che abbisogni di registi geniali e di attori di talento. La liturgia non vive di sorprese “simpatiche”, di trovate “accattivanti”, ma di ripetizioni solenni. Non deve esprimere l’attualità e il suo effimero ma il mistero del Sacro. Molti hanno pensato e detto che la liturgia debba essere “fatta” da tutta la comunità, per essere davvero sua. È una visione che ha condotto a misurarne il “successo” in termini di efficacia spettacolare, di intrattenimento. In questo modo è andato però disperso il proprium liturgico che non deriva da ciò che noi facciamo, ma dal fatto che qui accade Qualcosa che noi tutti insieme non possiamo proprio fare. Nella liturgia opera una forza, un potere che nemmeno la Chiesa tutta intera può conferirsi: ciò che vi si manifesta è l’assolutamente Altro che, attraverso la comunità (che non ne è dunque padrona ma serva, mero strumento) giunge sino a noi ».

Continua: « Per il cattolico, la liturgia è la Patria comune, è la fonte stessa della sua identità: anche per questo deve essere “predeterminata”, “imperturbabile”, perché attraverso il rito si manifesta la Santità di Dio. Invece, la rivolta contro quella che è stata chiamata “la vecchia rigidità rubricistica”, accusata di togliere “creatività”, ha coinvolto anche la liturgia nel vortice del “fai-da-te”, banalizzandola perché l’ha resa conforme alla nostra mediocre misura ».

C’è poi un altro ordine di problemi sul quale Ratzinger vuole richiamare l’attenzione: « Il Concilio ci ha giustamente ricordato che liturgia significa anche actio, azione, e ha chiesto che ai fedeli sia assicurata una actuosa participatio, una partecipazione attiva ».


Mi sembra ottima cosa, dico.


« Certo – conferma –. E un concetto sacrosanto che però, nelle interpretazioni postconciliari, ha subito una restrizione fatale. Sorse cioè l’impressione che si avesse una “partecipazione attiva” solo dove ci fosse un’attività esteriore, verificabile: discorsi, parole, canti, omelie, letture, stringer di mani... Ma si è dimenticato che il Concilio mette nella actuosa participatio anche il silenzio, che permette una partecipazione davvero profonda, personale, concedendoci l’ascolto interiore della Parola del Signore. Ora, di questo silenzio non è restata traccia in certi riti »...


(fonte: www.messainlatino.it)



mercoledì 10 giugno 2009

G. Paolo II si oppose ai tentativi di includere l'analisi marxista nella dottrina sociale della Chiesa nell'ambito della teologia della liberazione..


A trent'anni di distanza il cardinale Stanislaw Dziwisz racconta il primo viaggio di Giovanni Paolo II in Polonia

E al ritorno il Papa
dormì quattordici ore filate


Dopo quella visita i polacchi hanno drizzato la schiena
E il presidente Reagan telefonò al Pontefice che i sovietici non si potevano permettere di invadere il Paese

A trent'anni dalla prima visita di Giovanni Paolo II in Polonia, il cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo metropolita di Cracovia, ha rilasciato una lunga intervista all'agenzia cattolica polacca Kai. Riportiamo integralmente il testo pubblicato in buona parte da "Avvenire" il 31 maggio in un servizio curato da Luigi Geninazzi.

di Marcin Przeciszewski e Tomasz Królak

Il 10 giugno di trent'anni fa si concludeva il primo pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Polonia. Stanislaw Dziwisz, come segretario personale del Papa, fu il più diretto testimone di tutti i preparativi all'evento. Al cardinale arcivescovo di Cracovia abbiamo chiesto un ricordo di quel viaggio.

Quando Giovanni Paolo II cominciò a pensare a una possibile visita nella sua patria?

Già da cardinale Karol Wojtyla dava grande importanza al novecentesimo anniversario della morte di san Stanislao e da tempo preparava le celebrazioni. Aveva trasmesso gli inviti a tutti i cardinali che partecipavano al conclave dell'agosto 1978 e subito dopo invitò a Cracovia anche Giovanni Paolo I. Perciò, fin dal momento della sua elezione al soglio di Pietro, è stato per lui ovvio fare tutto il possibile per venire in Polonia a celebrare l'anniversario. Sentiva l'essere a Cracovia come un dovere morale anche se si rendeva conto che non sarebbe stato facile da realizzare.

Pensava che le autorità comuniste polacche non avrebbero facilmente ingoiato un simile boccone?

Quando hanno saputo di questa richiesta i governanti polacchi hanno reagito negativamente. Ma intanto Giovanni Paolo II aveva ricevuto l'invito a visitare il Messico. Lo accolse con piacere. Per lui l'America Latina era molto importante in relazione alla teologia della liberazione, al tentativo di percepire la dottrina sociale della Chiesa nell'ottica dell'ideologia marxista. E diceva: se posso andare in Messico, un Paese che ha la costituzione più anticlericale del mondo, allora anche il Governo polacco non potrà dirmi di no. Si ricordava bene che le autorità comuniste non avevano permesso la visita di Paolo VI. Intuiva però che a lui non avrebbero potuto impedirlo.

Quando iniziarono le trattative?

Abbastanza presto. Il negoziato fu condotto dal segretario della Conferenza episcopale polacca, monsignor Bronislaw Dabrowski. Alla fine Varsavia diede il via libera ma a una condizione: la visita del Papa non doveva avvenire in coincidenza con l'anniversario di san Stanislao, a maggio. Il Santo Padre rispose: va bene, vuol dire che arriverò il mese dopo, a giugno.

E per quanto riguarda l'itinerario della visita, ci furono difficoltà?

Venne stabilito che il Papa non sarebbe potuto andare al di là della Vistola, nelle regioni della Polonia orientale. E fu esclusa anche la Slesia. In linea di massima le autorità volevano che la visita fosse il più breve possibile e molto limitata negli spostamenti.

Alla fine le difficoltà furono superate. Giovanni Paolo II pensava alle possibili ripercussioni del suo viaggio? Si rendeva conto che sarebbe stato così determinante per il corso degli eventi in Polonia?

Nessuno le poteva prevedere. Lui era convinto che la nazione polacca, così fortemente radicata nella fede, meritasse la visita del Papa. Oggi senza dubbio possiamo dire che il suo primo pellegrinaggio in Polonia è stato il più importante di tutti i viaggi papali perché ha innescato un processo di cambiamenti incredibili a livello mondiale. Tutto iniziò in quei giorni.

Come si preparò il Papa a questo viaggio?

Scrisse da solo tutti i testi dei discorsi e delle omelie. Il ruolo della sezione polacca della Segreteria di Stato fu solo quello di controllare le citazioni. Non usava nessun appunto, gli bastava la memoria. Era organizzato in modo perfetto e scriveva molto velocemente: un lungo discorso non gli prendeva più di un'ora e mezzo di preparazione. Per un discorso breve bastava un'ora. E leggeva moltissimo. Riusciva a fare più cose contemporaneamente.

Il tema principale del pellegrinaggio fu l'effusione dello Spirito Santo. Venne richiamato in quasi tutti i discorsi del Papa. Fu una scelta consultata con i collaboratori?

Giovanni Paolo II era un visionario, come molti artisti. Sapeva cosa dire e cosa la nazione aspettava che dicesse. Sapeva presentare questi temi alla luce della fede e dell'insegnamento della Chiesa. In più il periodo coincideva con la Pentecoste.

Ma Giovanni Paolo II si rendeva conto che il discorso pronunciato a Gniezno - là dove affermava che la missione del Papa slavo era quella di far riscoprire all'Europa l'unità fra Occidente e Oriente - metteva in discussione l'Ostpolitik vaticana che di fatto accettava la situazione esistente?

Giovanni Paolo II ha sempre rifiutato la dottrina del "compromesso storico" secondo cui l'Occidente e anche la Chiesa avrebbero dovuto considerare il marxismo come un elemento decisivo dello sviluppo della storia. Lui era convinto che il futuro non appartenesse né al marxismo né alla lotta di classe. In questo senso cambiò decisamente la politica vaticana. Il cambiamento di prospettiva ha fatto riflettere molti ambienti e chiedersi se realmente il marxismo fosse così forte. Con la stessa determinazione Giovanni Paolo II si oppose ai tentativi di includere l'analisi marxista nella dottrina sociale della Chiesa nell'ambito della teologia della liberazione. Per lui lo sviluppo dell'umanità passava per la possibilità di scegliere e i diritti dell'uomo. Lui era a favore dei diritti della persona e dell'intoccabile dignità dell'uomo. Il discorso di Gniezno segnò l'inizio della caduta della cortina di ferro che allora divideva l'Europa. Il crollo del Muro è cominciato lì, non a Berlino!

Ma non c'erano preoccupazioni anche in Vaticano per il fatto che Giovanni Paolo II stesse andando troppo lontano?

Una così forte dichiarazione a favore di questi diritti ha in effetti spaventato alcuni, fra i quali anche uomini di Chiesa.

Non le dispiace che oggi tutti parlino del Muro di Berlino e non di Gniezno o di Solidarnosc?

Bisogna parlare di fatti storici. La caduta del Muro era la conseguenza del processo iniziato nel 1979 in Polonia, e ripeto: lo smantellamento della cortina di ferro cominciò il 3 giugno 1979 a Gniezno.

A Cracovia, nel corso di quel primo viaggio, il Papa si affacciò alla finestra dell'arcivescovado parlando con i giovani, un dialogo che si sarebbe poi ripetuto a ogni sua visita in Polonia. Fu qualcosa di programmato?

No, fu un'iniziativa assolutamente spontanea. Migliaia di persone aspettavano sotto la finestra e chiamavano il Papa. Bisognava in qualche modo farsi vedere. Il Santo Padre prese la decisione da solo, contro qualcuno del suo entourage che lo sconsigliava per motivi di sicurezza.

A suo avviso, qual è il senso più profondo del suo primo pellegrinaggio in Polonia?

Dopo questa visita la Polonia non è stata più la stessa. La gente ha drizzato la schiena, non aveva più paura.

Solidarnosc nacque come frutto naturale di questa liberazione?

Giovanni Paolo II ha liberato l'energia interiore del popolo. In questo senso ha posto le basi spirituali per la nascita di Solidarnosc l'anno dopo.

Al suo rientro in Vaticano Giovanni Paolo II fece qualche commento sulla visita?

Non diceva nulla perché aveva perso la voce. Al suo rientro era molto stanco, dormì per quattordici ore filate.

Parliamo dello stato di guerra, introdotto dal generale Jaruzelski nel dicembre 1981. Quale fu la reazione del Papa?

Giovanni Paolo II raramente dimostrava la sua preoccupazione. Però alzò forte la voce nella basilica di San Pietro alla presenza della delegazione polacca con alla testa il presidente Jablonski. Questo avvenne nell'ottobre del 1982 in occasione della canonizzazione di padre Kolbe. Il Papa disse: "La nazione non si merita quello che gli avete fatto".

Ma Giovanni Paolo II aveva preso in considerazione la possibilità di un'invasione sovietica della Polonia?

Nessuno la prendeva seriamente in considerazione, dato che i sovietici erano già impegnati in Afghanistan. Sapevamo che l'Unione Sovietica non se lo poteva permettere. Su questo avevamo notizie precise direttamente dalla Casa Bianca, le abbiamo ricevute da Zbigniew Brzezinski (all'epoca consigliere per la sicurezza nazionale, ndr) e dallo stesso presidente Reagan il quale chiamò personalmente il Papa.

Qual era il rapporto di Giovanni Paolo II con il generale Jaruzelski? Lui continua a dire che lo stato di guerra fu il male minore rispetto all'invasione sovietica.

Il Papa non ha mai accolto una simile interpretazione. Rispettava l'intelligenza e la cultura di Jaruzelski ma non era d'accordo con lui su nulla. Il generale guardava esclusivamente a Est. Al contrario di Edward Gierek, il quale salutando il Papa alla fine del suo viaggio disse: "Qui a Varsavia soffiano i venti dell'Est e dell'Ovest. Santo Padre, lei sostenga quelli dell'Ovest".

Passiamo all'attualità. Per quando ci possiamo aspettare la canonizzazione di Giovanni Paolo II?

Questo dipende direttamente da Benedetto XVI. Mi sembra comunque che le cose vadano molto bene. Il procedimento per il miracolo è già in moto. E sarà decisivo il riconoscimento dell'eroicità delle virtù di Karol Wojtyla. Speriamo che il diavolo non ci metta la coda.

Lei, Eminenza, ha sentito qualche volta la presenza del diavolo?

Sì, l'ho sentita. Nel modo più forte quando il diavolo è stato scacciato da una giovane donna. Ero presente, so cosa vuol dire. È terribile avvertire la presenza di una forza così grande e incontrollabile. Ho visto come la maltrattava fisicamente, ho sentito la voce con cui lei gridava. Accadde dopo un'udienza generale. Giovanni Paolo II recitò gli esorcismi, ma niente. Allora disse che il giorno dopo avrebbe celebrato la messa secondo le intenzioni di questa ragazza. E dopo questa messa lei improvvisamente si ritrovò come fosse un'altra persona, tutto era sparito. Prima non ci credevo, pensavo si trattasse di una malattia psichica. Invece Satana esiste.

E come riconoscere la sua presenza nel mondo?

Satana esiste, anche se l'ideologia dominante ritiene che siano tutte favole. Oggi il demonio lavora affinché gli uomini credano che lui non esiste. È un metodo quanto mai perfido.


(©L'Osservatore Romano - 10 giugno 2009)

lunedì 8 giugno 2009

«Se si toglie il Sacramento dell'Eucaristia dalla Chiesa non vi sarà che orrore e infedeltà e il popolo cristiano sarà come un gregge disperso»


San Bonaventura e l’Eucaristia

San Bonaventura, il dottore serafico, è uno dei figli del Serafico Padre che si è distinto non solo per la pietà ma anche per la dottrina eucaristica.

Nei suoi scritti si legge che bisogna esaminarsi con quale fede, con quanta carità, con quale intenzione, per quale fine si ci accosta alla santa Comunione.
Bisogna fermamente credere, come insegna la Chiesa, che appena il sacerdote ha pronunciato le parole della Consacrazione sotto gli accidenti del pane si vela il Corpo di Gesù. È lo stesso Corpo di Gesù che si incarnò nel seno della Vergine Maria, che fu flagellato, che fu coronato di spine e fu crocifisso.
Gesù è Dio, ha un'anima razionale, ha versato anche il suo Sangue per la Redenzione, sotto le specie del vino possiamo adorare il Sangue di Gesù. È ammirabile che Dio abbia scelto elementi così semplici ma essenziali come il pane e il vino per la Consacrazione, ma niente è a caso: questi elementi richiamano la dolorosa Passione di Gesù: il pane, fatto di farina, ottenuto dalla macinazione dei chicchi di grano fa pensare al Corpo martoriato di Gesù. Il vino, ottenuto dalla macinazione dei chicchi di uva, richiama alla mente il Sangue versato da Gesù.
Non bisogna dubitare: nell'Ostia e in ogni frammento è presente tutto Gesù.
La fede, dice il Santo, deve vincere 7 avversari: i cinque sensi che non avvertono la presenza di Gesù, l'immaginazione che non riesce ad immaginare come possa nascondersi in un'Ostia così piccola, e la stessa ragione che non riesce a capire come lo stesso Corpo possa trovarsi simultaneamente in luoghi diversi.
In secondo luogo bisogna esaminare la propria coscienza: non solo le azioni, ma anche le parole, le omissioni e i pensieri; bisogna accostarsi alla Mensa Eucaristica non solo senza peccato mortale nell'anima, ma con l'intenzione di non peccare, di non offendere lo sguardo di Colui che è il Santo dei Santi.
In terzo luogo bisogna esaminare con quanta carità e con quale fervore si riceve Gesù, cercando per quanto è possibile di eliminare ogni negligenza, dissipazione e leggerezza. È necessario ricevere Gesù con devozione, riverenza e un'accurata preparazione ricordando l'ammonimento di san Paolo che dice che chi mangia indegnamente il Corpo e il Sangue di Gesù mangia e beve la propria condanna.
È necessario, per infiammarsi nell'amore, considerare che se Dio ci ha dato una prova del suo amore nell'Incarnazione e nella Passione e Morte, una maggiore prova ci ha dato nell'istituire il Sacramento dell'Eucaristia.
Chi vuole degnamente ricevere Gesù deve avere il desiderio della vita eterna consapevole di quanto dice Gesù: «chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue ha la vita eterna» (Gv 6,54).
In quarto luogo il Santo rivolto ai sacerdoti dice che nel celebrare devono avere tre fini: adorare Dio, aiutare la chiesa e rinnovare la memoria della morte di Gesù. Nella Messa il ricordo della Passione di Gesù deve accompagnarci per cui si richiede un comportamento devoto, una decenza nel vestire, il leggere con attenzione, senza fretta. Purtroppo si assistono a Messe anche di 15 minuti.
Il Santo dice che uno degli effetti della santa Comunione è il distacco dalle cose della terra per amare sempre più Dio. Inoltre chi si avvicina a questo Sacramento sente crescere sempre più il desiderio di Dio.
Accostarsi alla santa Comunione vuol dire accostarsi alla fonte di ogni grazia, anzi all'Autore della salute, a Colui che è il medico delle nostre anime, che può guarirci da ogni male.
È interessante questa frase del Santo: «Se si toglie il Sacramento dell'Eucaristia dalla Chiesa non vi sarà che orrore e infedeltà e il popolo cristiano sarà come un gregge disperso».
È questa la risposta a tanti interrogativi, al perché di tante miserie morali, di tanti obbrobri, dei terribili fatti di cronaca che sembrano non scuotere più la coscienza, dei milioni di aborti al giorno che passano nel silenzio. Questo succede, quando si fa a meno del Signore.

Non mettiamo da parte l'Eucaristia e vedremo tanto meno male e tanto più bene nel mondo.

domenica 7 giugno 2009

Festa della Santissima Trinità

(SS.Trinità - Andrej Rublev - 118x146)


" Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen ! "


Gesù disse : " ...Andate dunque, ammaestrate tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho ordinato. Ed ecco: Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo... " (Mt 28, 19-20)


***


Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e della vita cristiana. E' il mistero di Dio in se stesso. E' quindi la sorgente di tutti gli altri misteri della fede; è la luce che li illumina. E' l'insegnamento più fondamentale ed essenziale nella gerarchia delle verità di fede. Tutta la storia della salvezza è la storia del rivelarsi del Dio vero e unico : Padre , Figlio e Spirito Santo , il quale libera, riconcilia e unisce a sé coloro che sono separati dal peccato. Attraverso le missioni divine del Figlio e dello Spirito Santo , Dio Padre realizza il suo benevolo disegno di creazione , redenzione e santificazione . Il fine ultimo dell'intera Economia divina è che tutte le creature entrino nell'unità di amore perfetta della Beatissima Trinità .

Se siete infelici non rimproveratelo a Me!


Io sono la luce
e voi non Mi vedete.

Io sono la via
e voi non Mi seguite.

Io sono la verità
e voi non mi credete.

Io sono la vita
e voi non mi cercate.

Io sono il Maestro
e voi non mi ascoltate.

Io sono il capo
e voi non mi obbedite.

Io sono il vostro Dio
e voi non mi pregate.

Io sono il vostro grande amico
e voi non mi amate.

Hai ragione Gesù, troppo poco di ricordiamo e troppo poco ti amiamo, per questo siamo infelici. Ma le Tue braccia aperte ci invitano al Tuo Cuore e ci assicurano il perdono.
Nel Tuo Cuore, fonte di luce, ritroveremo la forza per seguirTi Via, Verità e Vita; la grazia per ascoltarTi Capo e Maestro; la gioia per amarTi Dio di Amore, Amico di quanti confidano in TE!

venerdì 5 giugno 2009

19 Giugno 2009 - Festa del Sacro Cuore di Gesù


(In preparazione a questa incommensurabile Festa per ogni cristiano)




LE DODICI PROMESSE DI GESÙ AI DEVOTI DEL SUO SACRO CUORE

(Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque)

1. Darò loro tutte le grazie necessarie al loro stato.

2. Metterò la pace nelle loro famiglie.

3. Li consolerò in tutte le loro pene.

4. Sarò loro rifugio sicuro durante la vita e soprattutto alla loro morte.

5. Spargerò abbondanti benedizioni su tutte le loro imprese.

6. I peccatori troveranno nel mio Cuore la fonte e l'oceano infinito della misericordia.

7. Le anime tiepide diventeranno ferventi.

8. Le anime ferventi si eleveranno a grande perfezione.

9. Benedirò le case dove l'immagine del mio Sacro Cuore sarà esposta e onorata.

10. Darò ai sacerdoti il dono di toccare i cuori più induriti.

11. Le persone che propagheranno questa devozione avranno il loro nome scritto nel mio Cuore, dove non sarà mai cancellato.


12. Io prometto nell'eccesso della misericordia del mio Cuore che il mio amore onnipotente concederà a tutti quelli che si comunicheranno il primo venerdì del mese per nove mesi consecutivi la grazia della penitenza finale. Essi non moriranno in mia disgrazia, né senza ricevere i Sacramenti, e il mio Cuore sarà loro rifugio sicuro in quell'ora estrema.



Offerta della giornata al Sacro Cuore di Gesù


Cuore Divino di Gesù, io ti offro per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, in unione al Sacrificio Eucaristico, le preghiere, le azioni, le gioie e le sofferenze di questo giorno in riparazione dei peccati e per la salvezza di tutti gli uomini, a gloria del Divin Padre. Amen.


Atto di Consacrazione al Sacro Cuore




Il tuo Cuore, o Gesù, è asilo di pace, il soave rifugio nelle prove della vita, il pegno sicuro della mia salvezza. A Te mi consacro interamente, senza riserve, per sempre. Prendi possesso, o Gesù, del mio cuore, della mia mente, del mio corpo, dell'anima mia, di tutto me stesso. I miei sensi, le mie facoltà, i miei pensieri ed affetti sono tuoi. Tutto ti dono e ti offro; tutto appartiene a te. Signore, voglio amarti sempre più, voglio vivere e morire di amore. Fa o Gesù, che ogni mia azione, ogni mia parola, ogni palpito del mio cuore siano una protesta di amore; che l'ultimo respiro sia un atto di ardentissimo e purissimo amore per te.



martedì 2 giugno 2009

Dialogo tra un bambino ed il Papa.



31 Maggio 2009

Il segno

Piccolo, scandaloso dialogo tra un bambino e il Papa

Dialogo fra il Papa e un bambino. « Ma tu, avevi mai pensato di diventare Papa? » E lui, Benedetto: « Non me lo sarei mai immaginato. Ancora ho difficoltà a capire come il Signore abbia pensato a me, destinato proprio me a questo ministero, ma lo accetto dalle sue mani, anche se è una cosa che va molto oltre le mie forze. Ma il Signore mi aiuta » .

Accade spesso, e chi ha figli lo sa, che siano i bambini a fare le domande più autentiche: quelle che mettono a nudo, e costringono a guardarsi dentro. Ma tu, avevi mai immaginato di diventare Papa? No, ha sorriso Benedetto XVI, riandando col pensiero a sé, bambino nella Germania della guerra: « Ero un ragazzo abbastanza ingenuo, in un piccolo paese » . Ma il giovane interlocutore ha spinto il Papa ancora oltre nella sincerità. Quell’ « ancora ho difficoltà a capire perché il Signore abbia scelto proprio me » sa di un interrogarsi interiore lungamente frequentato, dal giorno dell’elezione al soglio di Pietro; forse già dalle ore in cui sapeva che i voti del Conclave convergevano sulla sua persona. « Perché proprio me? Questo compito va oltre le mie forze » . Il segreto lavorio della coscienza del Papa, rivelato dalla domanda di un ragazzino.

E ci sarà forse chi se ne stupisce, e chi se ne smarrisce: il Papa, che avverte il suo compito superiore alle sue forze? Che si domanda perché è toccato proprio a lui? Certo, è difficile immaginare che si pongano questa stessa domanda i capi delle nazioni, e i presidenti delle multinazionali che governano il mondo. Non hanno di queste inquietudini, solitamente, gli uomini che praticano il potere. E se proprio qualcuno glielo chiedesse, se fossero sinceri direbbero: sono qui perché sono il migliore, il più intelligente, il più abile, il più scaltro. Sono qui per il mio merito e per la decisione con cui ho costruito il mio personale progetto. E invece l’uomo che siede sul soglio pontificio ragiona in tutta un’altra prospettiva.

Quella di chi è stato scelto per un compito, che non immaginava e a lui stesso pareva troppo gravoso. Quella di chi, tuttavia, aderisce ad un disegno non suo: certo che Dio lo aiuta. La differenza di sguardo contenuta in quella breve risposta, è radicale. È lo scarto fra la vita intesa come un proprio autocentrato progetto, o invece come un disegno di Dio, cui liberamente aderire. Nel ' mondo' è così obbligatoria e diffusa la prima prospettiva – la tensione a seguire se stessi, le proprie inclinazioni, e il denaro, la gloria, il potere – che la risposta del Papa a qualcuno potrà sembrare quasi incomprensibile. Invece quest’uomo ci dice semplicemente che, lì dove è seduto, non ci si è portato da sé, né ha lavorato in tal senso.

Ci è stato chiamato, messo, da un disegno altrui e sconosciuto, cui pure ha consentito, per servire la Chiesa. Perché i cristiani sanno che c’è un disegno per ciascuno: umile, apparentemente comune, o straordinario, ma in nessun caso irrilevante. La risposta dell’uomo a questo disegno si chiama vocazione: ciascuno ha la propria, ognuno è chiamato a un compito, in cui realizzerà la propria vita. Non solo per sé, ma per gli altri. Ogni vita è servizio per gli altri. Ora, oggi questa idea dell’umano destino può apparire sorprendente e scandalosa, nel tempo in cui libertà è solo culto e soddisfazione di inclinazioni, gusti, o di mode.

Per il cristiano invece il destino è in un ' sì'; in fin dei conti, in una obbedienza. Ma questa parola da molti anni non piace: vecchia, impronunciabile, proibita. Che assurdità: il nostro destino, ce lo fabbrichiamo solo da noi. E Dio, se anche c’è, è un Dio che con la nostra vita, quella di ogni mattina, non c’entra. «Ancora ho difficoltà a capire come il Signore abbia potuto pensare a me…» Piccolo, scandaloso dialogo, a Roma, tra un bambino e un Cristiano.

Marina Corradi
(fonte: Avvenire.it)