... Sono lì perché non ci sono più genitori che si sentano investiti di un ruolo di responsabilità. Genitori che accettino il compito ingrato di educare i figli, di sopportare, senza deflettere, le loro ribellioni, le malinconie, le minacce. Che non considerino i figli come un oggetto simpatico e piacevole che hanno acquistato, che li deve gratificare con l’amore e l’allegria, ma che non richiede un minimo di fatica e sacrificio.
Articolo tratto dall’Osservatore romano
I ragazzi che in queste calde notti di estate muoiono o si sentono male, quelli che affollano gli ospedali dei centri balneari in coma etilico — senza contare quanti stanno male in silenzio, senza farlo sapere agli altri, forse perché troppo deboli anche per farsi assistere — fanno davvero molta pena. Anche perché sono solo molto parzialmente responsabili di quello che fanno. Soprattutto quando, come nel caso della ragazzina morta Messina, hanno un’età giovanissima.
Piuttosto bisogna considerarli come caduti sul campo della crisi che sta attraversando la famiglia: sono lì perché non ci sono più genitori che si sentano investiti di un ruolo di responsabilità. Genitori che accettino il compito ingrato di educare i figli, di sopportare, senza deflettere, le loro ribellioni, le malinconie, le minacce. Che non considerino i figli come un oggetto simpatico e piacevole che hanno acquistato, che li deve gratificare con l’amore e l’allegria, ma che non richiede un minimo di fatica e sacrificio.