domenica 22 giugno 2025

Corpus Domini: Il Trionfo del Dio Vivente e l’Appello alla Conversione del Cuore

 






Nel cuore del calendario liturgico della Chiesa cattolica, la Solennità del Corpus Domini (o Corpus Christi) brilla come un faro che richiama i fedeli all’adorazione del Mistero più alto e tremendo della nostra fede: la Presenza reale di Nostro Signore Gesù Cristo nell’Eucaristia. Non si tratta di una semplice commemorazione simbolica, né di una celebrazione tra le tante: il Corpus Domini è il trionfo del Dio vivente in mezzo agli uomini, il segno tangibile che Dio non ha abbandonato la Sua creatura, ma anzi ha scelto di rimanere realmente presente, con il Suo Corpo, il Suo Sangue, la Sua Anima e la Sua Divinità, nel Sacramento dell’Altare.

Le Origini: Un Miracolo contro il dubbio

La festa del Corpus Domini nacque nel XIII secolo, grazie al fervore e alla fede di Santa Giuliana di Cornillon, monaca agostiniana belga, la quale ebbe visioni in cui Cristo le chiedeva di istituire una festa speciale in onore del Santissimo Sacramento. Ma fu il Miracolo Eucaristico di Bolsena (1263) — in cui un sacerdote dubitante vide sgorgare sangue dall’ostia consacrata — a scuotere la Chiesa e a convincere Papa Urbano IV a istituire ufficialmente la solennità nel 1264 con la bolla Transiturus de hoc mundo.

Da allora, il Corpus Domini è diventato una dichiarazione pubblica della fede cattolica nella Presenza reale, celebrata con processioni solenni e adorazioni eucaristiche, in cui Cristo viene portato per le vie del mondo come un Re che reclama i Suoi sudditi, come un Dio che desidera ardentemente abitare in mezzo al Suo popolo.

Il Significato Teologico: Dio che si dona

La teologia cattolica ha sempre insegnato che nell’Eucaristia si compie il più grande mistero della fede: la transustanziazione. Il pane e il vino, per le parole della consacrazione pronunciate dal sacerdote agendo in persona Christi, cessano di essere ciò che appaiono e diventano realmente il Corpo e il Sangue di Cristo. Non un simbolo, non una metafora, ma una realtà ontologica.

In un’epoca come la nostra, afflitta dal relativismo, dalla superficialità e da una crescente secolarizzazione, questo Mistero risplende come un segno di contraddizione. Mentre il mondo corre dietro a idoli mutevoli e promesse effimere, l’Eucaristia grida silenziosamente la Verità eterna: Dio è con noi, Dio si fa nutrimento, Dio si offre per amore.

Un Appello Urgente per l’Uomo Moderno

Oggi, più che mai, l’uomo ha bisogno di Dio. In un mondo che esalta l’autosufficienza, che rifiuta la legge morale e che si affida alle fragili consolazioni del benessere materiale, l’Eucaristia appare come un rifugio e un’ancora. Essa è il banchetto che nutre l’anima affamata, è la forza per affrontare le prove della vita, è l’arma contro la disperazione e il peccato.

Ma quanta indifferenza verso questo Dono sublime! Quanti cuori, persino tra i battezzati, hanno dimenticato la centralità dell’Eucaristia! Le chiese si svuotano, la Messa domenicale viene trascurata, l’adorazione eucaristica è disertata. E peggio ancora: cresce una corrente di cattolicesimo “permissivo” e accomodante, che si allinea sempre più alla visione protestante, la quale nega la Presenza reale, riducendo l’Eucaristia a un gesto simbolico, a una semplice memoria.

Fede in Declino e la Deriva Protestante

Non possiamo tacere: una parte della Chiesa sembra oggi dimenticare la sua missione divina. Si moltiplicano le liturgie frettolose e desacralizzate, le comunioni distribuite con leggerezza, la perdita del senso del sacro. E mentre si parla di “inclusione” e di “modernizzazione”, si dimentica che la Messa non è uno spettacolo per intrattenere, ma il Sacrificio incruento di Cristo sul Calvario, reso presente sull’altare.

Il rischio è chiaro: la fede nella Presenza reale sta svanendo, e con essa si dissolve il cuore stesso del cattolicesimo. Una fede senza Eucaristia è una fede senz’anima. Un cattolicesimo che si piega alle mode del tempo non è più sale della terra, ma polvere calpestata.

L’Invito: Lasciarsi plasmare dall’Amore Eucaristico

Cari fratelli e sorelle, in questo Corpus Domini siamo chiamati a risvegliarci dal torpore, a inginocchiarci davanti al Tabernacolo, a riconoscere con umiltà e gratitudine il Dono immenso che ci è stato fatto. L’Eucaristia non è un premio per i giusti, ma la medicina per i malati, la speranza per i disperati, la gioia per gli afflitti.

Non possiamo restare spettatori distratti o fedeli tiepidi. Occorre ritrovare il silenzio dell’adorazione, la confessione sincera, la comunione fervorosa, la Messa vissuta con cuore contrito e spirito umile. Solo così il Dio vivente potrà rinnovare le nostre vite, le nostre famiglie, la nostra società.

Il Pane degli Angeli per l’uomo smarrito

Il Corpus Domini è un invito alla conversione, alla riscoperta del Dio che si è fatto pane per noi. È l’antidoto contro l’indifferenza, il rimedio al vuoto dell’anima moderna. Torniamo, dunque, con cuore contrito al Banchetto del Signore. Lasciamoci amare, nutrire, trasformare da Lui. E, come la tradizione della processione insegna, portiamolo nel mondo, affinché ogni ginocchio si pieghi e ogni cuore Lo riconosca: Veramente Tu sei presente, Signore Gesù, nel Santissimo Sacramento dell’Altare!

Adoremus in aeternum Sanctissimum Sacramentum.


martedì 10 giugno 2025

Pier Giorgio Frassati, il patrono del blog: Santo!



«Tu mi domandi se sono allegro; e come non potrei esserlo? Finché la fede mi darà la forza sarò sempre allegro…» (14 febbraio 1925)

A cento anni esatti dalla sua morte, avvenuta il 4 luglio 1925, il Beato Pier Giorgio Frassati sarà presto proclamato santo. L’annuncio ufficiale della canonizzazione fissata il giorno 7 Settembre 2025, in concomitanza con quella del beato Carlo Acutis, è giunto in questi giorni da Roma e ha suscitato una profonda commozione e gioia, in particolare tra i giovani cattolici di tutto il mondo, che da anni guardano a Pier Giorgio come a un modello di fede vissuta con pienezza, freschezza e coerenza.

Il miracolo riconosciuto

A rendere possibile la canonizzazione è stato il riconoscimento ufficiale di un miracolo attribuito alla sua intercessione: la guarigione inspiegabile di un bambino in Sud America, colpito da una grave patologia degenerativa. Dopo anni di indagini mediche e canoniche, la Commissione vaticana ha confermato la natura miracolosa della guarigione, avvenuta in modo repentino e definitivo, senza spiegazione scientifica. I genitori del bambino, devoti a P.Giorgio Frassati, avevano chiesto la sua intercessione durante un triduo di preghiera in parrocchia.

Una santità senza clamore

Pier Giorgio Frassati è un santo “dei tempi normali", non per straordinarie opere esteriori o imprese clamorose, ma per la straordinarietà con cui ha vissuto la sua vita ordinaria. Nato a Torino nel 1901 in una famiglia benestante, figlio del fondatore de La Stampa, visse un’esistenza breve ma intensa. Studente di ingegneria, appassionato di montagna, amante dell’arte e della lettura, fu un giovane totalmente immerso nella realtà del suo tempo, ma con lo sguardo fisso su Cristo.

Fu attivo nell’Azione Cattolica, nella Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli e nel movimento studentesco cattolico. Ogni giorno si alzava presto per andare a messa, dedicava tempo ai poveri e agli ultimi, lottava per la giustizia sociale e la dignità dell’uomo, in un periodo storico segnato da gravi tensioni sociali e politiche. E tutto questo senza mai ostentazione, ma con una semplicità disarmante, con il sorriso sulle labbra e la fede nel cuore.

Giovani in festa: "È uno di noi!"

La notizia ha fatto subito il giro delle parrocchie, dei gruppi giovanili, dei social. Tanti ragazzi hanno condiviso foto di Frassati con l’hashtag #VersoLAlto, la sua frase simbolo. Perché Pier Giorgio non è un santo irraggiungibile: è il segno che la santità è possibile anche oggi, in jeans e scarpe da ginnastica, tra scuola, amici, sport e sogni.

E la sua vita parla proprio a voi, a noi: a chi ha sete di giustizia, di amore vero, di un senso più profondo. Pier Giorgio non ha vissuto per sé, ma per qualcosa (e Qualcuno) di più grande. Ed è questo che lo ha reso felice davvero.

Un esempio che accende il cuore

In un mondo che spesso propone modelli vuoti, appariscenti e inaffidabili, Pier Giorgio è un modello solido e concreto: ha amato Dio senza vergognarsene, ha scelto la verità anche quando costava, ha servito i poveri senza farsi notare. Ha vissuto il Vangelo, semplicemente. E questo l’ha reso luminoso, credibile, contagioso.

E noi, oggi?

Questa canonizzazione è una chiamata per tutti. Non si tratta solo di celebrare un nuovo santo, ma di lasciarsi provocare dalla sua testimonianza. Perché la santità non è per pochi: è per tutti. È per te. Pier Giorgio ci guarda dall’alto – da quell’“Alto” che non è solo una cima da scalare, ma la meta verso cui tendere con tutta la vita. E ci dice: “Coraggio! Vivi la tua fede con gioia. Ama con concretezza. Sii luce dove sei”. Allora che aspetti? Non serve fare cose eclatanti. Basta iniziare da oggi, da dove sei.

Verso l’Alto… insieme a Pier Giorgio.



Lo Spirito che apre alla riconciliazione: l’attualità profetica della Pentecoste secondo Papa Leone XIV

 

credit foto @Vatican Media


Nel cuore della liturgia cristiana, la solennità di Pentecoste è forse uno degli eventi più potenti e attuali per comprendere il ruolo dello Spirito Santo nella vita del credente e del mondo. Nell’omelia pronunciata da Papa Leone XIV, il successore di Pietro ci offre una riflessione profonda e coraggiosa sul dono dello Spirito, capace di illuminare le coscienze e rispondere alle sfide del nostro tempo. Il pontefice parte da un’immagine cara alla tradizione patristica: «È spuntato a noi gradito il giorno nel quale […] il Signore Gesù Cristo […] inviò lo Spirito Santo» (S. Agostino). Questo “giorno gradito” non appartiene soltanto al passato: è un evento vivo, che si rinnova nella storia e continua a scuotere l’umanità come “un vento impetuoso”, “un fragore che ci risveglia”, “un fuoco che ci illumina”. In un’epoca in cui gli uomini vivono isolati, chiusi nel proprio io, smarriti nella confusione di parole e opinioni, la discesa dello Spirito è un annuncio di risurrezione per tutti.

La Chiesa come spazio di comunione

Pentecoste non è solo il "compleanno" della Chiesa: è la sua rigenerazione continua nello Spirito. Come ricorda Papa Leone XIV, è proprio l’irruzione dello Spirito nel Cenacolo a trasformare un gruppo impaurito e chiuso in sé stesso in una comunità viva, coraggiosa, missionaria. Questo miracolo originario non è relegato al passato. Ogni volta che la Chiesa si apre allo Spirito, torna ad essere ciò che è: spazio di comunione, luogo in cui l’umanità può incontrare Dio e riconoscersi famiglia.

Ma perché ciò avvenga, la comunione deve prima di tutto iniziare dentro ciascuno di noi. “Lo Spirito apre le frontiere anzitutto dentro di noi”, afferma il Papa. È qui il punto decisivo: prima di costruire ponti verso gli altri, occorre abbattere i muri che abbiamo eretto dentro il nostro cuore. Paure, delusioni, rancori, dipendenze, ferite antiche… Ogni persona porta dentro di sé una storia spesso segnata da chiusure, da sofferenze non guarite, da un senso di solitudine e inadeguatezza che impedisce di aprirsi sinceramente all’incontro.

Ed è proprio qui che lo Spirito Santo si manifesta come Medico divino. Non con la forza, non con la violenza, ma come un fuoco dolce e ardente, che penetra negli anfratti dell’anima per risanare, liberare, rigenerare. Il cuore umano, quando non si lascia toccare da Dio, si indurisce, si difende, si ammala. Ma dove si fa spazio allo Spirito, lì iniziano a sgorgare le lacrime della guarigione, il perdono tanto atteso, la riconciliazione con sé stessi e con la propria storia.

lunedì 2 giugno 2025

Il Matrimonio: Canone dell’Amore, Fondamento della Speranza — Riflessione sull’Omelia di Papa Leone XIV




Nel cuore di un mondo che sembra voler disgregare ogni legame autentico e smantellare ogni forma di appartenenza stabile, le parole di Papa Leone XIV risuonano come un richiamo profetico alla verità del Vangelo e alla bellezza del disegno di Dio sull’uomo e sulla donna. In una recente omelia, il Pontefice ha parlato con forza e tenerezza dell’importanza della famiglia, ricordandoci che essa è «il canone del vero amore», non un’utopia irraggiungibile, ma la concreta via attraverso cui Dio continua a benedire l’umanità.

Il matrimonio: via della felicità, non utopia

Nell’epoca del relativismo, dove ogni forma di legame sembra sottoposta al giudizio arbitrario del “sentire personale”, il matrimonio sacramentale viene spesso visto come una costrizione, un vincolo arcaico. Eppure, il Papa ci ricorda che il matrimonio «non è un ideale» ma «il canone del vero amore tra l’uomo e la donna: amore totale, fedele, fecondo». In queste parole riecheggia l’insegnamento dell’Humanae Vitae di Paolo VI, che riconosce nel sacramento non solo una chiamata all’unità coniugale, ma un’autentica partecipazione al mistero creativo e redentivo di Dio.

In un mondo frammentato, segnato dalla solitudine e dall’egoismo, la Chiesa riafferma con chiarezza: la famiglia è una via privilegiata verso la felicità. Non perché sia facile, ma perché è vera. È nel dono reciproco e nella fecondità dell’amore che l’uomo e la donna trovano la propria realizzazione. Non è l’autonomia assoluta a rendere felici, ma l’amore donato e ricevuto.

sabato 10 maggio 2025

Papa Leone XIV



Un nuovo Papa per la Chiesa: Leone XIV e la sfida del nostro tempo

Con grande emozione e speranza, il mondo cattolico accoglie l’elezione di Papa Leone XIV, successore di Pietro e guida spirituale della Chiesa universale. Il nome scelto — Leone — richiama la forza, la determinazione e la fedeltà alla verità che hanno contraddistinto papi del passato, come Leone Magno e Leone XIII, in epoche complesse e decisive per la fede.

Oggi più che mai, i cristiani guardano al nuovo Pontefice con il desiderio di un pastore che sappia condurre il popolo di Dio mantenendo Cristo al centro di ogni parola, gesto e orientamento. Viviamo in un tempo in cui il messaggio evangelico rischia di essere oscurato dal rumore del mondo, dalle logiche del potere, dal relativismo morale e da una crescente indifferenza spirituale.

L’auspicio è che il pontificato di Leone XIV sia segnato da una rinnovata fedeltà al Vangelo, senza compromessi. Che possa parlare al cuore dell’uomo contemporaneo, ma senza cedere alle tentazioni di un mondo che spesso chiede alla Chiesa di tacere, di adattarsi, di annacquare la Verità per risultare più accettabile.

Essere Papa oggi significa camminare su un filo sottile: tra misericordia e verità, tra ascolto e fermezza, tra apertura e discernimento. Ma il compito principale resta uno solo: custodire la fede e annunciarla con coraggio.

Che Papa Leone XIV possa essere un segno di speranza per la Chiesa, un padre per i credenti, e un testimone credibile della luce di Cristo in mezzo alle tenebre del nostro tempo.

Ad multos annos, Leone XIV.

domenica 16 marzo 2025

Quante Volte




Quante volte le foglie si sono mosse spazzate dal vento,

quante volte le onde del mare si sono riversate nella battigia,

quante volte le nuvole hanno solcato le vette mirabili ed irraggiungibili del cielo,

eppure “ogni volta” è un attimo del tempo che passa e non ritorna.

In apparenza fisso ed immutabile, esso scorre in perenne movimento:

a volte lento e sembra aspettarci

a volte veloce, ci invita a rincorrerlo

altre volte fuggente, impossibile da trattenere.

Quante volte ho lasciato andare via il tempo

come fosse un ospite abituale e scontato dell’esistenza

ed ora che il passo è più lento, mi accorgo di aspettarlo con più riconoscenza di prima.

(d.d.)

sabato 18 dicembre 2021

La fiducia: segno e significato della proposta divina.

 

"Faciò che puoie lascia a me il resto" 

(Gesù a Santa Faustina Kowalska)


Davanti alle prove della vita, davanti ai tentativi dell'uomo di sostituirsi a Dio, davanti al sopruso, all'ingiustizia e all'indifferenza degli uomini nei confronti del male che avanza, ho cercato di capire quale fosse l'atteggiamento che il cristiano dovesse ricercare. Certamente vi è la necessità per il credente di discernere il bene dal male, ma non può bastare. E' necessario contrastare il male. L'azione deve accompagnare sempre le intenzioni. Ma una volta che noi agiamo, non potendo concretamente fare altro che ciò che la nostra condizione umanamente prevede, non dobbiamo cadere nella tentazione di pensare che ciò sia stato inutile. Alle nostre concrete azioni, possiamo - anzi dobbiamo - accostare un atteggiamento risolutivo, di più, risollevante: poggiare la nostra fiducia in Dio. 

Ma che cosa è, per un cristiano, la fiducia?

venerdì 5 marzo 2021

La Teologia della Liturgia








Il Timone 2001.
Con il consenso del cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, pubblichiamo il testo della conferenza che egli ha tenuto nel monastero di Fontogombault, nel luglio 2001. Il cardinale Ratzinger affronta argomenti di esegesi e di teologia, analizza l’eclissi nel sentire comune della nozione di sacrificio eucaristico e mostra che il concetto di sacrificio, se bene inteso, apre l’accesso alla comprensione globale del culto cristiano della liturgia e ci immette in quella realtà immensa che è nel cuore del messaggio della croce e della Risurrezione.  

Il Concilio Vaticano II definisce la liturgia come “l’opera del Cristo sacerdote e del suo corpo che è l
a Chiesa” (Sacrosanctum Concilium, n. 7).
L’opera di Gesù Cristo è designata nello stesso testo come l’opera della redenzione che il Cristo ha compiuto in modo particolare attraverso il mistero pasquale della Sua passione, della Sua Resurrezione dai morti e della Sua gloriosa ascensione. “Con questo mistero, morendo, ha distrutto la nostra morte e, risorgendo, ha restaurato la vita” (Sacrosanctum Concilium, n. 5). 

A prima vista, in queste due frasi la parola “opera del Cristo” sembra utilizzata in due distinti significati. L’opera del Cristo designa in primo luogo le azioni redentrici storiche di Gesù, la Sua morte e la Sua Resurrezione; d’altra parte si definisce “opera del Costo” la celebrazione della liturgia. In realtà, i due significati sono inseparabilmente legati:

la morte e la Resurrezione, il mistero pasquale non sono soltanto avvenimenti storici esteriori. Per la Resurrezione, questo appare molto chiaramente.

Raggiunge e penetra la storia, ma la trascende in un doppio senso; non è l’azione di un uomo bensì una azione di Dio, e conduce in tal modo Gesù risuscitato oltre la storia, là dove siede alla destra del Padre. Neanche la croce è una semplice azione umana.

L’aspetto puramente umano è presente nelle persone che condussero Gesù alla croce. Per Gesù, la croce non è un’azione, ma una passione, e una passione che significa che Egli è un tutt’uno con la volontà divina, un’unione della quale l’episodio dell’Orto degli Ulivi ci fa vedere l’aspetto drammatico.

giovedì 14 maggio 2020

Soluzioni sacrileghe per la ripresa delle celebrazioni.



«È una questione di fede, se avessimo consapevolezza di cosa celebriamo nella Messa e di cosa è l’Eucarestia, non verrebbero neanche in mente certi modi di distribuire la comunione». 

Il cardinale Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, torna a parlare per rispondere alla «inquietudine» dei fedeli che non solo sono stati privati delle Messe, ma che ora assistono sgomenti ai negoziati tra Conferenza Episcopale (CEI) e governo che, nell’ottica di una ripresa limitata delle Messe con popolo, arrivano perfino a trattare sulla distribuzione della comunione.

Solo due giorni fa, i solitamente bene informati vaticanisti della Stampa, riportavano di varie soluzioni allo studio degli “esperti” del governo, in stretta collaborazione con la CEI, che considerano il momento della comunione «ad altissimo rischio contagio». Tra queste l’«impacchettamento» del Corpo di Cristo: «Per consentire ai cattolici italiani di tornare a farla, ma evitando contaminazioni, si sta pensando a una comunione “fai da te” con ostie “take away” precedentemente consacrate dal sacerdote, che verrebbero chiuse singolarmente in sacchetti di plastica poggiati in chiesa su dei ripiani». «No, no, no – ci risponde scandalizzato al telefono il cardinale Sarah – non è assolutamente possibile, Dio merita rispetto, non si può metterlo in un sacchetto. Non so chi abbia pensato questa assurdità, ma se è vero che la privazione dell’Eucarestia è certamente una sofferenza, non si può negoziare sul modo di comunicarsi. Ci si comunica in modo dignitoso, degno di Dio che viene a noi. Si deve trattare l’Eucarestia con fede, non possiamo trattarla come un oggetto banale, non siamo al supermercato. È totalmente folle»

Qualcosa del genere è già stato fatto in Germania, come ha raccontato la Bussola (clicca qui).

Purtroppo in Germania si fanno molte cose che non hanno più nulla di cattolico, ma non vuol dire che bisogna imitarle. Recentemente ho sentito un vescovo dire che in futuro non ci saranno più assemblee eucaristiche, solo liturgia della Parola. Ma questo è protestantesimo. 

Si avanzano come al solito ragioni “compassionevoli”: i fedeli hanno bisogno della Comunione, di cui sono già privati da tempo, ma siccome è ancora alto il rischio contagio bisogna trovare un compromesso…. 

Ci sono due questioni che vanno assolutamente chiarite. Anzitutto, l’Eucarestia non è un diritto né un dovere: è un dono che riceviamo gratuitamente da Dio e che dobbiamo accogliere con venerazione e amore. Il Signore è una persona, nessuno accoglierebbe la persona che ama in un sacchetto o comunque in un modo indegno. La risposta alla privazione dell’Eucarestia non può essere la profanazione. Questa è davvero una questione di fede, se ci crediamo non possiamo trattarla in modo indegno. 

E la seconda?

Nessuno può impedire a un sacerdote di confessare e dare la comunione, nessuno può impedirlo. Il sacramento deve essere rispettato. Quindi anche se alle Messe non è possibile presenziare, i fedeli possono chiedere di essere confessati e di ricevere la Comunione. 

A proposito di Messe, anche questo prolungarsi delle celebrazioni in streaming o in tv…

Non possiamo abituarci a questo, Dio si è incarnato, è carne e ossa, non è una realtà virtuale. È anche fortemente fuorviante per i sacerdoti. Nella Messa il sacerdote deve guardare Dio, invece si sta abituando a guardare alla telecamera, come se fosse uno spettacolo. Non si può continuare così. 

Torniamo alla Comunione. Tra qualche settimana si spera comunque che le Messe con popolo siano ripristinate. E a parte le soluzioni più sacrileghe, c’è anche discussione se sia più indicato ricevere la Comunione sulla bocca o nelle mani, ed eventualmente come riceverla nelle mani. La CEI ha già reso obbligatoria la ricezione nelle mani, ma il nostro esperto afferma che sarebbe più igienico riceverla in bocca. Cosa si dovrebbe fare?

C’è già una regola nella Chiesa e questa va rispettata: il fedele è libero di ricevere la Comunione in bocca o nella mano. 

Si ha la sensazione che negli ultimi anni si stia assistendo a un chiaro attacco all’Eucarestia: prima la questione dei divorziati risposati, all’insegna della “comunione per tutti”; poi l’intercomunione con i protestanti; poi le proposte sulla disponibilità dell’Eucarestia in Amazzonia e nelle regioni con scarsità di clero, ora le Messe al tempo del coronavirus…

Non ci deve stupire. Il demonio attacca fortemente l’Eucarestia perché essa è il cuore della vita della Chiesa. Ma credo, come ho già scritto nei miei libri, che il cuore del problema sia la crisi di fede dei sacerdoti. Se i sacerdoti sono consapevoli di cosa è la Messa e di cosa è l’Eucarestia, certi modi di celebrare o certe ipotesi sulla Comunione non verrebbero neanche in mente. Gesù non si può trattare così.

I Testimoni di Geova e la Santissima Trinità


DOTTRINA BIBLICA TRINITARIA

Un testo classico (Mt. 28,19)
Nella Bibbia del Nuovo Testamento vi sono circa quaranta testi trinitari. Uno dei più noti è certamente quello del vangelo di Matteo 28,19, che non può ignorare chiunque abbia una minima co- noscenza dei vangeli. Sono le parole di Gesù dette prima dell’Ascensione e che la Chiesa usa come formula battesimale fin dalle sue origini. Ecco il testo:

E Gesù, avvicinatosi, disse loro: Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Matteo 28,19)

Due cose possiamo affermare con certezza riguardo a questo testo biblico:
La prima. Si tratta sicuramente d’una testimonianza scritturistica, sono cioè parole autentiche del Vangelo. Oggi tutti i biblisti ammettono come autentiche queste parole del vangelo di Matteo. E’ Parola di Dio. E’ un testo ispirato che ci conserva il genuino insegnamento di Gesù.
La seconda. Il suo contenuto è inequivocabilmente trinitario. I termini di Padre, Figlio e Spirito Santo e ciò che ad essi è attribuito, ci autorizzano ad affermare la triplice personalità e l’unica natura in Dio: Tre Persone e un solo Dio.
Scrive il biblista John McKenzie: “Le nozioni di Padre, Figlio e Spirito Santo sono rivelate affinché noi conosciamo meglio Dio ( … ). Lo studio di questi tre termini e del loro contesto è il modo migliore per giungere alla comprensione della distinzione delle Persone che viene affermata nel Nuovo Testamento,
Seguendo questo metodo indicato dal McKenzie diciamo anzitutto che gli autori ispirati, anzi lo stesso Maestro divino Gesù, il Testimone verace e fedele (Apocalisse 3,14), si sono dovuti servire d’un linguaggio umano comprensibile per rivelare realtà divine. I termini o parole indicano in qualche modo (in modo analogo) ciò che realmente si trova in Dio. Questo modo di esprimersi si chiama analogia.
A – Tre Persone.
I . – Nel caso presente di Matteo 28,19, e in tutti i testi trinitari, le parole o termini usati sono quelli di padre e di figlio. Nel linguaggio umano il padre non è il figlio, sono cioè due persone distinte. Hanno tuttavia la stessa natura, appartengono cioè l’uno e l’altro alla stessa specie umana. Sono perciò sostanzialmente identici.
Notiamo subito che la differenza di età non distrugge la identità di natura. Noi siamo esseri umani come tutti i discendenti di Adamo e, a loro volta, i nostri figli saranno esseri umani come noi. La natura umana resta sempre la stessa in tutti.
Notiamo pure che tra padre e figlio vi possono essere differenze di quantità. Il figlio, per esempio, può superare il padre in quanto a intelligenza, forza fisica, capacità artistiche ecc. Ma la natura resta sempre la stessa.

giovedì 7 maggio 2020

APPELLO PER LA CHIESA E IL MONDO



APPELLO PER LA CHIESA E IL MONDO

Ai cattolici e a tutte le persone di buona volontà

Veritas liberabit vos. Gv 8:32
In questo momento di grande crisi, noi pastori della Chiesa cattolica, in virtù del nostro mandato, consideriamo il nostro sacro dovere fare un appello ai nostri fratelli nell'episcopato, al clero, ai religiosi, al santo popolo di Dio e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Questo appello è stato inoltre sottoscritto da intellettuali, medici, avvocati, giornalisti e professionisti che concordano con il suo contenuto e possono essere sottoscritti da coloro che desiderano farlo proprio.
I fatti hanno dimostrato che, con il pretesto dell'epidemia di Covid-19, i diritti inalienabili dei cittadini sono stati in molti casi violati e le loro libertà fondamentali, incluso l'esercizio della libertà di culto, espressione e movimento, sono state limitate in modo sproporzionato e ingiustificato . La salute pubblica non deve e non può diventare un alibi per violare i diritti di milioni di persone in tutto il mondo, figuriamoci per privare l'autorità civile del suo dovere di agire saggiamente per il bene comune. Ciò è particolarmente vero in quanto emergono dubbi crescenti da più parti sull'attuale contagio, pericolo e resistenza del virus. Molte voci autorevoli nel mondo della scienza e della medicina confermano che l'allarmismo dei media su Covid-19 sembra essere assolutamente ingiustificato.
Abbiamo motivo di credere, sulla base di dati ufficiali sull'incidenza dell'epidemia in relazione al numero di morti, che vi siano poteri interessati a creare panico tra la popolazione mondiale con l'unico scopo di imporre in modo permanente inaccettabili forme di restrizione su le libertà, il controllo delle persone e il monitoraggio dei loro movimenti. L'imposizione di queste misure illiberali è un preoccupante preludio alla realizzazione di un governo mondiale al di fuori di ogni controllo .
Riteniamo inoltre che in alcune situazioni le misure di contenimento adottate, inclusa la chiusura di negozi e aziende, abbiano fatto precipitare una crisi che ha fatto crollare interi settori dell'economia. Ciò incoraggia l'interferenza da parte di potenze straniere e ha gravi ripercussioni sociali e politiche. Le persone con responsabilità governative devono bloccare queste forme di ingegneria sociale, adottando misure per proteggere i loro cittadini che rappresentano e nei cui interessi hanno un serio obbligo di agire. Allo stesso modo, lascia che aiutino la famiglia, la cellula della società, non penalizzando irragionevolmente i deboli e gli anziani, costringendoli a una dolorosa separazione dai loro cari. Anche la criminalizzazione delle relazioni personali e sociali deve essere giudicata una parte inaccettabile del piano di coloro che sostengono l'isolamento delle persone al fine di manipolarle e controllarle meglio.

domenica 12 aprile 2020

Resurrexit Sicut Dixit!


Resurrezione di Francesco Buoneri


La notte della risurrezione
«Non avevano ancora compreso la Scrittura, secondo la quale egli doveva risuscitare dai morti» (Giovanni 20,9).

Vidi il santo sepolcro di Cristo immerso nel più assoluto silenzio; era sorvegliato da tre guardie, altre quattro si erano recate a Gerusalemme. Le torce collocate davanti alla grotta diffondevano un vivo bagliore nello spazio circostante. Mi avvicinai al santissimo corpo di Cristo per adorarlo: era circonfuso di splendore e riposava tra due angeli in perenne adorazione. Essi sedevano ai piedi e al capo del Salvatore, indossavano vesti sacerdotali e avevano le braccia incrociate sul petto; mi ricordarono i cherubini dell'arca dell'alleanza.
Il Signore e gli angeli adoratori furono certamente visibili anche agli occhi interiori di Cassio, assorto di fronte al sepolcro.
Mentre contemplavo il sacratissimo corpo di Gesù, vidi la sua santa anima entrare nella tomba. Era seguita da una schiera di spiriti redenti. Il Signore mostrò loro il martirio del suo corpo.
Tutte le bende che lo avvolgevano caddero da parte, così che le sue piaghe, le infermità e tutti i suoi dolori furono riconosciuti anche esteriormente. A quella vista le anime dei padri furono prese da un'indicibile riverenza, sembravano tremare e piangere di compassione. In quel momento la roccia del sepolcro tremò. Le tre guardie che vegliavano caddero al suolo e persero conoscenza. Cassio percepì subito l'evento straordinario...

Le pie donne, dopo aver preparato gli aromi, si erano ritirate nelle loro celle senza addormentarsi, perché volevano recarsi al sepolcro prima dell'alba.
Alle undici di notte la santa Vergine fu presa dall'irresistibile desiderio di ripercorrere la Via Crucis.
Si alzò dal letto, si avvolse in un mantello grigio e lasciò il cenacolo.
Attraversò gran parte della città, percorrendone le vie deserte e fermandosi nei luoghi dove il Salvatore aveva sof ferto i più gravi oltraggi.
L'accompagnai in spirito nel suo triste cammino e pre gai con lei nei limiti delle mie forze. La santa Madre giunse vicino alla casa di Caifa e poi a quella di Pilato, si prosternava a terra e baciava perfino le pietre, venerando il sacro sangue di Cristo.
Tutte quelle stazioni del dolore, santificate dal sangue di Gesù, apparivano piene di luce allo sguardo della Vergine.
Continuando a elevarsi nell'adorazione del santo Figlio, ella giunse lentamente sul Calvario. Era ormai prossima al promontorio delle croci, quando all'improvviso le apparve Gesù nel suo santissimo corpo. Il Signore era preceduto da un angelo e affiancato dai due spiriti adoratori visti nel sepolcro, e lo seguivano innumerevoli anime redente.
Gesù non faceva alcun movimento, pur librandosi nel la luce.
Annunciò alla santa Madre che stava per risuscitare col corpo trasfigurato. Aggiunse che ella avrebbe dovuto attenderlo al Calvario, dove egli era caduto sotto il peso della croce.
Mancava poco alla mezzanotte quando la Vergine andò a inginocchiarsi sulla stessa pietra che aveva causato la caduta del Figlio.
Il santo corteo del Signore percorse la Via Crucis. Durante il cammino Gesù mostrò alle anime redente i martìri a cui era stato sottoposto. Gli angeli raccolsero tutti i frammenti del corpo che gli erano stati strappati durante la passione. A quelle anime fu anche mostrata la chiodatura e l'elevazione della croce, l'apertura del costato, la deposizione e la composizione della sua salma. Allo stesso tempo, tutte queste cose venivano contemplate dalla santa Vergine.
Vidi la luce delle lanterne accanto al sepolcro, ma non vidi più la santa salma del Signore.
Il primo giorno dopo il sabato, appena il cielo iniziò a schiarirsi verso oriente, Maria, Maddalena, Maria, figlia di Cleofa, Giovanna Cusa e una ricca signora lasciarono il cenacolo.
Erano avvolte nei mantelli e portavano le erbe aromatiche e i fiori in panni di lino; una di esse portava la lanterna accesa sotto il mantello. Timidamente, le discepole giunsero alla porticina del giardino di Giuseppe.

Risurrezione del Signore (particolari)
«Ed ecco che ci fu un gran terremoto, un angelo del Signore era sceso dal cielo e, avvicinatosi, ribaltò la pietra e vi si sedette sopra...» (Matteo 28,2).

Nella notte della risurrezione la santa anima di Gesù mi apparve splendente di gloria tra due angeli guerrieri; questi non erano gli angeli in abiti sacerdotali visti in adorazione del suo corpo. Circondata da numerose figure luminose, la santa anima scese nella tomba e penetrò nel suo corpo sacratissimo, le cui membra subito si mossero.

sabato 11 aprile 2020

Sabato Santo. Tra la Fede provata degli apostoli e la Fede salda della Madre.

Gli amici di Gesù durante il sabato santo

Nicodemo e Giuseppe ritornarono a Gerusalemme passando per una porticina del giardino a cui avevano accesso solo gli amici di Gesù.
Anche Maria Heli con Maria di Marco e altre pie donne ritornarono a Gerusalemme, mentre la Vergine, Giovanni, Maria Maddalena e alcune discepole salirono al Calvario per pregare.
Intanto Cassio era andato da Pilato per informarlo circa gli ultimi avvenimenti; portava con sé la lancia che aveva trafitto il cuore di Cristo.
Prevedendo che gli Ebrei avrebbero chiesto la custodia del santo sepolcro, il centurione promise a Pilato un rapporto dettagliato se vi fosse stato inviato al comando del corpo di guardia.
Il procuratore romano acconsentì, pur considerando Cassio un po' fanatico. Tuttavia, assalito da un'inspiegabile superstizione, si fece lasciare la santa lancia davanti alla porta.
Vidi la Vergine e le sue compagne che facevano ritorno dal Calvario, dove avevano pianto e pregato. Esse si ritirarono dalla via per non farsi scorgere dai soldati, che, alla luce delle fiaccole, risalivano il monte per togliere le croci.
A Gerusalemme, Giuseppe e Nicodemo incontrarono Pietro, Giacomo il Maggiore e Giacomo il Minore, i qua li andavano alla ricerca dei discepoli dispersi. Pietro, in preda a una crisi di dolore, abbracciò i due sinedriti e si accusò di non essere stato presente alla crocifissione del Signore, poi li ringraziò per aver dato onorevole sepoltura a Gesù.
Essi concordarono un segnale di riconoscimento, mediante il quale sarebbe stata aperta la porta del cenacolo ai discepoli.
Vidi Abenadar e altri nuovi convertiti entrare nel cenacolo. A poco a poco la maggior parte degli amici di Gesù vi si trovò riunita quale prima comunità cristiana. I nuovi venuti mostravano un grande rispetto verso Giovanni, perché il Signore gli aveva affidato sua Madre. L'apostolo non si era inorgoglito e continuava ad essere molto semplice e buono con tutti.
Quando le pie donne fecero ritorno al cenacolo, costernate e avvilite, accesero le lanterne e si riunirono attorno alla santa Vergine.
Più tardi, nella notte, giunsero Lazzaro, Marta, la vedova Maroni di Naim, la Samaritana e Maria la Sufanita provenienti da Betania. Si parlò della crocifissione e della sepoltura di Gesù. Tutti piansero con profonda amarezza e cercarono di darsi consolazione a vicenda.
Ho visto gli amici di Gesù assorti nella lettura delle Scritture. Essi si preparavano a osservare il riposo sabatico secondo il precetto.
Nell'ala riservata alla Madre di Gesù vi erano state adattate alcune celle per permettere il riposo notturno alle pie donne. Le vidi mentre spiegavano le coperte, si levavano i sandali, le cinture e una parte degli indumenti, quindi si avvolsero in lunghi veli e si distesero sui loro giacigli. Si alzarono a mezzanotte, si vestirono e si prepararono per la preghiera notturna.
Gli Ebrei usavano recarsi al tempio all'alba del sabato, cioè il giorno successivo a quello in cui avevano consumato l'agnello pasquale.
Anche Maria santissima e le pie donne si avviarono al tempio alle tre del mattino; la Vergine voleva congedarsi dal santo luogo dove aveva adorato l'Altissimo.
Le donne erano accompagnate da Giovanni e da alcuni discepoli di Gesù. Secondo l'uso del tempio, quella mattina le porte erano spalancate, i lumi accesi e l'atrio dei sacerdoti era accessibile al popolo. Ma a causa dei nefasti avvenimenti della vigilia, la cui eco era ancora viva, il luogo di culto era quasi deserto, si vedevano solo alcune guardie e qualche inserviente.
I figli di Simeone e i nipoti di Giuseppe d'Arimatea accompagnarono gli amici attraverso il tempio. Osservarono in silenzio i segni della collera di Dio. Tra il sacrato e il “santo dei santi” i muri si erano spaccati e il tendaggio che velava quest'ultimo giaceva ancora al suolo.
Le pie donne passarono attraverso la breccia nel muro e videro l'interno del “santo dei santi”. Dappertutto erano visibili le macerie dei muri crollati, le colonne rovesciate e i pavimenti sfondati.
La Vergine contemplò i luoghi santificati dalla predicazione e dalle sofferenze del Figlio, si prostrò, li baciò e versò molte lacrime, imitata dagli amici di Gesù.
Poi mostrò a quelli che l'accompagnavano i luoghi in cui era stata allevata ed educata, si era unita in matrimonio con san Giuseppe e aveva presentato il bambino Gesù, infine indicò loro dove Anna e Simeone avevano profetizzato l'atroce morte del Signore. A quell'ultimo ricordo la Vergine non poté trattenere le lacrime. Prima di uscire, mostrò ai compagni la cattedra dove Gesù fanciullo aveva insegnato ai dottori.
Con profonda tristezza, Maria santissima abbandonò il tempio desolato mentre le risuonavano alla memoria le parole del Figlio: «Abbattete questo tempio e io lo ricostruirò in tre giorni».
Dopo, rimase in ansiosa attesa della risurrezione del Figlio al terzo giorno, quando la sua parola avrebbe trovato compimento.
Era ancora mattina quando la Madonna e gli amici di Gesù rientrarono al cenacolo.
Le pie donne si ritirarono sul lato destro dell'edificio e gli uomini si unirono ai discepoli nella sala principale. Tra scorsero l'intero sabato in preghiera.
Vidi le pie donne attorno a Maria, poi si rivolsero verso il muro e pregarono. Avevano il capo coperto con un velo nero.
Solo le più deboli mangiarono qualcosa, tutte le altre digiunarono.
Le porte e le finestre erano sbarrate e in tutta la casa regnava un silenzio straordinario.

La sera precedente la risurrezione
La sera del sabato Giovanni si recò nella sala delle pie donne, pianse con loro, le consolò e andò via; più tardi sopraggiunsero Pietro e Giacomo il Minore, che non vi rimasero a lungo. Subito dopo le discepole si separarono, si avvolsero nei mantelli e si sedettero nelle loro celle su casse cosparse di cenere.
Intanto la santa Vergine pregava con fervore, finché le comparve un angelo di Dio. La creatura celeste l'invitò a recarsi presso la porticina del giardino di Giuseppe, dove il Signore voleva incontrarla. Col cuore palpitante Maria si avvolse nel suo mantello e uscì in tutta fretta, senza dire a nessuno dove si recasse.
Erano all'incirca le nove di sera quando la Vergine raggiunse la porticina. Improvvisamente il suo sguardo fu rapito in alto, sopra le mura della città. Si fermò e vide di scendere dal cielo l'anima santa del Salvatore circonfusa di luce: non portava tracce di ferite ed era circondata dalle anime degli antichi patriarchi. Il Signore, indicando ad esse Maria, disse:
«Questa è la Madre mia! ».
Mi parve che il Salvatore l'abbracciasse e, senza pronunciare parola, scomparve con il corteo delle sante anime. Pervasa di gioia, la Vergine s'inginocchiò e baciò la terra dove il Figlio le era apparso.
Durante la sua assenza le discepole si erano recate in città a procurarsi erbe e fiori con cui intendevano ricoprire il santo corpo del Signore. Quando Maria rientrò al cenacolo le vide intente a mescolare varie specie di unguenti e di aromi. Le pie donne sembravano pervase da un'indicibile tristezza. Lei non disse quello che aveva visto, ma col rinnovato vigore ricevuto dalla visita del Figlio poté consolarle e rinforzarle nella fede.
Il lungo tavolo era coperto da un grande panno sul quale vi erano disposti diversi involti di erbe, flaconi d'unguento, acqua di nardo, fiori freschi e un giglio. Appena ebbero finito di preparare, le pie donne avvolsero le miscele in lini freschi e andarono a riposare.

venerdì 10 aprile 2020

Venerdi Santo - Crocifissione e Morte di Nostro Signore Gesù Cristo.

La Crucifixion, Léon Bonnat (détail) © Wikimedia commons


Maria santissima e le pie donne si recano al Calvario
Dopo il doloroso incontro con il Signore la santa Vergine aveva perso i sensi; le compagne la ricondussero nel palazzo per sottrarla alla plebaglia infuriata. Il portone si chiuse tra lei e il Figlio carico della croce.
Le pie donne trovarono immediato rifugio nella casa di Lazzaro, luogo di conforto per Maria santissima. Presto ella fu presa di nuovo dall'ardente desiderio dì soffrire accanto al Figlio, il che le rese i forza di ripercorrere la via della passione. Ripartì con Maria Maddalena e le pie donne. Erano in diciassette, velate e piene di dolore. Marta, Maria Maddalena e le altre piangevano sulle sofferenze del loro Signore, indifferenti alle ingiurie e al sarcasmo della plebaglia. Ciò nonostante, imponevano a molti un senti mento di rispetto.
Le vidi baciare la terra su cui Gesù era stato caricato della croce, quindi proseguirono il doloroso cammino da lui percorso.
L'Addolorata mostrò alle pie discepole le varie stazioni santificate dal sangue e dai dolori del suo amatissimo Figlio, e tutte fecero oggetto di venerazione. Così esse diedero pubblicamente inizio alla devozione più commovente nella tradizione della Chiesa, fissata per la prima volta nel cuore della Vergine dalla profezia del vecchio Simeone.
Fin dai tempi più antichi gli Ebrei venerarono i luoghi santi della loro storia e vi si recavano a pregare.
Allo stesso modo nacque il culto della Via Crucis, affermatosi mediante i dolorosi pellegrinaggi della Vergine e delle pie donne, non già per un disegno meditato, ma per servire i disegni di Dio sul suo popolo.
Le pie donne ripararono a casa di Veronica per non incontrare Pilato con i suoi cavalieri che stava rientrando per la stessa via.
Le vidi molto commosse di fronte al santo volto di Gesù impresso nel sudario.
Più tardi, presero il vaso di vino aromatizzato e si di ressero verso il Golgota.
Giunte in cima al Calvario, la Madre di Gesù, sua nipote Maria, figlia di Cleofa, e Salomè avanzarono fino al promontorio delle croci. Con loro c'era anche Giovanni. Marta, Maria Heli, Veronica, Giovanna Cusa e Susanna si man tennero più distanti, accanto a Maria Maddalena che sembrava uscita fuori di sé. Più lontano si trovavano altre set te donne circondate da alcune persone compassionevoli.
E impossibile descrivere il dolore della Vergine Maria quando vide il luogo della crocifissione: la terribile croce, i martelli, le corde, i chiodi spaventosi e gli orrendi carnefici, i quali, mezzo nudi e ubriachi, compivano il loro lavoro lanciando continue imprecazioni. Il suo sguardo andò oltre, posandosi sui farisei a cavallo, che, impazienti di vedere Gesù crocifisso, impartivano ordini e andavano su e giù dal promontorio.
Di fronte a quella scena tremenda, la Madre di Gesù si sentì morire e patì interiormente le sofferenze del suo Figlio dilettissimo.
Il martirio della Vergine fu ancora più doloroso perché non vide Gesù e tremava al pensiero degli indicibili tormenti a cui sarebbe stato sottoposto.
Dall'alba fino alle dieci, ora in cui era stata pronunciata la condanna del Signore, grandinò a tratti, poi il cielo si rischiarò, ma verso mezzogiorno una nebbia rossastra velò completamente il sole.

Gesù è spogliato delle vesti. La compassione di Jonadab
«Gli offrirono vino mescolato con mirra» (Marco 15,23) ».

Gesù, richiuso nella piccola caverna, aveva pregato il Padre di dargli la forza necessaria per affrontare il supremo supplizio. Quattro sgherri lo fecero uscire dalla prigione e lo trascinarono verso la croce.
Nemmeno questa volta gli risparmiarono calci, pugni e maltrattamenti d'ogni genere. Non era di meno il popolo che insultava il Signore facendo uso dei più abominevoli improperi. I soldati romani mantenevano l'ordine con atteggiamento altero e distaccato.
Le pie donne diedero del denaro ai carnefici affinché permettessero a Gesù di bere il vino aromatizzato di Veronica, ma i furfanti presero il denaro e si bevvero il vino.
I carnefici avevano portato due vasi di color bruno, dei quali uno conteneva aceto e fiele e un altro vino mescolato a fiele. Da quest'ultimo ne presentarono una coppa a Gesù, che bagnò appena le labbra riarse, ma non bevve.
Sul promontorio delle crocifissioni vidi diciotto sgherri: i sei che avevano flagellato Gesù, i quattro che l'avevano trascinato, i due che avevano tenuto le funi attaccate alla croce e sei crocifissori. Erano uomini piccoli e forti dal l'aspetto truce, quasi animalesco; servivano per denaro i Romani e i Giudei.
Vidi quegli uomini crudeli guidati da figure demoniache che li ispiravano a compiere le azioni più infami.
Sopra il Salvatore vidi gli angeli piangenti, e anche sulla Vergine e i fedeli di Gesù si libravano creature celesti.
Gli sgherri strapparono a nostro Signore il mantello, la cintura di ferro e la sua propria cintura, quindi gli tolsero la veste di lana bianca facendola passare sopra la sua testa. Non riuscendo a sfilargli la tunica inconsutile, impedita dalla corona di spine, gli strapparono quest'ultima con violenza, riaprendogli tutte le ferite del capo.

giovedì 9 aprile 2020

Giovedì Santo - Istituzione della Santissima Eucarestia


IL cenacolo
L'ultima Cena - Luigi Morgari
Vidi un grande edificio in una zona alberata sul versante meridionale del monte Sion, non lontano dalle rovine del palazzo di Davide. Nel cortile spazioso di questa soli da costruzione vidi altre case, tra le quali quella del maestro di mensa e un'altra dove si radunavano la santa Vergine e le pie donne dopo la morte di Gesù.
L'edificio si trovava in pessime condizioni, quando divenne proprietà di due buoni membri del sinedrio, Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea. Essi provvidero a ristrutturare la sala principale allestendola come cenacolo per i banchetti pasquali degli stranieri. In questo locale vi avevano abitato i prodi capitani di Davide.
Nel cenacolo non ho visto finestre: la luce scende dai fori praticati nelle alte volte; dal soffitto pendono molte lucerne. Durante le feste le pareti vengono coperte fino a metà altezza da meravigliose stuoie e tappeti e un velo blu viene steso al di sopra di un'apertura nel tetto. Una tenda simile separa la sala principale dei banchetti dal vestibolo, al quale si accede da tre ingressi. Dietro la sala principale si trova un locale interno, ai cui lati vengono deposti gli arredi e gli oggetti del culto, e al centro c'è un focolare che serve per cuocere i pani azzimi e arrostire l'agnello pasquale, ma viene usato anche per bruciare gli incensi e gli avanzi del pasto.
La divisione del cenacolo in tre parti — vestibolo, sala centrale e sala interna — è simile alla struttura del tempio:
atrio, santuario e santo dei santi.
I locali situati nell'altra ala dell'edificio servivano da deposito per le grandi pietre tombali ed edilizie e come officina degli scalpellini, poiché Giuseppe d'Arimatea possedeva al suo paese cave di pietre della miglior qualità; egli commerciava in lapidi, ornamenti architettonici e colon ne, e tutto veniva lavorato sotto la sua guida.
Nicodemo collaborava con Giuseppe nell'attività commerciale, inoltre si occupava di sculture e lavori d'intaglio.
Eccetto i giorni di festa, lo si vedeva spesso in questa sa la intento a scolpire disegni e ornamenti sulla pietra.


Preparativi dell'ultima cena
«Gesù mandò Pietro e Giovanni dicendo: «Andate a prepara re per mangiare la Pasqua» (Luca 22,8).(Il giovedì santo, prima dalla sua passione, il 13 Nisan, cioè 29 Marzo, Gesù aveva 33 anni e diciotto settimane meno un giorno).

mercoledì 8 aprile 2020

La Via Crucis



Gesù porta la croce verso il Calvario

Ventotto farisei armati arrivarono a cavallo per scortare il corteo sui luogo dei supplizio, tra questi vidi i sei sinedriti che avevano guidato la cattura di Gesù sui monte degli Ulivi.
Nel momento in cui i carnefici condussero Gesù al centro del foro, parecchi schiavi entrarono dalla porta occidentale portando il legno della croce. Avvicinandosi ai Signore, essi lo gettarono ai suoi piedi con gran fracasso.
Altri servi portavano gli angoli, i pezzi di legno desti nati a sorreggere i piedi e il prolungamento su cui si doveva inchiodare la tabella. Il Signore s'inginocchiò accanto alla sua croce e l'abbracciò tre volte. Contemporaneamente lo udii supplicare il Padre suo per la redenzione del genere umano. Infine il Salvatore baciò la croce, divenuta altare del suo cruento sacrificio.
Impazienti, i carnefici sollevarono Gesù e gli caricarono sulla spalla destra il pesante fardello.
Egli rimase curvo sotto il grave peso, non sarebbe mai riuscito a sostenerlo sulle spalle se gli angeli non l'avessero di nuovo soccorso. Mentre Gesù pregava, le mani dei due ladroni furono legate saldamente alle assi trasversali delle loro croci poste dietro la nuca.
I tronchi verticali delle due croci erano portati dagli schiavi; una volta sul Golgota si sarebbe provveduto al montaggio.
La tromba della cavalleria di Pilato squillò per dare il segnale della partenza. Uno dei farisei a cavallo si accostò a Gesù, inginocchiato sotto il peso della croce, e gli disse:
«E terminato per sempre il tempo dei bei discorsi. Avanti, avanti! Facciamola finita!».
Allora i carnefici rialzarono il Signore con terribile violenza, facendogli sentire sulle spalle tutto il peso dell'intera croce. Così cominciò la marcia trionfale del Re dei re, tanto ignominiosa sulla terra quanto gloriosa in cielo.
Ai piedi del legno della croce erano state legate due corde, per mezzo delle quali due carnefici la tenevano sollevata.
Altri quattro aguzzini tenevano delle funi attaccate alla catena che cingeva la cintura di Gesù.
Il suo mantello era sollevato e trattenuto dalla cintura.
Gesù mi ricordò Isacco, che portava il legno destinato alla propria immolazione.
Lo stesso Pilato si era messo al comando del distaccamento di soldati per prevenire una sommossa popolare.
Il procuratore romano indossava l'armatura e procedeva a cavallo, protetto dai suoi ufficiali e da una schiera di cavalieri, seguivano trecento fanti provenienti dal confine tra l'Italia e la Svizzera. Il drappello dei legionari romani si mise in marcia sulla strada principale della città, mentre il corteo con i condannati attraversò una viuzza laterale per non intralciare il popolo che si recava al tempio. Precedeva il triste corteo un trombettiere che proclamava a ogni crocevia la sentenza di morte. Qualche passo dietro a lui venivano i servi con le funi, i chiodi, i cunei e tutti gli accessori delle croci dei due ladroni.
Seguivano poi i farisei a cavallo e un giovinetto che portava sul petto l'iscrizione della croce. Questo giovane non era del tutto perverso.
Infine veniva Gesù, il Cristo, curvo e straziato sotto il carico della croce; era ferito in tutto il corpo e aveva i piedi nudi e sanguinanti. Non aveva preso cibo né bevanda dalla sera prima ed era oltremodo sfinito a causa delle perdite di sangue, della febbre e delle molteplici sofferenze.
Il Signore sosteneva la pesante croce sulla spalla aiutandosi con la mano destra, mentre con la sinistra tentava ripetutamente di sollevare la lunga veste che gli ostacola va il passo.
Le sue mani erano ferite e gonfie a causa della brutalità con la quale erano state legate, il suo viso era gonfio e insanguinato, i capelli e la barba imbrattati di sangue raggrumato. La croce e le catene gli premevano sul corpo la veste di lana riaprendogli le piaghe con grande dolore.
Quattro carnefici tenevano a distanza le estremità delle corde fissate alla sua cintura. Due lo tiravano in avanti e gli altri due da dietro, così che il suo passo era malfermo.
Benché attorno a Gesù non ci fosse altro che derisione e crudeltà, il suo sguardo era pieno di compassione e le sue labbra si aprivano in preghiera al Padre.