07/03/2015
No alla promozione nelle scuole della teoria del gender, che nega la distinzione tra uomo e donna in base al sesso biologico. Se ne parla oggi e domani a Roma nel convegno dal titolo “Sapere per educare: affettività, sessualità, bellezza”. L’incontro, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, vuole esortare docenti, educatori e genitori a prendere coscienza degli attacchi, attraverso tali teorie, alla famiglia naturale e cristiana e al benessere di bambini e ragazzi.
Giancarlo La Vella ne ha parlato con Giusy D’Amico, sposa, madre, insegnante, e presidente dell’associazione “Non si tocca la famiglia”:
R. - Stiamo entrando in un tempo di grande confusione sull’identità sessuale. Stiamo proponendo ai nostri figli, ai nostri alunni, qualcosa che è molto lontana da quella che è la bellezza delle differenze sessuali maschio-femmina, uomo-donna. Questa ricaduta sta avendo effetti gravi nell’istruzione scolastica. In qualche modo, abbiamo dato in appalto l’educazione dei nostri figli ed è qualcosa su cui dobbiamo riflettere e che dobbiamo riprenderci con una certa urgenza, prima che ci sfugga completamente di mano un controllo che, per diritti costituzionali, spetta in fase prioritaria alla famiglia e ai genitori.
D. - Perché è urgente aprire oggi con franchezza un dibattito su questi temi?
R. - Perché sta entrando nelle nostre istituzioni scolastiche una proposta educativa che, in fondo, propone una visione asessuata dell’uomo. Non intendiamo discriminare nessuno, né aprire riflessioni su argomenti che oggi non interessano. Oggi ci interessa rivalutare la bellezza della differenza sessuale, la bellezza della famiglia naturale. Questo progetto di decostruzione dei ruoli non ci piace. Ci sembra lontano da quella che è, invece, l’educazione per i figli, che hanno diritto a una madre e a un padre, a sapere da chi sono stati generati, perché non vi è identità senza origine. Pensiamo che questo sia un tempo nel quale non si può più stare in una sorta di calderone, dove tutto è uguale a tutto, ma vogliamo che i nostri figli abbiano possibilità di riscoprire un’affettività, che, riteniamo, sia legata a questa bellezza delle differenza.
D. - Al contrario secondo lei, è la normalità oggi che viene discriminata?
R. - Assolutamente sì, c’è una sorta di eterofobia che sta cavalcando un po’ l’onda di quelle che sono le mode. Non ci dimentichiamo che dietro tutta la realtà di queste proposte educative, così discusse, ci sono delle lobby economico-politiche fortissime. Ci sono interessi legati a convenzioni internazionali, a tutto ciò che poi riguarda il tema delle teorie di genere, su tutto quello che è il campo delle adozioni, dei matrimoni omosessuali, delle cliniche per il cambiamento di sesso, per tutta la “gestazione di sostegno”, che oggi sembra non si possa chiamare “utero in affitto”… Noi non vogliamo sottostare a queste mode: vogliamo creare attraverso questa tavola rotonda una riflessione in merito, vogliamo creare delle coscienze ferme. I bambini che vivono in questo contesto crescono confusi, non hanno chiarezza sulla loro identità sessuale. Non si può dire a un bambino che nasce maschio, che non sarà uomo, che non sarà donna, ma che sarà quello che vuole essere...