A proposito del Sinodo, vogliamo sapere se nel suo cuore di pastore vuole veramente una soluzione per i divorziati risposati e se il suo «motu proprio» sulla facilitazione dei processi di nullità matrimoniali ha chiuso questo dibattito. E come risponde a quelli che temono che questa riforma porti a un «divorzio cattolico»?
«Nella riforma dei processi di nullità matrimoniale ho chiuso la porta alla via amministrativa attraverso la quale poteva entrare il divorzio. Chi pensa al divorzio cattolico, sbaglia, perché quest’ultimo documento ha chiuso la porta al divorzio, che sarebbe potuto venire per via amministrativa. Ci sarà invece sempre la via giudiziaria. Questo è stato chiesto dalla maggioranza di padri del Sinodo dell’anno scorso: snellire i processi. Ci sono processi che duravano dieci anni, e una sentenza, e un’altra… La doppia sentenza conforme era stata introdotta da Papa Lambertini, Benedetto XIV, perché in centro Europa c’erano stati alcuni abusi e lui aveva voluto fermarli. Ma non è essenziale nel processo, la giurisprudenza cambia. Il motu proprio facilita i processi nei loro tempi, ma non introduce divorzio, perché il matrimonio quando è sacramento, è indissolubile e questo la Chiesa non lo può cambiare, è dottrina, è un sacramento indissolubile. Il procedimento giudiziario serve per provare che quello che sembrava sacramento non era sacramento, per mancanza di maturità, per malattia mentale… etc. Ci sono tanti motivi, per esempio perché la persona non era libera. Adesso non è tanto comune, ma in certi settori della società sì, per esempio a Buenos Aires, che si faccia il matrimonio con la fidanzata incinta. Io ai sacerdoti consigliavo con forza, quasi proibivo, di celebrare il matrimonio in queste condizioni. Li chiamiamo matrimoni «di fretta» per salvare le apparenze. Alcuni di questi vanno bene, ma non c’è la libertà. Altri vanno male, si separano, dicono: siamo stati costretti a sposarci per coprire questa situazione. Per quanto riguarda il problema delle seconde nozze, i divorziati in seconda unione: leggete l’Instrumentm laboris, il documento che si presenta alla discussione del Sinodo. A me sembra un po’ semplicistico dire che per queste persone la soluzione sia la possibilità di fare la comunione. Non è l’unica soluzione, l’Instrumentum propone tante cose. E non ci sono solo i divorziati risposati, c’è anche il problema delle nuove unioni. Ci sono i giovani che non vogliono sposarsi, un altro problema. La maturità affettiva, un altro problema: la fede, ci credo che questo sia per sempre? Per diventare prete c’è una preparazione di otto anni, per sposarsi per tutta la vita si fanno quattro incontri di corso prematrimoniale… Pensare come fare la preparazione è una cosa difficile. Ma il divorzio cattolico non esiste, la nullità viene riconosciuta se il matrimonio non c’è stato. Ma se c’è stato, è indissolubile».
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