martedì 17 maggio 2011

La coscienza del cattolico in politica



S.E.Mons.Giampaolo Crepaldi, "Il cattolico in politica", Cantagalli, 2011, PARTE PRIMA, cap. quarto: "la coscienza del cattolico in politica", da pag.72 a pag.76


La seconda parte del tema "la coscienza del cattolico in politica" è particolarmente importante per la sua attualità e la gravità degli argomenti trattati. Si affrontano tre questioni fondamentali:

1)-la negazione del proprio voto a partiti che promuovono progetti politici contro la legge morale naturale;

2)-il dovere dell'obiezione di coscienza, che acquisterà sempre più importanza e avrà sempre più una valenza politica;

3)-"Davanti al male, non ci si può nascondere dietro il rispetto delle leggi, del proprio ruolo istituzionale, e perfino del rispetto della Costituzione", più volte richiamata di questi tempi in funzione di un presunto "patriottismo costituzionale".

Con questi riferimenti torna il tema della difesa del creato. Il cattolico in politica è sì un politico ma è anche un cattolico. La sua fede getta su tutto questo una luce particolare. Anche la ragione vede che la vita è vita e la morte è morte; che il maschio è maschio e che la femmina è femmina; che da un embrione umano nasce una persona umana e non un ranocchio. La fede però la illumina e la sostiene quando dovesse cedere. ll cattolico in politica vede nella Natura “il creato”, nei 10 comandamenti non solo una legge naturale ma anche il bene stabilito da Dio, che è Verità e Amore ed ha chiaro quindi quando deve fermarsi, anche se una ragione politica che ha perso la fiducia in se stessa gli dicesse di andare avanti. Che questo bisogno dell’appoggio della fede religiosa ci sia è comprovato dal fatto che spesso è proprio la Chiesa cattolica a doversi erigere come ultimo baluardo a difesa della vita, della persona e della famiglia. Quando i diritti dei più deboli non vengono rispettati e la ragione illuministica non vede la necessità di rispettarli, entra in gioco l’aiuto della rivelazione. Anche il cattolico in politica dovrà rivolgersi a questo aiuto nei momenti di incertezza. Egli è un membro della Chiesa, fedele al Magistero che su questioni di fede e di morale orienta tutti, anche i politici.

Davanti a leggi che permettano il male radicale, il cattolico in politica esercita la propria obiezione di coscienza, nella quale trovano espressione la sua libertà unita alla sua responsabilità. ll cittadino non può dare il proprio voto ad un partito che contempli nel proprio programma l’aborto, l’eutanasia, la possibilità di distruzione dell’embrione, la selezione eugenetica, il riconoscimento di unioni di fatto equiparate al matrimonio, il riconoscimento giuridico di coppie omosessuali. Il dipendente pubblico del settore sanitario, per esempio, deve opporre obiezione di coscienza davanti a comportamenti richiesti sul lavoro in applicazione di leggi simili. A maggior ragione l’amministratore della cosa pubblica o il legislatore deve ricorrere all’obiezione di coscienza davanti a leggi che legalizzano il male e che contrastino con le leggi morali naturali fondamentali. Di solito, davanti a queste indicazioni, si sostiene che agendo in questo modo i cattolici in politica si ritirerebbero dal campo e lascerebbero libero spazio agli altri, producendo alla fine un danno maggiore. A questa obiezione si può rispondere in vari modi. Prima di tutto ricordando che non è lecito fare il bene attraverso il male. Non si può firmare una legge che preveda l’aborto e rimanere in carica pensando che cosi si potrà fare del bene domani, perché in questo caso si penserebbe di poter fare il bene facendo il male. In secondo luogo bisogna ricordare che la politica la si fa sia agendo sia rifiutandosi di agire. Anche l’obiezione di coscienza, anche le dimissioni da un prestigioso incarico politico, sono atti politici che non è detto che non procurino a loro volta dei frutti politici. Perché mai si deve escludere che dal bene nasca il bene? Tommaso Moro è stato proclamato Patrono dei politici da Giovanni Paolo ll non per aver fatto qualcosa ma per non averlo fatto, per aver fatto obiezione di coscienza. Anche Tommaso Moro avrebbe potuto pensare di rimanere in carica (e in vita) per poter fare domani del bene. Infine la politica la si può fare a diversi livelli e se si perde una poltrona si aprono altre possibilità di esercitare la propria vocazione politica. Senza contare poi un aspetto di fondamentale importanza per il credente: il sacrificio, la croce, la sofferenza devono essere messe in conto da chiunque, come credente, operi in politica.

Ci sono molti motivi per dire che in futuro aumenteranno i casi limite nei quali dovra essere esercitata l’obiezione di coscienza e che questa assumerà sempre più un significato politico. Le nuove tecnologie connesse con l’ingegneria genetica, le nuove forme di attentato alla dignità della vita umana, i nuovi attacchi alla famiglia porranno forse sempre di più in futuro il problema dell’obiezione di coscienza da parte di molti operatori e ancor di più per il politico. Ciò significa che bisogna prepararsi ad un’epoca in cui la testimonianza anche nella forma dell’obiezione di coscienza assumerà vera e propria valenza politica, sarà una delle forme del confronto politico, non un atteggiamento residuale e limitato ad alcuni casi molto particolari, non un atteggiamento di confine, ma una forma di espressione politica e di indicazione di senso per la politica di primo piano. L’obiezione di coscienza diventerà sempre più un modo per indicare nuclei di problemi politici, per determinare le priorità per la politica e la stessa agenda politica correttamente intesa. Con ogni probabilità l’obiezione di coscienza verrà sempre più precisata nei suoi fondamenti morali e nei suoi contorni politici e verrà perfino organizzata. Anche la gamma di problematiche che richiederanno l’obiezione di coscienza con ogni probabilità aumenteranno, se continuasse l’attuale tendenza in corso. Ai campi che ho gia ricordato sopra si aggiungeranno quelli connessi con l’educazione se dovesse accadere, come in parte sta gia accadendo, che lo Stato dovesse pretendere per sé un ruolo educativo primario in campi delicati della formazione dei bambini e dei giovani.

L’obiezione di coscienza del politico si fonda su un principio famoso, espresso già da Antigone e da Socrate ed enunciato anche nel Vangelo: bisogna obbedire a Dio prima che agli uomini. per questo che davanti al male, non ci si può nascondere dietro il rispetto delle leggi, del proprio ruolo istituzionale, e perfino del rispetto della Costituzione. Non c’e una legge umana, nemmeno la Costituzione di un Paese, che possa pretendere l’ossequio che merita la legge divina e quindi anche la legge naturale. Si adopera spesso l’espressione “patriottismo costituzionale". La Carta costituzionale è per il cattolico in politica un punto di riferimento importante, ma non è l’ultimo. Essa non sostituisce il Vangelo e nemmeno la legge morale naturale. Piuttosto deriva il suo stesso valore, formalmente espresso dalla volontà popolare che tuttavia non ne è il fondamento ultimo, dal fatto che rispetta i diritti fondamentali della persona umana, intesa nella sua globalità, ossia secondo il valore del suo essere e secondo il piano di Dio su di essa. Questi due ultimi aspetti sono il vero fondamento della Carta costituzionale, e ad essi si deve maggiore rispetto che non alla Carta stessa. Del resto la Costituzione stessa enuncia dei principi che la fondano, nasce quindi con la consapevolezza di essere funzionale a qualcosa che non è essa a costituire.

Purtroppo sulla coscienza e sulla obiezione di coscienza pesano oggi delle ipoteche culturali riduttive, che molto peso hanno anche sul comportamento dei politici. La coscienza oggi è intesa come liberta senza responsabilità, come individuo senza comunità, come desiderio senza legge. È vista come qualcosa di assolutamente individuale e intollerante verso ogni limite e condizionamento. L’obiezione di coscienza diventa quindi qualcosa di arbitrario e perfino di capriccioso. Oppure l’obiezione di coscienza viene considerata una semplice opinione, uguale al suo contrario. C’e quindi perfino una inflazione dei motivi per fare obiezione di coscienza e, portando il discorso all’estremo, di questo passo puo finire che ogni cittadino faccia obiezione di coscienza dal punto di vista delle sue opinioni e in loro difesa. Una simile obiezione di coscienza comporterebbe la polverizzazione della società. È quindi di importanza fondamentale che, mentre si rivendica il diritto all’obiezione di coscienza, si operi anche per ricostruire nel comune sentire un significato di coscienza non individualistico e relativistico ma devoto ai principi della legge morale naturale, non da sentire come una oppressione o una indebita costrizione, ma come le indicazioni del nostro dover-essere, di una vita veramente umana.

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