giovedì 8 gennaio 2009

Parlare chiaro


La posizione assunta dalla Chiesa cattolica nei confronti della cosiddetta proposta di "depenalizzazione dell'omosessualità" del presidente francese Sarkozy non può stupire nessuno che non sia in malafede. Il motivo è molto semplice: quella proposta non propone solo la depenalizzazione ma anche la collocazione degli omosessuali tra le categorie da proteggere contro l'omofobia, paragonata al razzismo e all'intolleranza. La proposta Sarkozy, in altre parole, identifica omosessualità ed omosessuali, sostenendo che non si può essere contro l'omosessualità ma non contro gli omosessuali o, al contrario, che chiunque è contro l'omosessualità è anche contro gli omosessuali. Questa è invece la posizione della Chiesa e anche di tante persone che adoperano semplicemente la ragione. Si può sostenere che l'omosessualità è un "disordine", come disse Benedetto XVI, e contemporaneamente affermare che gli omosessuali hanno tutta la dignità della persona umana e come tali meritano rispetto. L'omosessualità non è l'unico disordine perché tutti noi ne portiamo e sopportiamo qualcuno. Non è il disordine più grave. Ma è un disordine ed è doveroso per tutti non trasformare un disordine in un ordine. L'omosessualità non va quindi promossa o insegnata come una scelta sessuale indifferente, la coppia omosessuale non va equiparata giuridicamente alla famiglia tradizionale e non deve essere possibile per coppie gay adottare bambini. Ciò non contrasta con il chiedere rispetto per gli omosessuali e, dal punto di vista cristiano, con l'amarli come fratelli.
Proprio ieri la Santa Sede affermava di non voler sottoscrivere la convenzione ONU sui disabili. La Chiesa ce l'ha con i disabili? Certamente no. Il fatto è che quella convenzione stabilisce anche il diritto alla "salute riproduttiva" della madre in caso di disabilità del feto. In pratica apre le porte all'aborto eugenetico, cosa che la Chiesa non può accettare. Le convenzioni e le leggi hanno molti aspetti. Siccome la Chiesa ritiene che non si possa fare il bene attraverso il male, se alcuni aspetti sono condivisibili - come è il caso della depenalizzazione dell'omosessualità - ma altri sono fortemente negativi, la Chiesa non accetta e mette in guardia dai pericoli presenti e futuri. Noi europei, tra l'altro, abbiamo una lunga esperienza a riguardo. Il Parlamento europeo ha più volte tentato di forzare gli Stati membri sul tema del riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali proprio equiparando l'omofobia al razzismo, all'intolleranza e perfino al sionismo. La probabilità, quindi, che la proposta Sarkozy, se approvata, venga adoperata per stigmatizzare gli Stati che non riconoscono le coppie gay come intolleranti e contrari alla Dichiarazione universale sui diritti umani si avvicina molto alla certezza. Paragonare l'Iran, che incarcera i gay, e l'Italia, che non vuole il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali, è un salto logicamente molto spericolato, ma che una simile legge favorirebbe senz'altro.
Con ciò non è stato ancora chiarito il motivo di fondo per cui la Chiesa non accetta di equiparare l'omosessualità all'eterosessualità. Questo motivo è che essa ritiene che all'origine della società ci sia una coppia maschio e femmina e non due individui asessuati o indifferentemente sessuati. Si è ormai dimenticato il significato sociale della sessualità, la quale è stata privatizzata dalla morale individualistica anche se molto pubblicizzata dall'industria del consumo. Due fenomeni in fondo complementari. Ma la Chiesa non può dimenticare. Due individui indifferentemente sessuati - omo o trans - non si completano accogliendosi nella complementare diversità e non sono aperti, insieme, all'accoglienza della vita. La sessualità, qui, si individualizza e si tecnicizza. Ebbene, la Chiesa ritiene che se l'accoglienza - nella forma della diversità / complementarietà sessuale e nella forma della accoglienza della vita - non si dà in questo momento iniziale non si ricostruirà più in seguito. La società sarà in mucchio di individui accostati l'uno all'altro, ma non una comunità. Quando si dice, talvolta con un po' di retorica, che la famiglia è la cellula della società, si vuole intendere proprio questo.

Stefano Fontana - © 3 Dicembre 2008 - L'Occidentale

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