Assisi si avvicina.
Giovedì 27 ottobre - data attesa, da taluni con speranza, da altri con timore - è oramai ad un passo. E non sono mancate, non mancano le polemiche. L'accusa è nota: quest'incontro interreligioso è "pericoloso", "scandaloso", "attacca la fede cattolica", "aizza il sincretismo" e così via. Vien dato tanto per scontato che l'evento sia dannoso, che chi osa difendere il Sommo Pontefice nella sua decisione di prendervi parte viene etichettato come "integrista", "papolatra" et similia: in ultima analisi, come un pitocco da compatire, probabilmente.
In realtà, almeno una parte dei difensori di Benedetto XVI vuole semplicemente vivere pienamente la propria fede cattolica, comportandosi da buon fedele. In questo senso, un defensor Papae analizza l'evento e riconosce che esso ha una certa valenza: non è mera espressione di un gusto personale del Santo Padre o un suo atto privato, ma è un gesto compiuto consapevolmente come successore dell'apostolo Pietro.
Insomma, non è Ratzinger ad andare ad Assisi: è Benedetto XVI. Ne consegue che un defensor prende quest'avvenimento nella giusta considerazione: è atto pontificio, quindi richiede che il fedele abbia per esso il rispetto dovuto. E il rispetto, per il defensor, non comporta solamente una vaga dichiarazione verbale di riguardo nei confronti della Sede Apostolica, ma esige pure di tentare - con le proprie povere capacità - di interpretare positivamente questo gesto.
Questo, secondo la morale cattolica, è dovuto - in fondo - ad ogni atto umano: si tratta di evitare il giudizio temerario. In questo senso, conoscendo la figura di Joseph Ratzinger prima del suo avvento al soglio pontificio e pure le sue azioni da Pontefice, si può essere ragionevolmente sicuri che non abbia alcuna intenzione di far cadere l'incontro d'Assisi nei pericoli paventati. Ma, oltre ad evitare il giudizio temerario, nei confronti del Sommo Pontefice è dovuta ancora maggior attenzione e ossequio.
Il defensor, quindi, cerca con tutte le sue energie di appoggiare il successore di Pietro e di interpretare positivamente le sue azioni. E' questo un modo d'agire che il defensor sente come profondamente ed intimamente cattolico: cerca di amare il Vicario di Cristo, di rispettarlo, di aiutarlo. Quando parla, lo ascolta: non presume - come taluni, purtroppo, sembrano fare - che il Papa sbagli fino a prova contraria. E lo ascolta perché ha un'alta opinione del Magistero e dei suoi atti: non crede che un Pontefice insegni una volta per secolo e, nel resto del tempo, si limiti ad esporre opinioni personali, chiacchiericci o corbellerie.
Recentemente è stato diffuso il passaggio di una lettera privata del Papa ad un teologo evangelico, in cui il Santo Padre esprime in maniera piuttosto netta il proprio pensiero (nota 1). Alcuni l'hanno interpretato in senso copernicano, come se svelasse chissà quali trame nascoste. In verità, sembra solamente che essa confermi ciò che ragionevolmente si poteva supporre già in precedenza: cioè che il Papa non sia del tutto entusiasta dell'incontro e che, comunque, è pienamente consapevole dei rischi di interpretazioni relativistico-sincretiche dell'evento. Non rinnega ciò che aveva espresso nella Dominus Iesus e ritiene che la sua presenza personale possa essere un modo per tentare di evitare distorsioni. Insomma, erravano coloro che dipingevano Benedetto XVI come una sorta di neomodernista che, dopo essersi nascosto per decenni sotto le vesti di custode dell'ortodossia cattolica, fosse risbucato fuori una volta eletto al soglio petrino; e non era neppure corretta l'interpretazione di coloro che tratteggiavano il fosco quadro d'un Papa prigioniero di correnti opposte, oramai anziano ed incapace di imporsi, sballottato quà e là dalla Curia.
Emerge invece un Benedetto XVI che non vuole affatto venir meno al ministero cui il Signore lo ha chiamato: "confirma fratres tuos" (Lc 22,32) e che, anzi, vede Assisi quasi come un'occasione per adempiere a questo compito. Perché questi incontri si sono già svolti in passato e si svolgono tuttora, che il Papa sia presente o meno: e, poiché sono stati mal interpretati in passato, Benedetto ritiene che la sua presenza, catalizzando l'attenzione, possa permettergli di veicolare il corretto messaggio riguardo ad Assisi.
Non va nella città del Poverello per partecipare alla creazione di una nuova religione mondiale, blasfemo culto ad un idolo partorito dalla mente umana, ma "allo scopo di fare memoria di quel gesto storico voluto dal mio Predecessore" (nota 2) e per "rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace." (nota 3)
In conclusione, ribadisco che l'atteggiamento del defensor, oltre a quanto detto sopra, è sostanzialmente quello di richiamare taluni critici ad una questione di principio: date un'opportunità a Benedetto XVI, abbiate fiducia in lui.
(nota 1) Ecco l'originale tedesco: "Ihre Sorge angesichts meiner Teilnahme an dem Assisi-Jubiläum verstehe ich sehr gut. Aber dieses Gedenken mußte auf jeden Fall gefeiert werden, und nach allem Überlegen erschien es mir als das Beste, wenn ich selbst dort hingehe und damit versuchen kann, die Richtung des Ganzen zu bestimmen. Jedenfalls werde ich alles tun, damit eine synkretistische oder relativistische Auslegung des Vorgangs unmöglich wird und klar bleibt, daß ich weiterhin das glaube und bekenne, was ich als Schreiben Dominus Jesus der Kirche in Erinnerung gerufen hatte." (fonte: http://www.katholisches.info/2011/10/04/benedikt-xvi-uber-assisi-3-%E2%80%9Ewerde-alles-tun-damit-eine-synkretistische-oder-relativistische-auslegung-unmoglich-wird%E2%80%9C-%E2%80%9Ehab-vertrauen%E2%80%9C/)
(nota 2) Cfr. Angelus del 1° gennaio 2011 (http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/angelus/2011/documents/hf_ben-xvi_ang_20110101_world-day-peace_it.html)
(nota 3) Ibidem.Fonte: SACRIS SOLEMNIIS
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