lunedì 9 febbraio 2015

L'omofobia è un'invenzione per lavarci il cervello.



Alle soglie del terzo millennio, un nuovo tipo di sport sembra conquistare sempre più seguaci: la caccia all’omofobo. Si può praticare facilmente, senza grandi sforzi, anche grazie all’aiuto dei mezzi di comunicazione.

di Carlo Climati

L’omofobo è il nuovo mostro da catturare e da guadare con disprezzo. E’ sufficiente individuarlo per metterlo alla gogna e sbatterlo rapidamente sulle prime pagine dei giornali.

Ma chi è l’omofobo? Qual è la sua grande colpa? Sicuramente quella di non lasciarsi travolgere dalle mode passeggere, che vorrebbero cancellare le parole “mamma” e “papà” dal nostro vocabolario.

L’omofobo è colpevole di non inginocchiarsi di fronte allo strisciante indottrinamento che si sta diffondendo nelle scuole, per promuovere tra i bambini l’ideologia gender. Una colonizzazione che punta a costruire un mondo al contrario, dove il “genitore uno” e il “genitore due” possono comprare il proprio figlio come merce in vetrina, sfruttando la povertà della gente.

Per mettere in pratica questa colonizzazione è stata creata una parola nuova: omofobia. Ma esiste davvero l’omofobia?
Sicuramente esistono persone omosessuali che vengono derise, umiliate, insultate, imprigionate, condannate a morte o spinte addirittura al suicidio. Questo è veramente vergognoso ed ingiusto.

Ma certe discriminazioni, purtroppo, possono riguardare tutti. Anche una persona grassa può essere ridicolizzata o emarginata. Ma nessuno ha mai parlato di “grassofobia”. Perché inventarsi parole nuove che hanno soltanto un significato ideologico?

La parola “omofobia” è stata generata con il chiaro obiettivo di creare colpevoli che non esistono. Per questa ragione bisogna evitare di usarla, per non diventare complici del lavaggio del cervello contemporaneo.

Non è una colpa rifiutare il mercato dell’utero in affitto o l’adozione dei bambini da parte delle persone omosessuali. E’ semplicemente una questione di buon senso.

E’ giusto “affittare” il corpo di una donna? E’ giusto “comprare” il bambino che questa mamma ha tenuto dentro di sé per nove mesi? E’ giusto che la maternità diventi un “lavoro”, un “commercio”, un “mercato” di esseri umani?

Il mercato delle gravidanze in affitto sfrutta spesso la povertà di donne costrette a vendere il proprio bambino per cercare di sopravvivere. E così, allo squallore del mercato si aggiunge lo squallore del dominio dei forti sui più deboli, dei ricchi sui poveri, degli onnipotenti sui più vulnerabili. E’ accettabile tutto questo?

Ma c’è anche un’altra domanda che dovremmo porci: chi ascolta i bambini? Chi si preoccupa del loro futuro? Forse, un giorno, quando saranno grandi, si chiederanno: perché siamo stati strappati all’abbraccio della nostra vera madre?

Oggi sentiamo parlare spesso di “diritti delle persone omosessuali”. Ma anche questo argomento fa parte del lavaggio del cervello imposto attraverso i mezzi di comunicazione.

Avere un figlio non è un diritto per nessuno. L’unico diritto è quello del bambino, che dovrebbe avere la possibilità di crescere in una famiglia con una mamma ed un papà.

I giovani meritano un futuro migliore, in cui ogni essere umano possa esprimere liberamente il proprio pensiero e dire “no” al mercato dei bambini, strappati all’amore materno per soddisfare l’egoismo di qualcuno.

Per questa ragione non bisogna restare a guardare, ma reagire con forza a questa nuova forma di dittatura che minaccia il mondo. 

(06 Febbraio 2015) © Innovative Media Inc.
Fonte: Zenit
Foto: Uccr

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