Chi celebra la festa dei Martiri Innocenti, il 28 dicembre, pensa alla famosa strage come a un evento lontano, passato, simbolico. Invece ci sono moderni Erode – vivi e con un certo seguito – che sostengono l’aborto perché ritengono le vite dei bambini senza valore.
Immaginare i bambini ancora nel grembo andare incontro alla morte causata da un aborto volontario è terribile. Negli anni, però, è stata oltrepassata anche un’altra terrificante frontiera: il divieto di sopprimere un bambino già nato. L’infanticidio a tutti gli effetti viene perpetrato in modo legale, con il consenso di medici e genitori, principalmente a causa di gravi malattie o disabilità permanenti, ma già c’è chi lo giustifica per cause più futili.
In molti hanno pensato subito al paragone con Sparta. Secondo la tradizione, nella città-stato del Peloponneso il gruppo sociale più potente, gli spartiati, abbandonava sul monte Taigeto i figli nati con problemi fisici, condannandoli a morte. Un criterio di efficienza motivava questa scelta: gli spartiati, guerrieri, che detenevano il potere, erano numericamente inferiori agli altri gruppi sociali. Erano dunque “condannati” alla perfezione e a ben dosare tempi e risorse.
Il paragone è azzardato? No. Anche oggi un sottinteso criterio di efficienza motiva i sostenitori dell’aborto e di questa pratica turpe: in una società fondata su “valori” quali bellezza, giovinezza, salute – in cui malattia e disabilità sono messe al bando – chiunque non è in linea con questa pressante richiesta di perfezione è guardato con sospetto e, spesso, fatto oggetto di proposte da “soluzione finale”. A Sparta, però, non si trinceravano dietro motivi umanitari, né soprattutto abbiamo la certezza che ciò avvenisse davvero: recenti studi sembrano disconfermare questa tradizione. Ciò che invece accade oggi è reale e, in nome di una presunta libertà individuale e di un malinteso senso di pietà, si pretende di disporre della propria vita e di quella altrui con arroganza prometeica. Già Giovanni Paolo II aveva sottolineato: «Si delinea e consolida una nuova situazione culturale, che dà ai delitti contro la vita un aspetto inedito e — se possibile — ancora più iniquo suscitando ulteriori gravi preoccupazioni: larghi strati dell’opinione pubblica giustificano alcuni delitti contro la vita in nome dei diritti della libertà individuale e, su tale presupposto, ne pretendono non solo l’impunità, ma persino l’autorizzazione da par- te dello Stato, al fine di praticarli in assoluta libertà ed anzi con l’intervento gratuito delle strutture sanitarie» (Evangelium Vitae, n. 4).