sabato 30 agosto 2025

Cani e città: quando manca il senso civico




Affronto oggi un argomento che apparentemente si colloca al di fuori della tradizionale impostazione cattolica di questo blog, ma che in realtà tocca da vicino la vita di ogni credente. L’educazione civica, infatti, non è un elemento marginale della convivenza sociale: essa rappresenta il terreno concreto sul quale si misura la capacità di un cristiano di testimoniare, attraverso i propri comportamenti quotidiani, il rispetto per l’altro e per il mondo che lo circonda. Vivere con senso civico significa, in fondo, vivere la carità in una forma pubblica e concreta, traducendo in gesti visibili quel comandamento evangelico che ci invita ad amare il prossimo come noi stessi.

Oggi più che mai, tuttavia, ci troviamo di fronte a una deriva culturale che rischia di svuotare questo valore. Da una parte, si assiste alla diffusione di una mentalità fondata su un ambientalismo spesso ridotto a slogan, utilizzato in maniera strumentale per interessi economici o ideologici, che nulla hanno a che vedere con la custodia autentica del creato. Dall’altra, si perde di vista la vera responsabilità che ogni persona ha nel prendersi cura del bene comune e degli spazi condivisi. In questo modo il rispetto per l’ambiente e per le relazioni sociali viene sostituito da una forma di estetica o di moda del momento, che non incide realmente sul modo di vivere quotidiano.

Il rischio è quello di una contraddizione evidente: si parla di tutela della natura in termini astratti e globali, ma poi si tollerano comportamenti quotidiani che sporcano, degradano e offendono la bellezza del creato. Si innalzano bandiere di ecologismo ideologico, mentre si chiude un occhio davanti all’incuria delle strade, all’abbandono dei rifiuti o all’uso sconsiderato degli spazi pubblici. È questa incoerenza che rivela quanto sia urgente recuperare il senso autentico di un’educazione civica, che non è semplice rispetto delle regole, ma riconoscimento del valore intrinseco di ogni frammento di realtà che ci è stato affidato.

Per un cristiano, questo significa tornare a vedere nella società e nel creato non solo luoghi di transito, ma spazi da custodire come dono ricevuto. Un dono che comporta responsabilità, perché il rispetto per l’ambiente e per gli altri è la prima forma di testimonianza della nostra fede. Non c’è vero amore per Dio se non si traduce in amore e rispetto per ciò che Egli ha creato e per le persone con cui ci chiama a vivere.

Le nostre città vivono da tempo una contraddizione evidente: da una parte, l’amore verso gli animali domestici, in particolare i cani, che sono diventati veri e propri compagni di vita; dall’altra, l’incapacità di gestire questa presenza in modo civile e rispettoso della comunità. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: marciapiedi trasformati in latrine a cielo aperto, muri e portoni imbrattati dall’urina, giardini pubblici invasi da deiezioni non raccolte. Un quadro che non solo degrada il decoro urbano, ma mina la salute pubblica e la qualità della convivenza quotidiana. 

La radice del problema non è l’animale, che non ha colpa, ma il comportamento dei proprietari. In Italia, più che altrove, manca una solida educazione civica di base che insegni a considerare la cosa pubblica come patrimonio comune da rispettare. Siamo un Paese in cui troppo spesso si pensa che ciò che è di tutti, in realtà, non sia di nessuno, e quindi possa essere utilizzato e maltrattato senza conseguenze.

Questa mancanza è stata amplificata da anni di lassismo istituzionale e da un permissivismo che ha fatto credere che ogni comportamento sia legittimo. Il risultato è una forma di “deviazione civica” che porta molte persone a credere che sia naturale lasciare il proprio cane sporcare sui marciapiedi, o che sia accettabile trattare l’animale come un figlio e gli spazi urbani come un’estensione della propria casa. Ma la città non è un salotto privato: è un luogo di convivenza, e in quanto tale richiede regole e rispetto reciproco. Un altro elemento che alimenta il problema è la diffusa “tolleranza di facciata”: chi si lamenta o richiama all’ordine viene subito etichettato come intollerante, nemico degli animali o persona insensibile. Si crea così un paradosso: il cittadino che difende il bene comune diventa bersaglio di critiche, mentre chi sporca e viola le regole viene considerato nel giusto.

mercoledì 20 agosto 2025

L’antropologia spirituale e la difesa della domenica nel Magistero della Chiesa

 


L’antropologia spirituale parte da un dato fondamentale: l’uomo non si esaurisce nel lavoro, nella produzione o nel consumo. Come ricorda il Concilio Vaticano II, “l’uomo… non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé” (Gaudium et spes, 24). Ciò significa che la persona ha bisogno di aprirsi a Dio e agli altri, trovando nel tempo del riposo e del culto lo spazio privilegiato per questo incontro.

Quando la società cancella la domenica, essa non priva solo i cittadini di un giorno di pausa, ma snatura la stessa struttura spirituale dell’uomo, che ha necessità di un tempo “gratuito”, non finalizzato al profitto.

La domenica, giorno del Signore, nasce dal comandamento sabbatico: “Ricordati del giorno di sabato per santificarlo” (Es 20,8). Per i cristiani, questo precetto trova compimento nella Risurrezione di Cristo, avvenuta nel primo giorno della settimana, che diventa così il nuovo giorno del Signore (dies Domini).

San Giovanni Paolo II, nell’enciclica Dies Domini (1998), afferma con chiarezza: “Non abbiate paura di dare tempo a Cristo! Sì, apriamo a Cristo il nostro tempo, perché Egli lo illumini e lo orienti” (n. 7). Questo tempo, che la domenica rappresenta in modo unico, non appartiene al mercato né alla logica del consumo, ma è segno della libertà del cristiano.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica è molto chiaro: La domenica e gli altri giorni di festa di precetto i fedeli sono tenuti ad astenersi da quei lavori e attività che impediscono di rendere culto a Dio, di godere della letizia propria del giorno del Signore, di fare le opere di misericordia e di avere il giusto riposo della mente e del corpo (CCC, 2185).

Questo precetto non è solo un dovere morale, ma anche una protezione della dignità umana. La Chiesa si oppone al lavoro domenicale sistematico perché esso:

  • distrugge il tempo della famiglia e della comunità,

  • riduce l’uomo a produttore e consumatore,

  • cancella il segno pubblico della fede e dell’appartenenza cristiana

  • mina nel profondo il senso e il significato della Resurezione di Cristo dalla morte.


Papa Benedetto XVI ricordava che “senza Dio l’uomo non sa dove andare né riesce a capire chi egli stesso sia” (Deus Caritas Est, 28). Proprio per questo, la perdita della domenica conduce inevitabilmente all’indifferentismo religioso: se il tempo non è più aperto a Dio, Dio diventa irrilevante nella vita quotidiana.

Alla luce dell’antropologia spirituale e del Magistero, la missione della Chiesa è chiara: custodire la domenica come patrimonio di umanità e di fede. I sacerdoti, in particolare, hanno la responsabilità di:

  • Educare i fedeli a comprendere che la domenica non è un optional, ma il cuore della vita cristiana.

  • Denunciare profeticamente le logiche economiche che schiavizzano l’uomo e annullano la sua apertura a Dio.

  • Proporre alternative comunitarie, valorizzando la Messa domenicale, le opere di carità, i momenti di condivisione familiare e parrocchiale.

  • Contrastare l’indifferentismo religioso, mostrando che senza la domenica l’uomo perde se stesso e la società si impoverisce spiritualmente e umanamente. Difendere la Domenica significa custodire la nostra identità cristiana e umana, riscoprirne il significato e restituire il nostro tempo a Dio.

La domenica non è un semplice giorno di pausa: è il segno della libertà dell’uomo che sceglie di orientarsi verso Dio. Ma se oggi lo stesso clero abdica a questo annuncio, alla possibilità di fare riscoprire al popolo il significato del riposo come mezzo per giungere ad una maggiore intimità e amicizia con Dio, se lo stesso clero ammicca di fronte all'invadenza del mercato che mercifica l'uomo e lo utilizza come mezzo di lucro per affari milionari, come potrà l'uomo liberarsi dal gioco del mercato? Come potrà Dio ritornare al PRIMO posto nel flusso della vita quotidiana? La Domenica serve proprio per ricaricare le energie disperse nella frenesia della settimana e aiutare i fedeli a ri-orientarsi verso Dio. 

Come scrive San Giovanni Paolo II:
“Non abbiate paura di vivere la domenica come giorno del Signore e dell’uomo” (Dies Domini, 7).

Ecco perché "Difendere la domenica significa in definitiva difendere l’uomo".

D.D.


foto dal web


venerdì 15 agosto 2025

Assunzione di Maria Santissima in Cielo

 




Se c'è una Solennità cattolica che mi ha da sempre particolarmente colpito è quella della Assunzione in Cielo di Maria Santissima con l'anima e il corpo. 

Questa Solennità ci dice tante cose ed ispira molte considerazioni. Se da una parte può essere inserita in  quei misteri della fede che umanamente sembrano infittire la grande domanda su Dio, dall'altra parte offre allo sguardo di chi cerca la Verità - che è Dio Stesso  - una grande risposta di consolazione. 

Maria, creatura perfetta, rappresenta l'umanità così come era stata pensata da Dio sin dall'origine dell'intera creazione. Essa, preservata dal peccato sin dal suo concepimento, ci mostra la nostra meta e il fine dell'esistenza di ogni uomo e donna che vive sulla terra. 

Cosa è infatti la vita umana se non il cammino faticoso e umile di chi si pone alla ricerca dello scopo, del senso e della meta della sua esistenza? Solo chi si pone integralmente e con determinazione su questo sentiero a volte impervio, altre più chiaro, altre ancora faticoso e all'apparenza quasi irragiungibile, può cogliere la bellezza dei silenzi e delle ispirazioni della Grazia divina. 

Maria è la creatura che con la sua vita e il suo esempio, spiana la strada, illumina il cammino e insegna ai Suoi figli la direzione per giungere a Suo Figlio. Lei che oggi è nella Patria a cui tutti noi uomini su questa terra siamo chiamati a raggiungere, ci mostra quale sarà il dsestino di coloro che si saranno impegnati con zelo a portare avanti la faticosa sfida di lasciarsi guidare e illuminare da Dio. 

Affidare la propria vita a Maria, significa affidarla a Dio Stesso. Colui dal Quale abbiamo ricevuto la vita, è Lo Stesso che siamo interiormente chiamati a ritrovare nel percorso dell'esistenza terrena. Il solo ed unico scopo del vivere è infatti, conoscere Lui per essere plasmati da Lui e vivere in Lui.

In questo giorno così solenne, in cui la Chiesa proclama la regalità celeste della Madre di Dio, lasciamoci interrogare da una Verità che incalza la nostra intelligenza e la nostra coscienza. impariamo l'umiltà della "serva del Signore" al Quale Ella si è affidata per compiere nella sua vita la Sua Volontà. 

Scopriremo solo allora le meraviglie che il Signore può realizzare anche nella nostra vita. 

 D.D.