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| Charlie Kirk |
L’assassinio di Charlie Kirk, avvenuto durante un incontro pubblico in Utah, ha scosso profondamente non solo il mondo politico americano, ma anche l’opinione pubblica internazionale. Non si tratta di una morte come le altre: hanno colpito un uomo, giovane marito e padre, ma anche un simbolo di impegno, di speranza, di dedizione a una causa che, al di là delle appartenenze, aveva il coraggio di interpellare le coscienze.
Charlie Kirk, pur non essendo cattolico, viveva un dialogo quotidiano con la fede della moglie e con tanti credenti che lo hanno incrociato nel suo percorso. La sua vita non era esente da limiti, ma ha tentato con il suo impegno di dare un senso a chi lo aveva perduto, di offrire parole di orientamento a giovani smarriti, a persone disadattate che cercavano una via di ritorno alla preghiera, alla speranza, alla fede.
La brutalità con cui è stato strappato alla vita e le gravissime espressioni di esultanza provenienti da varie parti del mondo alla notizia della sua morte, richiamano un problema che prima di essere politico o di sicurezza, è soprattutto un problema che ha radici molto più profonde. È il sintomo del degrado morale e civile che segna la nostra epoca. In troppe parti del mondo occidentale assistiamo a una progressiva demolizione dei valori universali che dovrebbero essere condivisi da tutti: il bene, la pace, l’amore, la libertà di opinione, il confronto civile. Al loro posto cresce un linguaggio d’odio, una violenza diffusa, un clima di sospetto e di aggressività che disumanizza l’uomo e lo priva della sua dignità più profonda. Questa modalità è oggi diffusa in vastissimi ambiti e raggiunge moltissime fasce della popolazione. Spesso i nostri stessi colleghi, amici e conoscenti sono caduti nella trappola di questa mentalità polarizzante e mortificante che non riesce a oltrepassare i confini della decenza e del rispetto della dignità altrui. Da qui l'inquietante realtà che ci circonda: persone comuni che giustificano il più barbaro degli assassinii.
Viviamo in un tempo in cui il livello di appiattimento morale ed etico delle masse ha raggiunto proporzioni inquietanti. Non è un fenomeno casuale né spontaneo: esso è il frutto di un disegno coltivato da decenni da élite che hanno come unico scopo la sottomissione dell’uomo. Non parliamo qui di una semplice “influenza culturale” o di un normale confronto di idee, ma di un progetto deliberato di svuotamento interiore, volto a trasformare le persone in una massa informe, priva di senso critico, incapace di discernere il bene dal male, male che, oggi più che mai, viene sostituito, attraverso la menzogna, al bene stesso.
Questa manipolazione avviene attraverso molteplici strumenti: i mezzi di comunicazione che diffondono un pensiero unico; il sistema educativo che spesso abdica al compito di formare coscienze libere e si limita a trasmettere nozioni utili solo al mercato, se non addirittura deleterie della stessa dignità umana; la cultura del consumo che induce dipendenze continue; la politica che, più che difendere l’uomo e i suoi valori, diventa complice di tali dinamiche in nome della stabilità o del consenso. Il tutto viene giustificato con parole nobili — progresso, inclusione, libertà — che però nascondono un vuoto, e spesso un inganno.
Giovanni Paolo II, nella Centesimus Annus, ammoniva che una società che non riconosce più valori morali oggettivi si espone a una nuova forma di totalitarismo, magari più sottile, ma non meno oppressivo. Benedetto XVI, con lucidità profetica, ha più volte denunciato la “dittatura del relativismo”, quella mentalità che cancella ogni verità in nome di una libertà apparente, che però lascia l’uomo in balìa del più forte, del più aggressivo, del più rumoroso. Già Leone XIII, con la Rerum Novarum, aveva messo in guardia dall’illusione di un progresso che dimentica Dio e riduce l’uomo a semplice ingranaggio di un meccanismo sociale o economico: togliendo il fondamento trascendente, l’edificio civile non può che crollare.
Charlie Kirk, con i suoi limiti e la sua passione, aveva intuito questo meccanismo e non aveva paura di denunciarlo. Per questo molti lo consideravano scomodo. Non si trattava semplicemente di posizioni politiche: egli aveva compreso che dietro la crisi morale e sociale del nostro tempo c’è un attacco radicale alla libertà e alla dignità dell’uomo. La sua voce, rivolta soprattutto ai giovani, cercava di risvegliare coscienze assopite, di smascherare i meccanismi di manipolazione che trasformano gli individui in numeri, in consumatori, in ingranaggi senza identità.
Come difendersi da questo attacco? Innanzitutto tornando a formare coscienze libere, radicate nella verità e non nel relativismo. Difendendosi dall’omologazione che svuota l’individuo di responsabilità e discernimento. Coltivando comunità in cui il confronto sia reale e non pilotato, in cui il bene non sia confuso con il male. Ritornando a Dio, perché solo in Lui l’uomo trova il criterio ultimo della sua dignità e la forza per opporsi all’ingiustizia.
Il Cardinale Sarah ha detto con chiarezza che l’Occidente ha sulla coscienza il rifiuto di Dio. In questo rifiuto affonda le radici la nostra crisi: quando si nega Dio, inevitabilmente si nega anche l’uomo, perché è da Dio che l’uomo riceve la sua dignità inalienabile. È un rifiuto che genera vuoto, che apre la porta all’odio, all’individualismo, alla disgregazione.
L’assassinio di Charlie Kirk non è una semplice tragedia: è la spia di una malattia più ampia. Se persino il confronto politico, che dovrebbe essere palestra di idee e di visioni differenti, diventa terreno di sangue, quale futuro attende le nostre società? Se l’odio viene giustificato, se il male viene travestito da bene, se chi osa professare ideali o valori viene ridotto al silenzio con la violenza, che mondo consegneremo alle generazioni che verranno?
La morte di Charlie Kirk, allora, non può essere solo compianta. Deve diventare per tutti un richiamo a riprendere in mano il timone della storia, a non lasciare che la corrente del disfattismo e dell’odio trascini via il meglio della nostra civiltà. È tempo di agire concretamente, di combattere coloro che odiano l’uomo e vogliono ridurlo a schiavo di ideologie o interessi che lo separano dal bene.
Se oggi non ritroviamo il coraggio di riaffermare i valori veri e universali, se non rimettiamo Dio al centro del nostro vivere sociale e personale, il futuro sarà solo un moltiplicarsi di tragedie come questa. Ma se sapremo riscoprire la forza della fede, il rispetto reciproco, l’amore alla verità, allora il sacrificio di Charlie non sarà stato vano: resterà come testimonianza di una resistenza possibile, di una lotta che vale la pena di combattere.
Caro Charlie, la tua vita non è stata vana. La tua testimonianza porterà frutto. La tua ricompensa sarà eterna e nessuno potrà rubartela mai.
A Dio caro fratello in Cristo!
(Foto tratta dal web)
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