sabato 12 marzo 2011

San Francesco e i sanfranceschi


de Il Crociato

Di cuore ringraziamo il nostro collaboratore "Il Crociato" per la bella e stupenda lezione di "storia" che ci dà su San Francesco: ce lo presenta nella sua realtà (e attualità) più vera, e non come fanno certi francescani, indegni di questo appellativo.
Che San Francesco lo ricompensi.



Quante volte ho assistito alla più turpe delle rappresentazione del più ortodosso dei Santi: quella che contamina la sua fede autenticamente cattolica di derivati di mondialismo ecumenico, di progressismo ambientalista, di pacifismo pilatiano.
Eppure parliamo di due opposti Francesco d'Assisi, uno dei quali appartiene alla divoratrice propaganda di sinistra, l'altro alla storia.
Ha detto Franco Cardini, certamente tra i più grandi medievisti al mondo, lo storico delle crociate:
"Francesco d'Assisi è il prodotto più rappresentativo ed ortodosso della Chiesa delle crociate [...]
Egli non è affatto il personaggio che generalmente ci viene presentato adesso.
Non era il precursore dei teologi della liberazione. Nè tantomeno fu l'araldo di un cristianesimo dolciastro, melenso, ecologico-pacifista: il tipo che ride sempre, lo scemo del villaggio che parla con gli uccellini e fa amicizia con i lupi. Gli voglio troppo bene, a Francesco, per vederlo ridotto così dai suoi sedicenti seguaci. No, Francesco era ben altro".
E putroppo, così è per davvero. Gli stessi frati minori e cappuccini sventolano questo grottesco gonfalone di sincretismo e inefficacia pastorale. Cui prodest?
Basta leggere le lettere scritte di suo pugno per averne messa a fuoco. Parole come "castigo", "inferno", "peccato", "punizione", "morte", "maledetti" sono un esempio del vasto campionario lessicale di una Chiesa custode e profeta di cui Francesco era parte.
Si legga la sua "Lettera ai Reggitori di Popoli" del 1220.
Nella biografia che di lui fa Tommaso da Celano si possono rimediare deliziosi aneddoti e caustiche frasi.
Francesco appartiene ad una Chiesa che contemplava e professava l'evangelizzazione, non il dialogo. Dopo la conversione, tutta la sua vita è segnata dall'ansia non di dialogare accademicamente con i mussulmani, ma di convertirli a Gesù Cristo.
Non andò in Oriente per diffondere l'irenismo (l'eresia teologica del "quieto vivere"), ma per predicare il Vangelo. Ci andò al seguito della Quinta Crociata, di cui fu cappellano.
Sfidò in una pubblica ordalia il sultano d'Egitto Malik al-Kamil; non potendo portare armi (non perchè fosse un pacifista, ma perchè semplicemente glielo vietava il suo status di chierico), lo sfidò a camminare sui carboni ardenti in nome del rispettivo dio.
Questo aspetto "bellico" di Francesco è ben acclarato e spiegato in Rite Expiatis di Pio XI, enciclica per il VII centenario della morte di S. Francesco.
Elogiò più volte cavalieri e paladini distintisi in battaglia, come si legge in Compilatio perusina, 103.
Il Serafico considerava lecita e anzi doverosa la Crociata, che era solito chiamare "la santa impresa" in quanto intervento militare necessario per restituire alla Cristianità i luoghi della Redenzione e contenere la protervia d'assalto turca.
Perfino nel "mieloso" Cantico delle Creature il santo chiosa alla fine "Guai a quelli che morranno ne li peccata mortali!"; e dicasi che il Cantico era comunque un manifesto anti-cataro, non un inno ecologista, in quanto l'eresia catara aborriva tutto ciò che era creato e corporeo (da qui la pratica del suicidio di massa).
È ancora Tommaso da Celano a fugare ogni dubbio sul presunto "spirito d'Assisi" e il suo ecumenismo sfrenato:
Francesco "era convinto che, prima di tutto e soprattutto, è assolutamente necessario conservare, venerare e vivere la fede della Santa Chiesa Romana, che è l'unica salvezza per tutti!". E aggiunge: "Tutti coloro che videro il Signore Gesù Cristo nella Sua umanità, ma non credettero che Egli era il vero Figlio di Dio, sono dannati. Parimenti, tutti coloro che oggi, pur vedendo il Sacramento del Corpo di Cristo consacrato sull'altare, non vedono nè credono che esso è veramente il SS. Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono dannati".
Più chiari di così...
A proposito ancora del sultano Malik, c'è una notizia straordinaria che ci deriva dai Fioretti di S. Francesco. Pare che Francesco riuscì a battezzare, privatamente, il sultano, che pertanto fu salvo per le opere e i meriti del santo. Ciò, con tutta probabilità, è dato che avvenne il 1° Settembre del 1219.
Nel congedare i suoi primi frati destinati al Marocco (dove fu martirizzato Fra' Daniele e gli altri), Francesco diede loro questa consegna: "Dio mi ha ordinato di mandarvi nel Paese dei saraceni per annunziare e confessare la Sua fede e combattere la legge di Maometto".
Non fu nemmeno un contestatore hippie, no-global e quant'altro. E quando ammoniva i signori del tempo, non certo metteva in discussione la legittimità del loro potentato, ma semplicemente ammoniva a rispettare i doveri verso Dio e la comunità; e la sua pratica di povertà deve essere letta non come un rifiuto della ricchezza tout court (nemmeno Gesù stesso aveva osato tanto, giacchè indossava una tunica tanto preziosa da essere contesa a dadi...), ma come rinuncia al mondo e a quello che è terreno per una completa dedizione alle cose celesti.
E siamo certi che avrebbe sicuramente rimproverato Robin Hood, giacchè si legge nella Vita seconda di Tommaso da Celano: "Non è lecito impossessarsi della roba altrui o distribuire ai bisognosi la proprietà degli altri".
Ultima perla.
A chi fosse in odium per la gerarchia ecclesiastica, rispondiamo che già queste poche righe dovrebbero confutare il suo prurito anticlericale; eppure aggiungiamo che anche il Serafico fu un "gerarca": era diacono!

fonte: Il Crociato

1 commento:

  1. Abbiamo letto con interesse il Vostro articolo e Vi invitiamo sul nostro blog...
    http://amicidifatima.blogspot.com
    "Quaresima: la bellezza del mangiare insieme".

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