“La grande marcia della distruzione culturale proseguirà. Tutto verrà negato. Tutto diventerà un credo… Accenderemo fuochi per testimoniare che due più due fa quattro. Sguaineremo spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Non ci resterà quindi che difendere non solo le incredibili virtù e saggezze della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile: questo immenso, impossibile universo che ci guarda dritto negli occhi. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Saremo tra coloro che hanno visto eppure hanno creduto”.
Quasi cent’anni fa il grande Gilbert K. Chesterton prevedeva che la deriva della moderna mentalità nichilista sarebbe stata – di lì a poco – il ridicolo. Cioè la guerra contro la realtà.
Intendeva dire che ciò che fino ad allora era stata un’affermazione di buon senso e di razionalità – per esempio che tutti nasciamo da un uomo e da una donna – in futuro sarebbe diventata una tesi da bigotti, un dogmatismo da condannare e sanzionare. Sosteneva che ci dovevamo preparare alla grande battaglia in difesa del buon senso.
Chesterton infatti scriveva:
“La grande marcia della distruzione culturale proseguirà. Tutto verrà negato. Tutto diventerà un credo… Accenderemo fuochi per testimoniare che due più due fa quattro. Sguaineremo spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Non ci resterà quindi che difendere non solo le incredibili virtù e saggezze della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile: questo immenso, impossibile universo che ci guarda dritto negli occhi. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Saremo tra coloro che hanno visto eppure hanno creduto”.
SPREZZO DEL RIDICOLO
Viene da ricordarlo con una certa tristezza in questi giorni nei quali – seguendo la bislacca trovata del governo francese – anche in Italia sta cominciando a dilagare l’idea di sostituire, nella modulistica della burocrazia scolastica, le categorie “padre” e “madre” con la formula “genitore 1” e “genitore 2”.
Tutto questo perché – secondo l’ideologia “politically correct” – si deve “desessualizzare la genitorialità”. Cioè perché la dizione “padre” e “madre” potrebbe essere sentita come discriminatoria da qualcuno.
Resistendo allo sconcerto e al ridere vorrei provare a ragionare pacatamente con chi si fa alfiere di questo tipo di trovate. Anzitutto va sottolineato che “i fatti hanno la testa dura” e – con buona pace di certi opinionisti – tutti sulla terra siamo stati generati da un uomo e da una donna. In qualunque modo sia avvenuto il concepimento.
Quindi la realtà contraddice le opinioni e soprattutto mostra che nessuno può sentirsi “discriminato” da quella formulazione perché tutti, proprio tutti, siamo stati generati da un padre e da una madre e dunque siamo loro figli.
Ma oggi purtroppo la mentalità dominante afferma che se i fatti contraddicono le opinioni, tanto peggio per i fatti. Così, non potendo “abolire” la natura per legge, si decide di abolire le parole che “dicono” la natura delle cose (domani si potrà decretare per legge che due più due fa sette e che si deve chiamare notte il giorno e giorno la notte).
DISCRIMINAZIONE PEGGIORE
Torniamo al genitore 1 e al genitore 2. Il fatto è che con questa formula i “politicamente corretti” finiscono pure per creare discriminazioni peggiori.
Anzitutto discriminano la stragrande maggioranza delle persone che continuano a sentirsi padri e madri – e non genitore 1 e genitore 2 – e continuano farsi chiamare dai figli “papà” e “mamma” (finché non verrà proibito).
In secondo luogo con la nuova formulazione si discrimina il “genitore 2” che inevitabilmente diventerà secondario.
Infatti per ovviare a questo problema al Comune di Bologna pare abbiano pensato di adottare un’altra dizione: “genitore” e “altro genitore”.
Vorrei sommessamente notare che è egualmente discriminatoria verso uno dei genitori. E che entrambe poi sono formule fortemente sessiste, perché sia la “soluzione” veneziana che quella bolognese, usano il termine genitore al maschile, mentre la madre – se vogliamo usare un linguaggio non discriminatorio – è casomai “genitrice”.
Ma, a quanto pare, in questo caso la discriminazione contro le donne viene ignorata e tenuta in non cale. Alla fine della fiera è evidente che i soli termini che non discriminano nessuno sarebbero “padre” e “madre”.
Ma ormai l’ideologia dominante ha dichiarato guerra a padri e madri, alla famiglia naturale, alla realtà. E quindi dovremo subire la loro progressiva cancellazione linguistica.
Non solo. L’epurazione del linguaggio andrà avanti (per esempio la parola “matrimonio”, che rimanda evidentemente alla mater, quindi alla generazione) e si dovrà estendere alla letteratura.
DESESSUALIZZARE TUTTO
Si dovrà censurare quasi tutto, dall’Odissea, dove Telemaco ha la sfrontatezza di aspettare il padre anziché il genitore 1, all’Amleto dove il protagonista vive anch’esso il dramma della morte del padre.
Dalla Bibbia, dove la paternità di Abramo dà inizio all’Alleanza e dove Gesù insegna a pregare col “Padre nostro”, indicando in Maria la Madre, fino alla psicoanalisi.
Anche la psicoanalisi dovrà cadere sotto i colpi del politically correct.
Sigmund Freud nella “Prefazione alla seconda edizione” di “L’interpretazione dei sogni” scrive testualmente: “Questo libro ha infatti per me anche un altro significato soggettivo, che mi è riuscito chiaro solo dopo averlo portato a termine. Esso mi è apparso come un brano della mia autobiografia, come la mia reazione alla morte di mio padre, dunque all’avvenimento più importante, alla perdita più straziante nella vita di un uomo”.
Come ha notato Hermann Lang “se Freud è da considerare il padre della psicanalisi” da questa citazione “risulterebbe che questa psicanalisi la deve essenzialmente alla relazione con il padre”.
La psicoanalisi infatti ci spiega che il “padre” e la “madre” non sono soltanto l’ineludibile realtà umana da cui tutti siamo nati e nasciamo, coloro che hanno generato il nostro corpo biologico: essa ci svela che le loro diverse figure permeano pure la nostra psiche, fondano, in modo complementare, la nostra identità profonda e la nostra relazione con tutte le cose. Abolire il padre e la madre dunque rischia di portare all’abolizione (psicologica) dei figli.
Ricordo solo un pensiero di Freud: “Non saprei indicare un bisogno infantile di intensità pari al bisogno che i bambini hanno di essere protetti dal padre” (da “Il disagio della civiltà”, in Opere, X, Boringhieri, Torino 1978, p. 565).
Qua, come pure dove parla della madre, come si può “correggere” Freud?Non si può sostituire padre e madre con genitore 1 o genitore 2. Perché non sono intercambiabili. Padre e madre sono complementari. E ineliminabili.
Ma tutto questo sembra non importare a questo o quell’assessore o politico o ministro o opinionista. Pare che nemmeno ci si accorga dell’enormità e della delicatezza di ciò che si va a spazzar via. Cosa volete che sia la cancellazione di una civiltà millenaria e della stessa natura umana. Basta una delibera del sindaco.
Antonio Socci
Da “Libero”, 19 settembre 2013
fonte: Blog Lo Straniero
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