Una notifica ufficiale del governo Usa certifica la cessione allo Stato ebraico di ingenti quantitativi di carburanti per aerei e mezzi militari terrestri per un costo preventivato di due miliardi di dollari. A Gerusalemme, intanto, si intensifica il dibattito sull’attacco ai reattori nucleari di Teheran che, dal canto suo, continua a puntare sull’energia atomica, visto il boicottaggio americano alla costruzione di raffinerie. Da un lato gli USA boicottano la fornitura di tecnologie per gl’impianti di raffinazione. Dall’altro lato i dirigenti iraniani preferiscono puntare sul nucleare e non sul termoelettrico.
Gli ingredienti per lo scoppio di una grande conflagrazione sono stati profusi a piene mani. Infondo conviene ad entrambe le opposte elite di potere...
Milano (AsiaNews) - Molti segnali evidenziano che Israele si sta preparando o attaccare l’Iran o a lanciare una nuova offensiva nel sud del Libano contro gli Hezbollah.
Lo si deduce dagli ordinativi di approvvigionamenti logistici militari effettuati nel corso delle scorse settimane dalle forze armate dello Stato di Israele.
In particolare Israele ha ordinato negli Stati Uniti all’inizio di agosto 284 milioni di galloni di cherosene aeronautico del tipo JP-8 (un combustibile con caratteristiche tecnologiche molto complesse e particolari, di esclusivo impiego in velivoli militari), oltre a 100 milioni di galloni di gasolio per autotrazione (diesel) e di 60 milioni di galloni di benzina senza piombo – forniture anche queste con caratteristiche per impieghi militari. Il costo preventivato è di due miliardi di dollari.
Se ne ha notizia da una notifica emessa, in conformità alle vigenti leggi USA, dal Ministero della Difesa americana ed in particolare dal dipartimento della Cooperazione di Sicurezza, (Defense Security Cooperation Agency)[1] lo scorso 5 agosto. Tale notifica è obbligatoria come preventiva comunicazione al Parlamento americano in relazione a forniture militari destinate a paesi esteri.
La notifica al Parlamento USA afferma che “la proposta fornitura di cherosene avio militare JP-8 permetterà ad Israele di preservare la capacità operativa della flotta aerea”. “La benzina senza piombo ed il gasolio per autotrazione saranno impiegate per i veicoli delle forze terrestri e per altri strumenti ed apparati impiegati per mantenere la pace e la sicurezza nella regione. Israele non avrà difficoltà nell’assorbire questo carburante addizionale nell’ambito delle proprie forze armate”.
A titolo di paragone l’ultimo ordinativo piazzato in America dallo Stato di Israele fu effettuato il 15 luglio 2008, quando vennero ordinati 186 galloni di avio cherosene JP-8, 54 galloni di gasolio per diesel e 28 milioni di benzina senza piombo, con un costo stimato di 1,3 miliardi.
In precedenza, il 24 agosto 2007, Israele aveva ordinato 90 milioni di JP-8 e 42 milioni di galloni di gasolio per diesel, con un costo stimato di 308 milioni di dollari, mentre il 14 luglio 2006 gli israeliani avevano ordinato un quantitativo non precisato di avio cherosene JP-8 per un costo stimato di 210 milioni di dollari. L’incremento del valore delle forniture di combustibile USA ad Israele è vistoso: dal 2006 ad oggi è decuplicato, da 210 milioni di dollari a due miliardi.
Le ultime due operazioni militari israeliane sono state la guerra del Libano nell’estate del 2006, durata un po’ più di un mese e l’operazione “Piombo Fuso” a Gaza dal 27 dicembre 2008 al 21 gennaio 2009.
La tensione in Medio Oriente aumenta dopo che all’inizio di agosto, con il sostegno tecnologico russo, è entrato in funzione in Iran l’impianto di Bushehr di produzione di energia nucleare ad uso civile. John Bolton, ex ambasciatore USA presso l’ONU e fervente sostenitore delle politiche dello Stato di Israele, aveva sollecitato un’azione militare prima che l’impianto di Bushehr fosse entrato in funzione. Successivamente, un bombardamento del sito, aveva affermato Bolton, avrebbe comportato il rischio di rilascio di radioattività a danno della popolazione civile. Il governo americano, per bocca di Gary Samore, consigliere di Obama per le questioni nucleari, starebbe perciò cercando di raffreddare le tensioni. Samore ha infatti dichiarato[2] che ci vorrà circa un anno prima che l’Iran sia in grado di convertire l’uranio fissile ad uso civile in uranio per scopi militari[3].
Sull’argomento il dibattito in Israele è alquanto serrato e contrastato con alcune fazioni che spingono per non dilazionare ulteriormente un’iniziativa militare. Ad esempio, l’editorialista del Jerusalem Post, Caroline B. Glick, ha osservato[4] che “Da un punto di vista militare, più Israele aspetta ad attaccare l’Iran, più difficile diventerà portare a compimento l’impresa”. Circa il ministro della difesa israeliano, Ehud Barack, Glick ha commentato “l’inettitudine strategica di Barack è leggendaria”. Sempre sul fronte interventista, ancora secondo il Jerusalem Post [5], un funzionario statunitense, Frederick Hoff, assistente di George Mitchell, inviato del governo USA per la pace in Medio Oriente, avrebbe detto al capo di stato maggiore dell’esercito libanese, Jean Kahwaji, che Israele sarebbe pronta ad attuare un piano per distruggere tutte le infrastrutture militari libanesi in quattro ore, qualora si verificasse un altro incidente di frontiera come capitato di recente quest’estate.
Per parte sua anche l’Iran non manca di mostrare un atteggiamento bellicoso, non solo con l’attivazione dell’impianto di Bushehr, ma anche con il lancio della terza generazione di missili Fateh 110 e svelando di possedere un “drone”, un aereo da bombardamento senza pilota, costruito in Iran, con un raggio di autonomia di 620 miglia.
Fra tanto rullare di tamburi appare sempre più evidente che tutta la questione va opportunamente letta, al di là delle dichiarazioni di propaganda delle parti. In gioco non è tanto l’intenzione degli iraniani, asserita da alcune fazioni israeliane, di dotarsi di armi nucleari. Dal punto di vista militare la supremazia militare israeliana è schiacciante sia per l’armamento convenzionale che quello nucleare. A mettere a rischio nel lungo termine l’attuale egemonia israeliana – ed americana – nell’area è la crescita economica e demografica di paesi culturalmente antagonisti e non sottomessi, ieri l’Iraq di Saddam Hussein oggi l’Iran di Ahmadinejad. Ad esempio, al cuore della vicenda degli impianti di produzione di energia elettrica da reattori nucleari c’è necessità iraniana reale. Per sviluppare il paese, i dirigenti iraniani sanno che devono disporre di più energia. Devono infatti cercare di tenere sotto stretta tutela le nuove generazioni che frustrate dalla disoccupazione sbirciano con curiosità l’occidente e sembra inizino a dimenticare gli ideali della Rivoluzione Islamica del regime fondato da Khomeini dopo la caduta dello Scià. L’Iran galleggia su enormi riserve di petrolio eppure è soffocato nel suo sviluppo dalla mancanza di carburante. Dotarsi di adeguati impianti di raffinazione e di generazione termoelettrica sarebbe la soluzione logica, ma non è quella percorsa. È la concordanza degli opposti. Da un lato gli USA boicottano la fornitura di tecnologie per gl’impianti di raffinazione. Dall’altro lato i dirigenti iraniani preferiscono puntare sul nucleare e non sul termoelettrico anche per compattare il fronte interno lamentando l’ingiusta ostilità nei confronti della nazione.
Gli ingredienti per lo scoppio di una grande conflagrazione sono stati profusi a piene mani. Infondo conviene ad entrambe le opposte elite di potere. È a dir poco dubbio che uno scontro convenga alle popolazioni di entrambi gli schieramenti.
[1] Vedi: http://www.dsca.mil/PressReleases/36-b/2010/Israel_10-41.pdf
[2] Vedi: The Globe and Mail, 20 agosto 2010, Mark Mazzetti/David E. Sanger, 'Iran’s nuclear threat not imminent, U.S. says', http://www.theglobeandmail.com/news/world/africa-mideast/irans-nuclear-threat-not-imminent-us-says/article1679399/
[3] L’Iran dispone di minerale di uranio con una percentuale di fissile al 3 %, mentre per uso in reattori per la produzione di energia elettrica occorre minerale concentrato, fornito per ora dalla Russia, con fissile al 20 %. Per impieghi militari occorre uranio concentrato con contenuto fissile minimo del 80 %, di solito ottenuto mediante speciali centrifughe.
[4] Vedi: Jerusalem Post, 27 agosto 2010, Glick , 'Our World: Accepting the unacceptable', http://www.jpost.com/Opinion/Columnists/Article.aspx?id=186171
[5] Vedi: Jerusalem Post, 27 agosto 2010, 'Israel ready to destroy LAF in 4 hours' http://www.jpost.com/MiddleEast/Article.aspx?id=186197
di Maurizio d’Orlando
AsiaNews 02/09/2010 09:41
(fonte: Fatti Sentire)
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