In primo luogo una nuova esperienza della cattolicità, dell’universalità della Chiesa. Parliamo lingue diverse e abbiamo differenti abitudini di vita, differenti forme culturali, e tuttavia ci troviamo subito uniti insieme come una grande famiglia. Separazione e diversità esteriori sono relativizzate. Siamo tutti toccati dall’unico Signore Gesù Cristo, nel quale si è manifestato a noi il vero essere dell’uomo e, insieme, il Volto stesso di Dio. Le nostre preghiere sono le stesse. In virtù dello stesso incontro interiore con Gesù Cristo abbiamo ricevuto nel nostro intimo la stessa formazione della ragione, della volontà e del cuore. E, infine, la comune liturgia costituisce una sorta di patria del cuore e ci unisce in una grande famiglia.
Il fatto che tutti gli esseri umani sono fratelli e sorelle è qui non soltanto un’idea, ma diventa una reale esperienza comune che crea gioia.
E così abbiamo compreso anche in modo molto concreto che, nonostante tutte le fatiche e le oscurità, è bello appartenere alla Chiesa universale, alla Chiesa cattolica, che il Signore ci ha donato. Da questo nasce poi un nuovo modo di vivere l’essere uomini, l’essere cristiani.
E così abbiamo compreso anche in modo molto concreto che, nonostante tutte le fatiche e le oscurità, è bello appartenere alla Chiesa universale, alla Chiesa cattolica, che il Signore ci ha donato. Da questo nasce poi un nuovo modo di vivere l’essere uomini, l’essere cristiani.
Con il proprio tempo l’uomo dona sempre una parte della propria vita. Il tempo donato ha un senso; proprio nel donare il loro tempo e la loro forza lavorativa possono trovare il tempo, la vita. Il volontariato offre nella fede un pezzo di vita, non perché questo sia stato comandato e non perché con questo ci si guadagna il cielo; neppure perché così si sfugge al pericolo dell’inferno. Non perché si vuole essere perfetti. Non si guarda indietro, a se stessi. Quante volte la vita dei cristiani è caratterizzata dal fatto che guardano soprattutto a se stessi, fanno il bene, per così dire, per se stessi! E quanto è grande la tentazione per tutti gli uomini di essere preoccupati anzitutto di se stessi, di guardare indietro a se stessi, diventando così interiormente vuoti, "statue di sale"! Qui invece non si tratta di perfezionare se stessi o di voler avere la propria vita per se stessi. Si è fatto del bene – anche se quel fare è stato pesante, anche se ha richiesto sacrifici –, semplicemente perché fare il bene è bello, esserci per gli altri è bello.
Occorre soltanto osare il salto.
Tutto ciò è preceduto dall’incontro con Gesù Cristo, un incontro che accende in noi l’amore per Dio e per gli altri e ci libera dalla ricerca del nostro proprio "io". Una preghiera attribuita a san Francesco Saverio dice: Faccio il bene non perché in cambio entrerò in cielo e neppure perché altrimenti mi potresti mandare all’inferno. Lo faccio, perché Tu sei Tu, il mio Re e mio Signore.
In Africa, ad esempio le suore di Madre Teresa si prodigano per i bambini abbandonati, malati, poveri e sofferenti, senza porsi domande su se stesse, e proprio così diventano interiormente ricche e libere. È questo l’atteggiamento propriamente cristiano. Riconosciamo che abbiamo continuamente bisogno di perdono e che perdono significa responsabilità. Esiste nell’uomo la disponibilità ad amare e la capacità di rispondere a Dio nella fede. Ma proveniente dalla storia peccaminosa dell’uomo (la dottrina della Chiesa parla del peccato originale) esiste anche la tendenza contraria all’amore: la tendenza all’egoismo, al chiudersi in se stessi, anzi, la tendenza al male. Sempre di nuovo la mia anima viene insudiciata da questa forza di gravità in me, che mi attira verso il basso. Perciò abbiamo bisogno dell’umiltà che sempre nuovamente chiede perdono a Dio; che si lascia purificare e che ridesta in noi la forza contraria, la forza positiva del Creatore, che ci attira verso l’alto.
fonte: Chesterton Road
Quando leggo un articolo così ho due sensazioni, belle entrambe, ma di segno opposto.
RispondiEliminaAnzitutto comprendo una volta in più quanto sono piccino dal punto di vista della cultura religiosa e quanto, quindi, io abbia da apprendere. Ma questo non penso sia un male. E' così e basta, dunque non penso di dovermi crucciare in maniera esagerata. Anzi, penso che ogni volta che mi cruccio per questo, non sto anelando a qualcosa di positivo, ma sto rimpiangendo il sapere per il sapere, cosa che era della mia vita fino a non troppo tempo fa.
In secondo luogo trovo un bel conforto perché l'assenza di supporti teorici molto forti non penso sia casuale... Infatti, la mia pulsione principale è di aiutare chi è in difficoltà e di essere disponibile nei confronti del mondo. Cose molto concrete che leggo essere importanti.
Per questo, stasera sono felice! Grazie Sursum Corda!