Fonte: Chihaorecchiintenda
Devo dire che sono nauseanti le discussioni tra cristiani che dibattono e si dividono in fazioni su questioni che peraltro non sono così complicate come si vogliono far diventare.
Nel merito della questione, ovvero ciò che ha detto il Papa riguardo al numero dei figli dei cristiani e alla paternità responsabile, non c’è bisogno di interpretare nulla, soprattutto non c’è bisogno di dividersi.
A me pare che ciascuno interpreti le parole del Papa per poter dimostrare che la propria tesi è quella corretta rispetto alle altre.
Ebbene, in realtà non ci dovremmo preoccupare di queste cose ma di fare la volontà del Signore. Che è diversa per ognuno. Ognuno infatti ha la propria vocazione generale (religiosa o matrimoniale) e la propria vocazione particolare. Ognuno ha la propria chiamata e la propria storia nella quale Dio agisce se lo si ascolta e lo si lascia agire. Ognuno ha la propria strada per la propria santificazione.
E’ chiaro che bisogna essere aperti alla vita ma è altrettanto vero che tale apertura deve essere accompagnata da un discernimento alla luce del proprio cammino di fede, che ripeto è un cammino personale non soggetto ad alcuna regola fissa e prestabilita.
Non ci sono dogmi sul numero di figli esatto o perfetto.
Soprattutto i figli non sono un merito o una medaglia da esporre, non sono una targa che ci identifica automaticamente come cristiani. I figli sono un dono, una benedizione, un impegno, una responsabilità.
C’è chi ne ha avuti tanti, ed è una benedizione, ringraziamo il Signore per questo.
C’è chi non ne può avere tanti per vari motivi legittimi che non vanno giudicati.
C’è anche chi avrebbe le possibilità economiche per averne tanti ma non è detto che per questo debba essere giudicato (e il numero di figli non è direttamente proporzionale al conto in banca).
C’è chi ha la grazia di aver tanti aiuti attorno (famiglia, comunità ecclesiale, ecc) e chi non ha questa benedizione.
C’è chi non può avere figli per motivi di salute, c’è chi non può avere figli per motivi economici.
In ogni caso non conosciamo nel profondo la vita del prossimo, non sappiamo nulla di cosa abbia nel cuore e nella testa, delle sue difficoltà, della sua storia, del suo cammino di fede.
Non ci è richiesto di giudicare il numero di figli dell’altro.
Ci è richiesto semmai di metterci accanto, ringraziando Dio per quanto abbiamo ricevuto senza fare confronti e paragoni come se vi fosse una gara a chi ha più figli e “quindi” è più cristiano.
Ogni cristiano è chiamato a dare la vita, al Signore anzitutto e attraverso il Signore a tutti coloro a cui sarà chiamato a darla.
Con umiltà e discernimento, anche sul numero di figli da ricevere.
Il Papa ci ha solo ricordato che non bisogna usare solo il cuore (altrimenti io vorrei almeno 5 figli) ma anche il dono dell’intelletto e del consiglio, il dono della sapienza.
Ci ha ricordato che dobbiamo essere responsabili e non estremisti della fede (nel senso ad esempio di sfidare la propria salute). Non ha detto nulla di scandaloso o di falso. Riporto anzi il testo integrale:
Decima domanda, Cristoph Schmidt per il gruppo tedesco:
Santo Padre, prima di tutto vorrei dire mille grazie per tutti i momenti così impressionanti di questa settimana. È la prima volta che l’accompagno e vorrei dire mille grazie. La mia domanda: lei ha parlato dei tanti bambini nelle Filippine, della sua gioia che ci sono così tanti bambini. Ma, secondo dei sondaggi, la maggioranza dei filippini pensa che la crescita enorme della popolazione filippina è una delle ragioni più importanti per la povertà enorme del Paese, e nella media una donna nelle filippine partorisce più di tre bambini nella sua vita, e la posizione cattolica nei riguardi della contraccezione sembra essere una delle poche questioni su cui un grande numero della gente nelle Filippine non stia d’accordo con la Chiesa. Che cosa ne pensa?
Papa Francesco: Io credo il numero di 3 per famiglia che lei menziona, credo che è quello che dicono i tecnici: che è importante per mantenere la popolazione, no? 3 per coppia, no? Quando scende questo, accade l’altro estremo, che accade in Italia, dove ho sentito – non so se è vero – che nel 2024 non ci saranno i soldi per pagare i pensionati. Il calo della popolazione, no? Per questo la parola chiave per rispondere è quella che usa la Chiesa sempre, anche io: è paternità responsabile. Come si fa questo? Col dialogo. Ogni persona, col suo pastore, deve cercare come fare quella paternità responsabile. Quell’esempio che ho menzionato poco fa, di quella donna che aspettava l’ottavo e ne aveva sette nati col cesareo: ma questa è una irresponsabilità. “No, io confido in Dio”. “Ma guarda, Dio ti da i mezzi, sii responsabile”. Alcuni credono che – scusatemi la parola, eh? – per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli, no? No. Paternità responsabile. Questo è chiaro e per questo nella Chiesa ci sono i gruppi matrimoniali, ci sono gli esperti in questo, ci sono i pastori, e si cerca. E io conosco tante e tante vie d’uscita lecite che hanno aiutato a questo. Ma ha fatto bene a dirmelo. È anche curiosa un’altra cosa che non ha niente a che vedere ma che è in relazione con questo. Per la gente più povera un figlio è un tesoro. È vero, si deve essere anche qui prudenti. Ma per loro un figlio è un tesoro. Dio sa come aiutarli. Forse alcuni non sono prudenti in questo, è vero. Paternità responsabile. Ma guardare anche la generosità di quel papà e di quella mamma che vede in ogni figlio un tesoro.
Ogni figlio è un tesoro, ringraziamo Dio per chi ha la benedizione di poter avere tanti figli e quindi di avere un grande tesoro, ma non giudichiamo chi per qualche motivo legittimo o per la propria storia personale non può o non vuole averne.
Paternità responsabile significa paternità in grado di rispondere alle conseguenze delle proprie scelte, ci deve essere quindi umiltà, abbandono ma anche intelleto, consiglio e discernimento, per fare la volontà di Dio e nella propria apertura alla vita.
Il Signore ci conceda lo Spirito Santo per sapere discernere e fare la scelta giusta per la nostra santificazione, che riguarda in primis la nostra vita e poi si riflette sugli altri, il Signore ci conceda di avere sensibilità e dolcezza per stare vicini a chi non può avere figli o non ha aiuti (magari potremmo essere noi l’aiuto per quella persona).
In ogni caso, cerchiamo di usare misericordia e benevolenza nelle nostre parole, anche nei confronti del Papa che ultimamente sento spesso criticato aspramente e senza dolcezza, dimenticando che ha una missione non facile ed ha il suo carattere e modo di essere, diverso dai predecessori ma non per questo più o meno sbagliato. Chiunque è criticabile, ma in modo costruttivo, con pacatezza e amore.
Io resto dell’avviso che il Papa è come la Roma per i romanisti… non di discute, si ama !
(a meno che non vada palesemente contro il Vangelo, è chiaro… ma usare carità nel linguaggio è sempre e comunque un obbligo).
Il Signore ci conceda il dono dell’unità, il dono di essere Chiesa, un cuor solo e un’anima sola, per cui chi ha pochi figli dovrà essere felice per i tanti figli del proprio fratello, e magari lo aiuterà anche, e chi ha tanti figli sappia quanto è fortunato e ringrazi Dio di questo tesoro meraviglioso e condivida questa gioia con il fratello. Siamo fratelli in Cristo. Questo è un altro dono meraviglioso. Non perdiamoci in chiacchiere faziose ma usiamo la carità nel parlare e nell’agire. Il Signore ci conceda di aiutarci gli uni gli altri, di amarci come Lui ci ha amati e ci ama.
Concludendo, nella enciclica “Humanae vitae” di Sua Santità Paolo VI datata 25 luglio 1968, il punto 10 sulla paternità responsabile non è per nulla diverso da quanto affermato da Papa Francesco:
10. Perciò l’amore coniugale richiede dagli sposi che essi
conoscano convenientemente la loro missione di paternità responsabile, sulla quale oggi a buon diritto tanto si insiste e che va anch’essa esattamente compresa. Essa deve considerarsi sotto diversi aspetti legittimi e tra loro collegati. In rapporto ai processi biologici, paternità responsabile significa conoscenza e rispetto delle loro funzioni: l’intelligenza scopre, nel potere di dare la vita, leggi biologiche che riguardano la persona umana. In rapporto alle tendenze dell’istinto e delle passioni, la paternità responsabile significa il necessario dominio che la ragione e la volontà devono esercitare su di esse. In rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato, una nuova nascita. Paternità responsabile comporta ancora e soprattutto un più profondo rapporto all’ordine morale chiamato oggettivo, stabilito da Dio e di cui la retta coscienza è vera interprete. L’esercizio responsabile della paternità implica dunque che i coniugi riconoscano i propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la società, in una giusta gerarchia dei valori. Nel compito di trasmettere la vita, essi non sono quindi liberi di procedere a proprio arbitrio, come se potessero determinare in modo del tutto autonomo le vie oneste da seguire, ma, al contrario, devono conformare il loro agire all’intenzione creatrice di Dio, espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti, e manifestata dall’insegnamento costante della chiesa.
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