mercoledì 25 marzo 2009

La cifra della verità



di Lucetta Scaraffia

Certamente la cifra della missione di Benedetto XVI è la verità. E lo è per tutto, anche per il problema dell'aids e dei preservativi, un tema scottante che - si poteva facilmente immaginare - sarebbe stato toccato nel corso del suo viaggio in Africa. In mezzo alle polemiche suscitate dalle sue parole, uno dei più prestigiosi quotidiani europei, il britannico "Daily Telegraph", ha avuto il coraggio di scrivere che, sul tema dei preservativi, il Papa ha ragione. "Certo l'aids - si legge nell'articolo - pone il tema della fragilità umana e da questo punto di vista tutti dobbiamo interrogarci su come alleviare le sofferenze. Ma il Papa è chiamato a parlare della verità dell'uomo. È il suo mestiere: guai se non lo facesse".
Il problema dell'aids si è presentato subito, da quando la malattia si è manifestata negli Stati Uniti nei primi anni Ottanta, non solo dal punto di vista medico, ma anche da quello culturale: lo scoppio dell'epidemia colse di sorpresa una società che credeva di avere sconfitto tutte le malattie infettive, e fin dall'inizio ha toccato un ambito, quello dei rapporti sessuali, che era appena stato "liberato" dalla rivoluzione appunto sessuale. Con una malattia che metteva in discussione il "progresso" appena raggiunto e che si diffondeva rapidamente grazie anche a quella ondata di cosmopolitismo che si stava realizzando con i nuovi veloci mezzi di trasporto.
Fu subito chiaro che quella patologia era frutto di una modernità avanzata e di una profonda trasformazione dei costumi, e che forse la lotta per prevenirla avrebbe dovuto tenere presente anche tali aspetti. Invece, nel mondo occidentale, le campagne di prevenzione sono state basate esclusivamente sull'uso del preservativo, dando per scontato l'obbligo di non esercitare alcuna interferenza sui comportamenti delle persone. Il "progresso" non si doveva mettere in discussione; neppure in Africa, dove era evidente - e dove tuttora è evidente, se solo si leggessero con onestà i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità sulla diffusione dell'aids - che la distribuzione di preservativi non serve da sola ad arginare l'epidemia.
Il preservativo, in Africa, non è usato nel modo "perfetto" - l'unico che garantisce il 96 per cento di difesa dall'infezione - ma nel modo "tipico", e cioè con un utilizzo non continuato e non appropriato, che offre solo un 87 per cento di difesa, e per di più dà una sicurezza che può essere pericolosa nel mettersi in rapporto con gli altri: come si sa, l'aids non si trasmette solo attraverso il rapporto sessuale, ma anche per via ematica; basta quindi un'abrasione, un po' di sangue, per aprire la possibilità di contagio. Bisogna anche ricordare, come è scritto sulle puntigliose istruzioni d'uso delle scatole di preservativi, che questi si possono danneggiare facilmente con il caldo - sono di lattice! - e se vengono toccati con mani non lisce, come quelle di coloro che fanno lavori manuali. Ma le industrie farmaceutiche, tanto precise nel segnalare questi pericoli, sono poi le stesse che appoggiano la leggenda secondo cui la diffusione dei preservativi può salvare la popolazione africana dall'epidemia: e si può facilmente immaginare che ogni idea per diffonderne l'uso sia accolta con vero giubilo dai loro uffici commerciali.
L'unico Paese dell'Africa che ha ottenuto risultati buoni nella lotta all'epidemia è l'Uganda, con il metodo Abc, in cui A sta per astinenza, B per fedeltà e C per condom, un metodo certo non del tutto aderente alle indicazioni della Chiesa. Persino la rivista "Science" ha riconosciuto nel 2004 che la parte più riuscita del programma è stata il cambiamento di comportamento sessuale, con una riduzione del 60 per cento delle persone che dichiaravano di avere avuto più rapporti sessuali e l'aumento della percentuale dei giovani fra i 15 e i 19 anni che si astenevano dal sesso, tanto da scrivere: "Questi dati suggeriscono che la riduzione del numero dei partner sessuali e l'astinenza fra i giovani non sposati anziché l'uso del condom sono stati i fattori rilevanti nella riduzione dell'incidenza all'Hiv".
Molti Paesi occidentali non vogliono riconoscere la verità delle parole dette da Benedetto XVI sia per motivi economici - i preservativi costano, mentre l'astinenza e la fedeltà sono ovviamente gratuite - sia perché temono che dare ragione alla Chiesa su un punto centrale del comportamento sessuale possa significare un passo indietro in quella fruizione del sesso puramente edonistica e ricreativa che è considerata un'importante acquisizione della nostra epoca. Il preservativo viene esaltato al di là delle sue effettive capacità di arrestare l'aids perché permette alla modernità di continuare a credere in se stessa e nei suoi principi, e perché sembra ristabilire il controllo della situazione senza cambiare niente. È proprio perché toccano questo punto nevralgico, questa menzogna ideologica, che le parole del Papa sono state tanto criticate. Ma Benedetto XVI, che lo sapeva benissimo, è rimasto fedele alla sua missione, quella di dire la verità.



(©L'Osservatore Romano 22 marzo 2009)

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