APPELLO AL
SANTO PADRE BENEDETTO XVI
CI SIAMO ANCHE NOI, ESCLUSI DALLA PARROCCHIA
TRATTATI COME DEGLI APPESTATI
S.S. BENEDETTO XVI
con filiale devozione
SANTO PADRE BENEDETTO XVI
CI SIAMO ANCHE NOI, ESCLUSI DALLA PARROCCHIA
TRATTATI COME DEGLI APPESTATI
S.S. BENEDETTO XVI
con filiale devozione
Beatissimo Padre,
Dopo varie vicissitudini, sofferenze, soprusi, angherie, siamo stati “gratificati” ad avere da circa un anno e mezzo la Santa Messa in latino nella forma straordinaria. Sembrerebbe a prima vista che tutto andasse bene e che non dovremmo “mugugnare”. Siamo invece ad informarLa che la Santa Messa nella forma Straordinaria che si tiene ogni sabato a Sestri Levante GE, alle ore 16.00 nel Santuario Madonnina del Grappa, subisce una ulteriore fermata di due settimane, creando altri disagi, e problemi di comunicazione, specialmente nella imminente Settimana Santa.
Questi continui logoramenti che subiamo, sono una routine applicata dal nostro vescovo Alberto Tanasini della Diocesi di Chiavari, che non crediamo abbia inventato Lui stesso, ma che forse per essere benevoli, gli viene imposta da una stanza occulta da vescovi che comandano la CEI, tanto è vero che questo sistema di boicottaggio viene applicato in tutta Italia.
Caro Santo Padre, a luglio dell’anno scorso ci siamo fatti promotori di scrivere una Lettera Aperta che Le abbiamo anche inviato per posta, e che i suoi collaboratori della Segreteria dello Stato si sono ben guardati dal fargliela leggere. Sappiamo quanto sia molto occupato per motivi più gravi ed importati, quali ultimamente il problema abominevole della pedofilia nella nostra chiesa, ma che i giornalisti omettono volutamente di affrontare equamente anche quella più predominante ed estesa nella società e nelle famiglie.
Auspichiamo Santo Padre che Lei affronti, quest’altro problema dottrinale che investe la nostra fede e il futuro della Chiesa Cattolica e cioè ‘L’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum nelle nostre Parrocchie. Un motu proprio che nelle Sue intenzioni dà libertà e autonomia decisionale al Parroco di celebrare la Messa Tradizionale, ma che di fatto è ostacolato, sabotato, anche con minacce nei confronti di sacerdoti adempienti e con tecniche di logoramento ai fedeli che l'hanno ottenuta da parte dei suoi Vescovi .
Quando, i Vescovi non hanno alternative a bloccare del tutto il SM adottano il metodo standardizzato della CEI per relegare i gruppi di fedeli che ne hanno fatto richiesta, in oratori e chiese periferiche, con cambi degli orari e sospensioni improvvise al fine di indebolire ed evitare la formazione di un gruppo stabile. Normalmente concedono la celebrazione il sabato, invece che alla Domenica come dovrebbe essere per rispetto del Rito Antico ed in orari astrusi.
Il concedere la Messa, fuori della Parrocchia, è una forma grave e violenta, perché ci estranea completamente dalla nostra vita comunitaria in Parrocchia, e ci esclude completamente da una assistenza spirituale e formativa. Siamo trattati come degli appestati che potrebbero diffondere una malattia grave e che possa diffondersi.
Un Parroco, un Vescovo non possono essere pastori veri se non fanno un tentativo di accogliere non solo le pecorelle smarrite, ma anche i parrocchiani che vorrebbero entrare in Parrocchia ed invece viene loro chiusa la porta. Ma per quale motivo? Qual è il motivo per relegare lontano dalla Parrocchia la Messa Antica, quasi come fosse un sottoprodotto della liturgia cattolica, di dignità inferiore, e degna di essere frequentata solo da cattolici di dignità inferiore?
Noi siamo fedeli a quanto Lei ha scritto nel Summorum Pontificum, ove le due forme in uso dello stesso Rito Romano possono arricchirsi a vicenda. Questo non avverrà MAI perche i vescovi della CEI non hanno nessuna intenzione che si attualizzi questo arricchimento reciproco perché si inventano ogni giustificazione per evitare la celebrazione della Santa Messa in Parrocchia nella forma Straordinaria. Rileviamo pure che la Commissione ECCLESIA DEI, benché a conoscenza ed informata di quanto accade è come se non esistesse.
Ci appelliamo a Sua Santità Benedetto XVI, Vicario di Cristo, perché Lei è per noi l’unico riferimento in terra, cui speriamo di ottenere la sua comprensione. La ringraziamo di cuore per le continue ispirate e arricchenti catechesi che ci offre. A lei offriamo le nostre misere preghiere, e offriamo la nostra vita al Signore perché conceda a Lei salute ed una lunga vita per il bene della Chiesa.
Ci appelliamo all’intercessione della Beata Vergine Maria Immacolata.
In Xto e Maria.
Paolo e Giovanni
Gandolfo Lambruschini
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maranatha@maranatha.it
Sestri Levante, 21 Marzo 2010
Mi perdonate un commento maligno?
RispondiEliminaForse a furia di ascoltare il Latino avete dimenticato di scrivere correttamente in italiano?
Comunque, non mi sembrano corrette le accuse che fate ai nostri Vescovi: “i vescovi della CEI non hanno nessuna intenzione che si attualizzi questo arricchimento reciproco perché si inventano ogni giustificazione per evitare la celebrazione della Santa Messa in Parrocchia nella forma Straordinaria” - vedi sopra.
Penso che l’umiltà ci imponga sottomissione devozione e rispetto alle autorità costituite non per volontà umana ma dello Spirito Santo – che guida la sua Chiesa – ossia i nostri Pastori, cioè i Vescovi; e poi come si fa ad avere la presunzione che l’intera Conferenza Episcopale Italiana – non so neanche quanti sono i Vescovi in Italia – voglia malignamente boicottare quanto il Santo Padre ha stabilito circa la celebrazione Straordinaria della Liturgia Eucaristica nel Rito Romano.
Personalmente penso che Nostro Signore conosca tutte le lingue dei popoli e che non si scandalizzi se gli dimostriamo il nostro amore il lingua corrente anziché in Latino; e poi mi immagino che tanti fedeli che seguono le nostre liturgie si distraggano facilmente già con la nostra lingua, figuriamoci ascoltando una lingua che per loro è incomprensibile: per loro potrebbero essere anche solo dei versi senza senso. Diceva un liturgista un tempo: “Sono certo che se durante le nostre liturgie in una orazione dicessimo: Fa o Signore che il tetto di questa chiesa caschi sulla testa di quanti sono qui presenti ora in questa santa assemblea, per Cristo Nostro Signore: ci sarebbe la risposta corale: AMEN!
Era un’esagerazione ma che rendeva bene l’idea.
E poi, appurato il fatto che la tutela del Rito liturgico nella forma Straordinaria che per alcuni secoli è stata celebrata in tutte le Chiese è una realtà sacrosanta, così come di ogni altro Rito, personalmente preferisco la celebrazione più antica in lingua corrente, cioè quella che si celebra da qualche decennio e che è più sobria e comprensibile e che è sicuramente strumento certo di santificazione! (Chi non lo credesse sarebbe in contrasto con la Santa Chiesa Cattolica).
Mi sembra triste quando alcuni si legano a certi accessori che danno l’impressione di nobiltà – ad esempio quando i cosiddetti Cavalieri di *** o del *** che sono presenti a certe liturgie solenni coi loro mantelli seguendo una gerarchia che impone ad alcuni di stare dietro e dà il privilegio ad altri di stare davanti – oppure quando altri partecipano volentieri il lunedì o il venerdì alle Messe di guarigione di don *** o di padre *** dove si casca e si balla e non “possono” andare alla Messa la Domenica perché hanno molto da fare in casa (parlo non per sentito dire).
Comunque in fin dei conti credo che non sia bene legare il nostro affetto al mezzo – la liturgia – piuttosto che al Fine, cioè Nostro Signore Gesù Cristo Risorto Glorioso e che entra Trionfalmente nella Vita Eterna e ci dona il suo Santo Spirito, perché con Lui – per sua Misericordia e non per i nostri meriti – possiamo anche noi essere assunti nella Gloria della Santissima Trinità!
Daniele.
P.S. Chiedo venia per la malignità iniziale.
Innanzitutto benvenuto!
RispondiEliminaNel comprendere le ragioni che ti hanno spinto a sottolineare alcuni appunti sull'opportunità di seguire la Liturgia secondo il Vetus Ordo, vorrei poter ribadire anche io alcuni concetti.
Non mi sembra che nella lettera inviata al Santo Padre, la famiglia Lambruschini abbia accusato ingiustamente alcuni vescovi. I motivi ci sono, sono reali e rivestono una certa importanza.
Il problema che emerge ovunque, purtroppo, è il palese boicotaggio operato da molti vescovi che non solo impediscono ai fedeli di seguire la celebrazione della Santa Messa secondo il Rito Tradizionale, ma in molti modi ostacolano l'applicazione delle disposizioni previste dal Motu Proprio emanato dal Santo Padre proprio al riguardo della legittimità di questa Liturgia.
La questione non è semplicistica come spesso viene indicata: il gusto dell'antico, delle rappresentazioni estetiche, del fasto, del superficiale a dispetto dei contenuti.
Sarebbe screditare non solo i fedeli che amano la Liturgia Tradizionale come espressione del loro amore per Cristo e la Sua Chiesa, ma anche l'intendimento del Sommo Pontefice che ha voluto chiarire gli aspetti sulla opportunità di conoscere, capire e vivere nelle proprie realtà parrocchiali, un tipo di liturgia che – indebitamente – è stata “sostituita” da quella successiva al Concilio Vaticano II.
Il Motu Proprio non “impone” le celebrazioni secondo il Rito Antico, ma permette ai fedeli che ne facciano richiesta, di poter assistere alla Santa Messa celebrata secondo questa Liturgia. E' questo il fatto che crea scandalo: non solo viene ostacolata questa possibilità, ma in molti modi viene anche indebitamente limitata, osteggiata, sminuita se non addiritura impedita. Non era questo l'intendimento del Santo Padre al riguardo. I vescovi si sono fatti arbitri di regole diverse da quelle promulgate.
Io credo che onde evitare gli estremismi di una parte piuttosto che dell'altra circa la decisione di “riabilitare” una forma liturgica tanto antica quanto preziosa, ciò che non va perduto di vista è proprio il desiderio di rimanere “uniti” all'interno della Santa Chiesa, ed è anche in forza di questa unità che i Vescovi dovrebbero seguire il Papa nell'applicazione del Motu Proprio guidando con carità e prudenza pastorale tutto il gregge a loro affidato.
Pace e Bene
le parole non hanno solo un significato di comprensione del testo...le parole hanno anche un suono, delle volte cosmico che ci predispone ad entrare in contatto con il divino. Magari la lingua latina possiede questa capacita' piu' della nostra...chissa'...
RispondiEliminaSalve.
RispondiEliminaE’ da un po’ di tempo che mi pongo alcune domande, prime tra tutte la presenza all’interno della chiesa cattolica di due riti, che affermano due realtà ecclesiologiche diverse. Mi interessa capire quali siano le motivazioni che vi spingano a richiedere assiduamente il rito straordinario, quasi come se questo fosse più importante della forma ordinaria del messale di Paolo VI. La celebrazione eucaristica si pone, come afferma Sacrosantum Concilium come "culmen et fons" di tutto l'agire cristiano. Ora, se il culmine e la fonte del nostro agire è proprio la liturgia, la stessa liturgia ci dona lo stile per la nostra vita. Il modificare una pratica liturgica, o meglio, la contemporaneità di due di esse, diviene dunque un problema perchè intacca anche il nostro modo di essere cristiani, in quanto in quell'azione troviamo un esempio e uno stile. Quale immagine di Chiesa unita si può comunicare con due riti e modi di pensare e celebrare diametralmente opposti? Come è possibile secondo voi integrare, all’interno del rito straordinario, il concetto del sacerdote dato dal concilio vaticano II, ovvero inteso non in una concezione gerarchica "più vicino a Dio", ma come ci insegna Lumen Gentium, parte del popolo di Dio, che si esprime con diversi carismi e compiti, di cui quello è uno dei tanti (seppur come dato importante, fondamentale e costitutivo del popolo). Come intendere la categoria della partecipazione all’eucarestia in questo rito così poco partecipato? Sicuramente il nostro Santo Padre Benedetto XVI ha scelto nel moto proprio di far convivere due riti, cosa assolutamente nuova nella storia della chiesa e motivata certamente anche da un suo vissuto teologico ed esperienziale singolare. Ma come è possibile nel ricercare un modo di celebrare la liturgia, che richiede l’unità di una comunità, il rifiuto della stessa (voi stessi affermate che “vi siete esclusi dalla parrocchia”).
Questo scritto non vuole essere un contestare, ma solo una richiesta di chiarimento a dubbi che ho e che desideravo manifestarvi, in quanto, come appartenti al popolo di Dio, in "quella libertà e fiducia che si addice ai figli di Dio e ai fratelli in Cristo" (LG 37).
Vi ringrazio per i vostri chiarimenti
Ciao Mattia,
RispondiEliminada quanto scrivi mi sembra che la partenza dalla quale inizi per affrontare la questione, sia leggermente diversa da quella che invece farei io.
Mi spiego:
quando parli di 2 realtà ecclesiologiche diverse in relazione ai 2 riti - quello ordinario e quello straordinario - non mi sembra che questo significhi separazione, differenza o addirittura come scrivi, "intaccare" l'essere cristiani (!)
E' questa una distorsione (passami il termine) che produce inevitabilmente incomprensione!
Come indicato in maniera chiarissima dal Santo Padre nello stesso Motu Proprio Summorum Pontificum, si tratta di due usi dell’UNICO rito romano!!
Continua il Santo Padre: " Queste due espressioni della “lex orandi” della Chiesa non porteranno in alcun modo a una divisione nella “lex credendi” (“legge della fede”) della Chiesa.."
Per quanto riguarda l'interpretazione della celebrazione liturgica da parte del sacerdote fronte popolo, l’importanza è l’impostazione teologica è non topografica: la celebrazione doveva essere sempre versus Deum per Iesum Christum. Il Santo Padre, ha sempre auspicato vivamente che si recuperi almeno nella preghiera liturgica della Messa, specialmente nel Canone, questa disposizione comune del celebrante e del popolo verso Dio.
Così si supererebbe almeno il “deficit escatoligo” che nella “euforia postconciliare” ha fatto spesso dimenticare che la celebrazione liturgica è il più eminente atto di "adorazione" a Dio!
Per quanto riguarda al rito "poco partecipato", mi riallaccio senza dubbio ai tentativi operati da parte dei vescovi per ostacolarne la diffusione! Sono certa che se il Motu Proprio del Santo Padre fosse stato messo in atto nella misura in cui vi è stata la risposta dei fedeli conseguentemente alla sua promulgazione, i numeri della partecipazioni a questo rito, sarebbero sicuramente ben diversi!
In Cristo e Maria
Daniela
La ringrazio per i suoi chiarimenti, ma non le nascondo che mi rimangono alcuni dubbi…
RispondiEliminaQuando mi riferivo all’impostazione ecclesiologica, non volevo esprimere o auspicare una divisione, ma semplicemente ricordare come il rito esprime la realtà della chiesa (culmine e fonte). I due riti esprimono dunque due momenti della chiesa diversi: uno è la piena espressione del Concilio di Trento, l’altro quella del Concilio Vaticano II. Ora la domanda è come sia possibile che possano convivere insieme due espressioni della chiesa diametralmente opposte (ai tempi del concilio di Trento la chiesa si considerava a partire da una gerarchia, mentre nel concilio vaticano II la categoria teologica preminente è quella di popolo di Dio).
Non c’è da nasconderci che c’è stata una “euforia postconciliare”, che ha allontanato dall’atto di preghiera, ma questo non è un dato comune né tantomeno diffuso. C’è stato un momento di transizione, all’interno del quale il Concilio veniva interpretato in modo erroneo, ma tutto questo è comprensibile, dato che i tempi di attuazione dei concilio sono decisamenti lunghi (si pensi che la piena attuazione del concilio di Trento ha avuto luogo solo 300 anni dopo).
Quando mi riferivo invece alla categoria della “partecipazione” non intendevo riferirmi a quanti fedeli partecipano attualmente alla liturgia straordinaria, ma a come essi partecipano. Il rito romano attuale è caratterizzato dal coinvolgimento dei fedeli alla liturgia, dalla loro partecipazione attiva come comunità in comunione con il sacerdote per lodare il Signore nel suo memoriale. Come si configura su questo versante il rito latino e come può essere allo stesso modo partecipato e coinvolgente se pone su due piani diversi il celebrante e il fedele?
Inoltre esiste anche il problema della lingua. Come sarebbe possibile comprendere la liturgia se celebrata in una lingua lontana dal vissuto quotidiano? Che immagine di Dio apparirebbe, quella di un Dio lontano dalla storia, presente in una semplice ritualità….mentre il Dio di Gesù Cristo è il Dio della Storia, presente ogni giorno nel nostro quotidiano e che ci accompagna…
Credo che anche questa sia una ragione non marginale, seppur non teologica ma pastorale e spirituale…
Saluti cari
Salve Mattia, mi scuso se non ho spiegato bene i concetti che cercavo di condividere.
RispondiEliminaPer quanto riguarda il concetto dei due "riti", mi sono sembrate chiare le parole del Santo Padre: non si tratta di due riti, ma di USI diversi di un MEDESIMO rito!
E' questo il concetto base che ci serve per non confonderci nel pensare che il Concilio Vaticano II abbia voluto scardinare il concetto di Chiesa stessa. Da quando in qua la Chiesa è diventata "democratica" e non più gerarchica?
La Lumen Gentium è chiara al riguado: il Capitolo III parla appunto della " Costituzione Gerarchica della Chiesa ed in particolare dell'Episcopato". Questo santo Sinodo, sull'esempio del Concilio Vaticano primo, insegna e dichiara che Gesù Cristo, pastore eterno, ha edificato la santa Chiesa e ha mandato gli apostoli, come egli stesso era stato mandato dal Padre (cfr. Gv 20,21), e ha voluto che i loro successori, cioè i vescovi, fossero nella sua Chiesa pastori fino alla fine dei secoli. Affinché poi lo stesso episcopato fosse uno e indiviso, prepose agli altri apostoli il beato Pietro e in lui stabilì il principio e il fondamento perpetuo e visibile dell'unità di fede e di comunione... Più Gerarchica di così!!
Inoltre afferma che "Il sacerdote ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio eucaristico nel ruolo di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo; i fedeli, in virtù del loro regale sacerdozio, concorrono all'offerta dell'Eucaristia [17]" Come vedi è ben specificato come sia il "Sacerdote" ministeriale a compiere il sacrificio eucaristico nel ruolo di Cristo e come sia lui (sacerdote ministeriale) ad offrirlo a Dio " a nome di tutto il popolo". Non si vuole mettere su due piani separati il sacerdote ed il popolo, semplicemente specificare e chiarire come i due ruoli siano entrambi importanti, ma differenti nel momento sublime del sacrificio!
Ora, non parlerei più posizioni "diammetrialmente opposte" relativamente alle due forme dello stesso rito della Chiesa di Roma, ma mi sforzerei di guardare alla celebrazione del rito antico come una forma diversa, ma efficace e preziosa, per tributare a Dio l'onore e la lode dovuta.