La riflessione mariologica è uno degli aspetti più delicati e
centrali della teologia cattolica. Maria Santissima occupa una posizione unica
nel piano della salvezza, partecipando all’opera redentrice di Cristo in modo
singolare.
I titoli di Mediatrice e Corredentrice non sono
invenzioni tardive, ma derivano da secoli di meditazione teologica, patristica
e scolastica, e sottolineano la sua cooperazione subordinata ma reale
nell’opera salvifica.
Recentemente, documenti della Santa Sede hanno suggerito di limitare l’uso di questi titoli, per motivi di “pastorale prudenza”. Tale approccio, pur volendo evitare fraintendimenti, rischia di sminuire gravemente il ruolo unico di Maria.
Lo scopo di questa riflessione è:
1. Analizzare
approfonditamente i titoli di Mediatrice e Corredentrice, con
basi teologiche e patristiche.
2. Leggere il documento della Santa Sede alla luce della tradizione teologica.
3. Offrire un approfondimento mariologico completo, con implicazioni pastorali.
I. Fondamenti Teologici di Maria Mediatrice e Corredentrice
1. Maria come Nuova Eva
La teologia cattolica ha sempre evidenziato la relazione
antitetica tra Eva e Maria. Sant’Ireneo di Lione (†202) scrive:
«Dio mandò l’umanità attraverso Maria, affinché, come Eva
aveva portato la morte per disobbedienza, Maria portasse la vita per obbedienza»¹.
Maria è quindi la Nuova Eva: la sua obbedienza e cooperazione
hanno un ruolo attivo nella storia della salvezza. Questa partecipazione non è
autonoma, ma subordinata e finalizzata a Cristo.
2. Titolo di Mediatrice
Il titolo di Mediatrice indica che Maria distribuisce le grazie divine agli uomini, non come fonte indipendente, ma come tramite designato da Cristo, unico mediatore tra Dio e gli uomini (cf. 1 Tim 2,5). La sua mediazione è partecipata, subordinata e strumentale alla Redenzione. Teologi come Bernardo di Chiaravalle affermano che:
«Maria è mediatrice dei doni di Dio, ma solo in quanto
partecipante alla mediazione di Cristo»².
Questo titolo perciò non sminuisce Cristo, ma ne conferma la
centralità nella storia della salvezza.
3. Titolo di Corredentrice
Il termine Corredentrice descrive la collaborazione
attiva di Maria nell’opera redentrice. Il concetto non implica che Maria sia
co-partecipe dell’essenza della Redenzione, ma che abbia cooperato in modo
unico: dalla maternità di Cristo, alla sua presenza ai piedi della croce, fino
alla sua intercessione nella Chiesa nascente. Giovanni Damasceno scrive:
«Maria cooperò con Cristo nell’opera della salvezza come
madre, come discepola perfetta, e come collaboratrice»³.
La combinazione dei due titoli (Mediatrice e Corredentrice)
permette di comprendere la dimensione cristocentrica della mediazione
mariana.
II. Sguardo sui rischi del Documento della Santa Sede
Negli ultimi documenti della Santa Sede, è stato suggerito di
evitare i termini Mediatrice e Corredentrice, per timore di
equivoci teologici. Tale posizione appare altamente limitante per diverse
ragioni:
1. Sminuisce il ruolo unico di Maria: ridurre l’uso dei titoli può far credere che Maria non sia
la creatura più santa e privilegiata dell’universo.
2. Non chiarisce la subordinazione a Cristo: infatti un approccio pastorale corretto
avrebbe ribadito i titoli, spiegando chiaramente la partecipazione subordinata
alla Redenzione.
3. Rischi pastorali: i fedeli potrebbero interpretare il divieto come un indebolimento della
devozione mariana, creando confusione sulla storia della salvezza.
Un approccio veramente pastorale avrebbe dovuto valorizzare l’uso
corretto dei titoli, sottolineando la cooperazione di Maria nella Redenzione
senza confondere la sua mediazione con quella di Cristo.
III. Approfondimento Mariologico
Maria è la Nuova Eva, Madre della Chiesa e vertice della creazione.
Il suo ruolo nella Redenzione include necessariamente:
- Cooperazione
alla salvezza:
attraverso maternità, obbedienza e intercessione.
- Titoli
cristocentrici:
Mediatrice e Corredentrice sono subordinati a Cristo.
- Riflessione
pastorale: è
essenziale comunicare la centralità di Maria senza creare confusione con
la mediazione di Cristo.
IV. Conclusione
Il ruolo di Maria Mediatrice e Corredentrice è:
- Teologicamente
fondato,
radicato nei Padri e nei teologi scolastici.
- Pastoralmente
necessario, per
guidare i fedeli nella comprensione della Redenzione.
- Da insegnare correttamente, evidenziando la subordinazione a Cristo e la cooperazione unica di Maria.
Ciò che emerge chiaramente da questi approfondimenti sulla figura di Maria nella Tradizione e nel Magistero cattolico, è che nella Chiesa non ci sia mai stato un serio pericolo di confusione circa il significato dell senso e del ruolo della mediazione di Maria Santissima. Quello che può avere mosso la pubblicazione di quest'ultimo documento, potrebbe riferirsi ad una sorta di necessità «pastorale» che però si doveva e poteva affrontare ribadendo, specificandola, l'importanza di tali titoli, spiegandoli con approfondimenti teologici e divulgandone più dettagliatamente i contenuti. Quello che purtroppo si è scelto di fare è ridurre il ruolo di Maria Santissima, minimizzandolo rispetto alla Tradizione cattolica, riducendolo in sostanza a quello di semplice creatura, con il risultato di creare equivoci sul disegno divino della Salvezza proposta al popolo nella catechesi e nella vita della Chiesa.
Si è scelto, nuovamente, di privilegiare un senso ingannevole di accoglienza e di rispetto per i non credenti, senza rimanere coerenti e saldi nella Verità. Ma arriverà anche il tempo in cui ciò che è stato taciuto, verrà proclamato sui tetti.
Ad Majora!
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L’approfondimento di questo tema ha inoltre dato modo di fare una riflessione su un altro documento, quello di Abu Dhabi. Il documento "Mater Populi Fidelis", pubblicato il 4 novembre 2025 e quello sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato a Abu Dhabi il 4 febbraio 2019 da Papa Francesco e dall’Imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyib, hanno in comune un pericolosissimo vulnus, quello di presentare una distorta smania “pastorale” che non fa altro che creare confusione e minare verità teologiche.
Il Documento di Abu Dhabi afferma che la pluralità delle religioni sarebbe ”voluta da Dio", senza distinguere tra volontà positiva e volontà permissiva, generando equivoci dottrinali significativi. Da un punto di vista teologico, tale affermazione risulta infatti altamente pericolosa e problematica:
1. Volontà positiva vs volontà permissiva: la Chiesa distingue tra la volontà positiva di
Dio (voler la salvezza tramite la fede cattolica) e la volontà
permissiva (permettere l’esistenza di altre religioni senza approvarle).
Ignorare e non specificare nel documento questa distinzione porta a gravi equivoci.
2. Rischio pastorale: la diffusione del documento senza precisazioni può far credere che
tutte le religioni siano ugualmente salvifiche, contraddicendo la dottrina
cattolica.
3. Conseguenze dottrinali: il pluralismo religioso non è voluto da Dio come via di
salvezza, ma permesso per libertà e prova. La Chiesa cattolica resta l'unica, apostolica e romana.
A partire da queste premesse, la diffusione negli ultimi anni
di questi due documenti, (ma potremo citarne diversi altri), ha fatto sorgere
diverse criticità soprattutto in relazione a una corretta prospettiva di una pastorale
che oggi corre il serio rischio di essere eccessivamente votata all’inclusione
e alla tolleranza, senza tuttavia essere guidata da un rigoroso discernimento
teologico fondato sulla Verità. Sganciarsi da questo significa di fatto ridurre la pastorale una forma di
accomodamento che rischia però di rinnegare implicitamente i principi dottrinali
e magisteriali della Chiesa a discapito della fede del popolo e della Verità di
Dio.
Bibliografia
1.
Sant’Ireneo
di Lione, Adversus Haereses
2.
Bernardo
di Chiaravalle, Sermones de Beata Virgine Maria
3.
Giovanni
Damasceno, Omilia in Dormitionem B. Mariae Virginis
4.
Sant’Agostino,
Sermones
5.
Biblia
Sacra Vulgata, Ed. Stuttgart
6.
La
Sacra Bibbia, Conferenza Episcopale Italiana
7.
Documenti
ufficiali della Santa Sede
8.
Commenti
critici e teologia mariologica moderna



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