Era stato profeta Eugenio Zolli. Dice la figlia Myriam:
"Subito dopo la guerra papà mi diceva spesso: Vedrai, faranno di Pio XII il capro espiatorio del silenzio che tutto il mondo ha mantenuto dinanzi ai crimini nazisti".
E’ storicamente accertato che né il governo degli Stati Uniti, né della Gran Bretagna, né della Russia di Stalin, né De Gaulle, né Organismi Internazionali come la Croce Rossa e lo stesso Consiglio Mondiale Ebraico, che pure erano informati dell'esistenza dei campi di sterminio, elevarono proteste pubbliche e specifiche.
E’ storicamente accertato che né il governo degli Stati Uniti, né della Gran Bretagna, né della Russia di Stalin, né De Gaulle, né Organismi Internazionali come la Croce Rossa e lo stesso Consiglio Mondiale Ebraico, che pure erano informati dell'esistenza dei campi di sterminio, elevarono proteste pubbliche e specifiche.
Solo a partire dagli anni '50 cominciò a diffondersi in tutta Europa una nuova sensibilità nella valutazione delle responsabilità circa la Shoah.
In questa linea abbiamo avuto, da parte cattolica, molte dichiarazioni di Episcopati nazionali, fino all'ultimo documento vaticano: "Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah ". Ma non è contraddittorio il tentativo di scaricare la principale responsabilità della Shoah sulle spalle di Pio XII, che pochi anni prima si elogiava per le sue benemerenze a difesa degli ebrei perseguitati?
Il secondo fatto è il cosiddetto "silenzio" di Pio XII, che è poi l'accusa principale. Su questo silenzio bisogna bene intendersi. Scrive il P.Gumpel:
"La verità è che Pio XII condannò ripetutamente e pubblicamente la persecuzione di gente innocente "solo a causa della loro razza". "A quei tempi, chiunque capiva a chi si stesse riferendo". E a conferma cita vari testi dei massimi vertici nazisti che manifestano ostilità per il Papa "portavoce dei guerrafondai ebrei".
E’ vero però che Pio XII nelle sue proteste pubbliche non ha mai usato il termine "ebreo", né ha fatto dichiarazioni veementi. Possiamo capire un po' di più le ragioni di questo atteggiamento?
Qualche osservatore fa notare quanto sia difficile, con la sensibilità di oggi, in un contesto culturale profondamenmte diverso, poter giudicare le scelte che la coscienza di Pio XII si trovò a prendere. Altri sottolineano la formazione diplomatica ricevuta da Papa Pacelli, e come egli avesse più fiducia nell'azione diplomatica spiegata in tutte le direzioni, piuttosto che nelle pubbliche dichiarazioni. E si attenne a questa impostazione. Ma ascoltiamo il grido del cuore di Pio XII:
"Più volte avevo pensato a fulminare di scomunica il nazismo, a denunciare al mondo civile la bestialità dello sterminio degli ebrei! Abbiamo udito minacce gravissime di ritorsione, non sulla nostra persona, ma sui poveri figli che si trovano sotto il dominio nazista; ci sono giunte vivissime raccomandazioni, per diversi tramiti, perché la Santa Sede non assumesse un atteggiamento drastico.
Dopo molte lacrime e molte preghiere, ho giudicato che una mia protesta, non solo non avrebbe giovato a nessuno, ma avrebbe suscitato le ire più feroci contro gli ebrei... Forse la mia protesta solenne avrebbe procurato a me una lode nel mondo civile, ma avrebbe procurato ai poveri ebrei una persecuzione anche più implacabile di quella che soffrono"
Questa era la convinzione di Pio XII. E che fosse molto fondata, lo conferma quello che successe alla Chiesa d'Olanda. Domenica 26 luglio 1942 fu letta in tutte le chiese cattoliche una lettera di protesta contro le deportazioni di intere famiglie ebree (più di 10.000 persone).
E quale fu il risultato? Non solo la deportazione degli ebrei di sangue e di religione venne accelerata, ma, come ritorsione diretta contro i Vescovi, autori della protesta, furono deportati innanzi tutto gli ebrei battezzati (tra questi, Edith Stein e sua sorella Rosa), che da questo momento sarebbero stati considerati "i nostri peggiori nemici".
Quando Pio XII fu avvertito di questa tragedia, si recò in cucina e personalmente bruciò due grandi fogli scritti molto fitti, dicendo: "E’ la mia protesta contro la spaventosa persecuzione antiebraica. Stasera sarebbe dovuto comparire sull'Osservatore Romano. Ma se la lettera dei Vescovi olandesi è costata l'uccisione di quarantamila vite umane, la mia protesta ne costerebbe forse duecentomila. Perciò è meglio non parlare in forma ufficiale e agire in silenzio, come ho fatto finora, per tutto ciò che è umanamente possibile per questa gente".
Attestato del Gran Rabbino di Roma, Israele Zolli.
Ma chi era Eugenio Zolli?
Un silenzio impenetrabile e inspiegabile è calato sulla figura e sulla vicenda del personaggio Zolli, che per tutto il periodo della guerra fu a Roma Gran Rabbino della comunità israelitica, a capo, cioè, di una delle più antiche e autorevoli comunità della diaspora, e Direttore del Collegio Rabbinico italiano. In nessun documento, neppure da parte cattolica, si cita quanto egli, a parole e con i fatti, testimoniò a favore di Papa Pacelli.
In una intervista data a Stefano Zurlo e pubblicata sul Giornale, 31 marzo 1998, la figlia Myriam (che vive e abita a Trastevere) racconta: "Quando i nazisti chiesero 50 chili d'oro per risparmiare la vita agli abitanti del Portico d'Ottavia, mio padre disperato corse in Vaticano... Il Santo Padre gli fece sapere che il Vaticano avrebbe messo a disposizione i 15 chili mancanti. Da allora Israele Zolli stabilì un rapporto di simpatia umana, quasi di identificazione con Pacelli".
Purtroppo il tesoro non servì a placare l'ira dei nazisti. Fra il 15 e il 16 ottobre 1943 i tedeschi rastrellarono il ghetto. "Mio padre - aggiunge Myriam - aveva capito anche questo: come sarebbe andata a finire. Lui non si fidava delle SS, e in precedenza aveva suggerito ai leader della comunità di bruciare i registri e di far fuggire la gente. Gli diedero del visionario. Anche perché avevano avuto notizie rassicuranti dall'allora capo della polizia Carmine Senise."
Sempre a proposito del rastrellamento del ghetto, in un simposio su "Cristiani ed ebrei durante la persecuzione nazista a Roma", svoltosi nella capitale il 23 marzo 1999, alla domanda fatta da Emanuele Pacifici, presidente dell'Associazione "Amici di Yad Veshem": "Ma dov'era Pio XII in quel 16 ottobre?", il P.Gumpel, gesuita e relatore nel processo per la beatificazione di Pio XII, senza citare Zolli e l'offerta dei chili d'oro, ricorda che Papa Pacelli non era stato a guardare. Aveva incaricato P.Pancrazio Pfeiffer di recarsi dal comandante dell'esercito, il generale Stahel, perché fermasse l'operazione. Il generale mandò un telegramma a Himmler spiegando che l'operazione sarebbe stata controproducente perché avrebbe potuto provocare una reazione violenta. Ottenne solo un ritardo di qualche giorno (Cf. Avvenire, 24 marzo 1999, p.22).
Ritornando al rabbino Zolli, ci domandiamo: che cosa ha provocato la sua scomparsa dalla Storia? Non c'è altra ragione se non il fatto che egli, profondo studioso dei testi biblici dell'Antico e del Nuovo Testamento, nonché profondo conoscitore delle tradizioni talmudiche, dopo anni di solitaria ricerca, sulle orme del "Servo sofferente di Isaia", partecipando intimamente alle sofferenze del suo popolo e fra molte lacrime, aveva riconosciuto nel Cristo crocifisso il Volto del Servo.
Agli inizi del 1945 Israele Zolli chiese e ottenne il battesimo, prendendo il nome di Eugenio, come segno di ringraziamento al Papa Eugenio Pacelli per quanto aveva fatto in aiuto degli ebrei. Questa conversione suscitò un grande scandalo.
Il cardinale Paolo Dezza, recentemente scomparso, ha testimoniato: "Gli fu fatto il vuoto intorno... Il nome di Zolli fu addirittura cancellato dall'elenco dei rabbini di Roma, il settimanale ebraico uscì listato a lutto. Gli Zolli che vivevano ancora a due passi dalla sinagoga, ricevettero telefonate piene di insulti e dovettero cercarsi una nuova abitazione. Nell'attesa lo ospitai all'Università Gregoriana di cui ero rettore, mentre la moglie e la figlia trovarono ricovero in un convento di suore" (Il Giornale, ib. p. 9).
Qui è in ballo la condizione previa a ogni dialogo: il rispetto della persona umana e della libertà religiosa. Per noi cattolici sono state acquisizioni di altissimo valore. E per i fratelli ebrei? Il gran Rabbino di Roma, in piena libertà (nelle sue meditazioni autobiografiche) scrive: "Mai nessuno ha tentato di convertirmi... forse la mia anima si sarebbe esacerbata." Rinuncia a tutte le cariche per imboccare una strada irta di difficoltà per sé e per i suoi: "Sono povero, i nazisti mi hanno portato via tutto, non importa, vivrò povero, morirò povero, ho fiducia nella Provvidenza."
A un giornalista ebreo che gli aveva dato del "serpente scaldato nella comunità", risponde: "Lei non sa immaginare quante lacrime ho versato e quante ne verso anche in questi giorni nelle mie preghiere per gli israeliti perseguitati e barbaramente trucidati. Il tuo popolo è il mio popolo, il ceppo è comune."
"A chi, per incomprensione, mi domandò come avessi potuto 'rinnegare' me stesso, risposi: Non ho rinnegato, ho la coscienza chiara e sicura di aver soltanto affermato me stesso senza rinnegare nulla". Ecco come l'ebreo fatto cristiano sente di non aver ripudiato l'ebraismo: "Non ho mai altercato con me stesso... Tutto, pur trasformandosi, si armonizzava. L'anima andava saturandosi di valori spirituali nuovi senza espellere... i vecchi, ma trasformandoli sino al giorno in cui l'otre vecchio era pieno e riboccante del vino nuovo" . Siamo nel 1945, e, ancora oggi, per noi quelle parole sembrano una acquisizione audace!
Mi rendo conto che qui tocchiamo un nervo scoperto nei rapporti fra ebraismo e cristianesimo. Nessuno pretende che la scelta fatta dal rabbino Zolli sia condivisa dai suoi correligionari. Così dice la figlia Myriam in questa intervista: "Meglio non parlare di Zolli, nemmeno 40 anni dopo la sua morte (2 marzo 1956). E’ meglio non accostarlo a Pio XII. Troppi luoghi comuni scricchiolerebbero" (Il Giornale, stessa intervista).
A un uomo di tale levatura intellettuale e morale, di estremo disinteresse e di impegno in prima persona per le sorti del suo popolo perseguitato (già negli anni 30, a Trieste, dove era Gran Rabbino, si era adoperato a favorire l'espatrio di molti ebrei tedeschi), giustizia vuole che si rispetti la sua scelta, e si riconosca l'importanza della sua testimonianza a favore di Pio XII, forse, più efficace di tutte le altre.
(fonte: www.gesuiti.it)
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