sabato 25 ottobre 2008

Luigi Gedda - vita instancabile vissuta al servizio del Papa




La sera di martedì 26 settembre 2000 si spegneva nella sua casa romana Luigi Gedda, alla bella età di 98 anni.Lucido sino alla fine, conservava ancora la direzione dell’Istituto di cura e ricerca “Gregorio Mendel”, da lui stesso fondato, dove aveva continuato a ricevere, oltre che i suoi collaboratori, anche gli amici di un tempo; e anche alcuni antichi avversari.Massimo Caparra, già segretario particolare di Palmiro Togliatti, ha scritto, all’indomani della scomparsa di Gedda, di averlo incontrato l’estate scorsa, insieme a Padre Migliaccio – che fu assistente ecclesiastico dei Comitati Civici – e di aver ripercorso <>.Erano tempi difficili quelli per l’Azione Cattolica, e in particolare per la Gioventù. Nel 1931 era stata messa in atto una campagna persecutoria contro i circoli giovanili cattolici da parte del fascismo, che voleva mantenere una sorta di monopolio dell’educazione della gioventù italiana. Una campagna ispirata dal filosofo Giovanni Gentile e portata avanti con grossolana virulenza dal Segretario de Partito Nazionale Fascista, Augusto Turati. Dovette intervenire personalmente Pio XI con la famosa enciclica <> (scritta in lingua italiana) per fermare quella persecuzione. Gedda rivelò ben presto doti eccezionali di uomo d’azione, sapientemente coniugate ad una spiritualità profonda. Un organizzatore formidabile. Fu Presidente della Giac dal 1934 al 1946. Presidente dall’Unione Uomini da A.C. dal 1952 al1959. Fondò l’Associazione Medici Cattolici Italiani nel 1944 e la presiedette sino al 1976. Promosse la Federazione Internazionale dei Medici Cattolici, di cui fu Presidente sino al 1966. Va detto, in proposito, che – anche se oberato da tanti incarichi e dalle relative responsabilità cui assolveva con dedizione totale – non dimenticò mai di essere medico: non trascurò mai l’aggiornamento nel suo campo professionale. E lo stesso Pio XII, di cui è noto l’interesse per i problemi della medicina, si serviva spesso della consulenza di Gedda. E dietro richiesta di questi, Pio XII compose quella bella <> che fu recitata per la prima volta nell’ottobre del 1957, durante un convegno di medici cattolici a San Giovanni Rotondo, da Padre Pio da Pietralcina. L’attivismo di Luigi Gedda portava il marchio di origine di una esigenza da lui largamente avvertita: l’animazione spirituale della società. Ed è in questa logica che si inserisce l’episodio del 18 aprile del 1948, e l’organizzazione dei Comitati Civici. Il 18 aprile del 1948 (oggi lo riconoscono, con maggiore o minore convinzione, un po’ tutti, anche quelli che furono gli sconfitti di allora) non fu un semplice capitolo dei tanti della storia di questo primo cinquantennio dell’Italia repubblicana, ma quello che ha consentito lo svolgersi delle tante altre vicende, gettando le basi solide per il processo lento, difficile e faticoso, della democrazia italiana.Fu un momento decisivo. Era lo spartiacque tra un versante contrassegnato dalle fosche prospettive di una dittatura stalinista, e un versante contrassegnato dalla speranza di un processo di libertà e di democrazia, con i suoi alti e bassi, con i suoi chiaroscuri, con le sue incertezze, ma comunque illuminato dai principi e dai traguardi che una libera comunità si propone. A distanza di oltre cinquant’anni possiamo dirlo: il 18 aprile segnò la vittoria di un sistema: il sistema democratico. Luigi Gedda fu l’animatore di quell’importante mobilitazione del mondo cattolico. Fu sua l’idea di costituire i Comitati Civici. Con tale formula si aggirava l’ostacolo giuridico del Concordato, che vietava alle organizzazioni dell’Azione Cattolica di immischiarsi nelle cose politiche. I Comitati civici, strutturati su base diocesana, si avvalsero di oltre trecentomila volontari: uomini, donne, giovani impegnati nella duplice direzione, di combattere l’astensionismo e di orientare il voto in senso antimarxistico e cristiano.La propaganda svolta dai Comitati Civici, oltre che capillare, insistente, galvanizzante, fu di un’efficacia straordinaria. Intelligente. Ricordo i manifesti. Non insulsi e folcloristici, come quelli delle attuali campagne elettorali, con molte facce e poche idee. Erano ciascuno di essi come un capitoletto di un libro di idee e programmi. Trasmettevano direttamente un messaggio. Quella mobilitazione, così rapida, inaspettata, del mondo cattolico impressionò Togliatti. Essa sconvolgeva ogni strategia. Era cambiata la posta in gioco. Non si trattava di scegliere tra America e Russia, ma per Cristo o contro Cristo. E qui Togliatti sentiva di trovarsi spiazzato. Dopo il 18 aprile, scrisse una lettera a Gedda riconoscendolo come il vero vincitore delle elezioni. Devo aggiungere che sull’operazione Gedda non mancarono dubbi e riserve anche in campo cattolico. Ma prevalse la chiara percezione della gravità del momento storico: era in pericolo la democrazia in Italia, e con la democrazia tutti i valori ad essa collegati, tra cui la libertà di credo religioso. Non si poteva stare a sottilizzare. Primum vivere…Pio XII fugò dubbi e riserve, accordando pieno sostegno al progetto geddiano. I tempi sono cambiati. La Chiesa non ha più bisogno dei Comitati Civici, perché non c’è più Annibale che preme alle porte. La Chiesa è sempre in trincea nella esaltante battaglia della dignità dell’uomo, legata al messaggio della salvezza di cui essa è annunciatrice perpetua; ma questo non significa essere sempre nella trincea politica. L’esperienza di Gedda era ormai superata già dieci anni dopo, quando con Giovanni XXIII la Chiesa scelse altre strategie pastorali, più adatte ai nuovi tempi. Un Gedda non serviva più in un’Europa in cui la pressione della barbarie comunista non aveva più la virulenza e la pericolosità di dieci, quindici anni prima. E Gedda fu congedato. Ma l’epoca del dialogo di Giovanni XXIII intanto poté maturare in quanto l’epoca dello scontro era stata affrontata alla maniera di Gedda e di Pio XII, ed era stata vittoriosamente superata. Alla luce dei fatti successivi, è lecito chiedersi che cosa sarebbe successo, quale decorso avrebbe avuto il processo democratico italiano ed europeo, senza i risultati del 18 aprile 1948. L’uomo vive il momento storico che la Provvidenza gli assegna: deve affrontare il suo presente con la responsabile determinazione che esso richiede.Ritirandosi dalla scena e dall’impegno sociale e politico, Gedda si dedicò con maggiore responsabilità ai suoi studi medici. Quale è stato il segreto di questa vita instancabile vissuta al servizio del Papa, della Chiesa, dell’Italia e poi della scienza? La sua profonda spiritualità: una vita interiore che è stata <>. Allo storico contemporaneo, ai tanti giornalisti che si sono interessati a lui, probabilmente questo sfugge, per cui esso risulta l’aspetto meno noto della sua personalità; e invece ne è quello dominante. E costituisce la chiave di lettura fondamentale per capire appieno i suoi comportamenti, in ogni momento della sua movimentata esistenza, nell’ora della solitudine e della mortificazione. Luigi Gedda era convinto che, quali che fossero le capacità del singolo, senza un saldo ancoraggio ad una profonda spiritualità, quelle doti e quelle risorse non sarebbero approdate a nessun risultato duraturo. Ecco perché nella sua impegnata esperienza, se da una parte non si risparmiava nell’affrontare e risolvere i tanti e non facili problemi che si ponevano alle sue responsabilità, sino a curare i piccoli dettagli organizzativi del suo lavoro, dall’altra parte non sottraeva un minuto ai tempi della preghiera, come esigeva la sua spiritualità. L’uomo che capeggiò – con il genio dell’organizzatore e il carisma del trascinatore – l’epica battaglia dell’aprile del 1948, è lo stesso che sei anni prima, nel 1942, aveva fondato la Società Operaia, la cui finalità era quella di formare e rinsaldare una forte vita interiore a fondamento del vero apostolato. Erano nate le Case di esercizi spirituali di Casale Corte Cerro (Novara) e di Paestum (Salerno), chiamate Getsemani, perché il loro programma era ispirato a Gesù agonizzante nell’orto degli ulivi, che conclude il suo colloquio di sofferenza col Padre con le parole: <>. La spiritualità getsemanica era per Gedda <> E’ lo stesso uomo che, nel 1947, insieme alla sorella Mary – oggi serva di Dio – fondò una rivista di spiritualità dal titolo significativo di <>. Questa profonda carica di spiritualità, che dette a Luigi Gedda l’energia necessaria per assolvere ai suoi difficili compiti, gli fornì altrettanta energia necessaria per affrontare con forza e dignità gli anni della emarginazione e dell’oblio. E’ stato forse <>. De Gasperi gli aveva offerto un seggio senatoriale sicuro, a Viterbo (la città dove Mario Fani e Giovanni Acquaderni avevano fondato la Società della Gioventù Cattolica, nel 1868), ma egli rifiutò. Amò la Chiesa e il Papa, ne fu fedele servitore. Ma l’amore per la Chiesa ed il Papa nasceva dal grande amore che aveva per Dio. Gedda era cosciente che l’uomo sarà giudicato da Dio e dalla storia sui comportamenti tenuti nell’ora delle responsabilità e della emarginazione. Beato colui, che alla fine dei suoi giorni, potrà dire: Ho combattuto la mia battaglia quando il momento della responsabilità mi chiamava; ho saputo vivere nell’umiltà (e qualche volta nell’umiliazione) del silenzio e dell’isolamento, quando non ero (o ad altri pareva che non fossi) più utile. E’ allora che si vede la vera grandezza, e la vera nobiltà dell’uomo. Grande negli incarichi e negli onori, più grande nel ritiro e nella rimozione, coerente sempre nei principi professati e nello stile di vita prescelto. Così si comporta un vero cristiano. Ed è per questo che, al di là di vicende che lo hanno visto protagonista della storia d’Italia, Luigi Gedda è rimasto e rimane <>.

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