domenica 23 agosto 2009

La profonda ragione della devozione al Sacro Cuore


Il culto del Sacro Cuore di Gesù non è affatto secondario nella fede cristiana, né tanto meno una forma di superstizione, come i suoi avversari, specie i giansenisti, sostenevano. Al contrario, esso è stato voluto e stabilito da Cristo stesso, che ha ad esso legato dodici promesse e un valore di portata non solo teologica ma anche sociale.



Il Cristianesimo afferma che la salvezza è nell’adesione del cuore. Per il Cristianesimo la conoscenza è importante ma non determinante, nel senso che essa svolge una funzione ausiliare per l’esercizio della virtù ma non costituisce il criterio della salvezza.
Il Cristianesimo non è una religione gnostica, ovvero una religione che fa della conoscenza l’unico criterio della salvezza: chi conosce si salva, chi non conosce non si salva.



Il significato teologico

Che il criterio cristiano della salvezza non sia nella conoscenza ma nell’adesione del cuore, è esito del fatto che il Dio cristiano ha creato per amore e che per amore ha deciso d’incarnarsi, di fare esperienza della sofferenza e della morte.



Nel XVII secolo nacque e iniziò a diffondersi l’eresia giansenista, che si basava prevalentemente su due punti. Primo: il peccato originale ha talmente rovinato l’uomo che questi, senza la Grazia, non può fare il bene, neanche occasionalmente. Secondo: Dio ha già deciso chi deve essere salvato e chi dannato indipendentemente dai meriti e dai demeriti; insomma, una predestinazione in senso calvinista.



Dunque quella del giansenismo era una concezione antropologica dichiaratamente pessimistica e, nello stesso tempo, una concezione di Dio rigoristica ed angosciante. Il Sacro Cuore appare a santa Margherita Maria Alacoque affermando, invece, che bisogna abbandonarsi al suo Amore, indicando cioè il suo Cuore come criterio di vincolo a Lui e anche come criterio di comprensione (per quanto possibile) della sua tenerezza per l’uomo stesso.
In una delle rivelazioni a santa Margherita il Sacro Cuore disse: «Ecco quel Cuore che ha talmente amato gli uomini da non aver risparmiato nulla, fino ad esaurirsi e consumarsi per testimoniare a loro il proprio amore».



Dunque, con la devozione al Sacro Cuore, Gesù ricorda il suo immenso amore e la sua immensa misericordia per l’uomo. Un ricordo non astratto ma volto a far capire concretamente quanto la vita dell’uomo stesso possa cambiare abbandonandosi all’amore di Gesù. Egli rivelò a santa Margherita ben dodici promesse di una indiscutibile concretezza. Leggiamole.



1. Ai devoti del mio Sacro Cuore darò tutte le grazie e gli aiuti necessari al loro stato. 2. Stabilirò e manterrò la pace in tutte le loro famiglie. 3. Li consolerò in tutte le loro afflizioni. 4. Sarò per loro sicuro rifugio in vita e soprattutto nell’ora della morte. 5. Spargerò abbondanti benedizioni su tutte le loro fatiche e imprese. 6. I peccatori troveranno nel mio Cuore un’inesauribile fonte di misericordia. 7. Le anime tiepide diventeranno ferventi con la pratica di questa devozione. 8. Le anime ferventi saliranno rapidamente ad un’alta perfezione. 9. La mia benedizione rimarrà nei luoghi in cui verrà esposta e venerata l’immagine del Sacro Cuore. 10. A tutti coloro che opereranno per la salvezza delle anime, darò grazie per poter convertire i cuori più induriti. 11. Le persone che diffonderanno questa devozione avranno i loro nomi scritti per sempre nel mio Cuore. 12. A tutti coloro che si comunicheranno nei primi venerdì di nove mesi consecutivi, darò la grazia della perseveranza finale e della salvezza eterna.



A proposito della devozione al Sacro Cuore di Gesù, Pio XI al paragrafo 4 della Miserentissimus Redemptor, dell’8 maggio 1928, dice che «essa è non soltanto il simbolo, ma anche, per così dire, la sintesi di tutto il mistero della Redenzione (…) la più completa professione della Religione cristiana».



Il significato sociale



Se teologicamente la devozione al Sacro Cuore è una risposta al giansenismo, socialmente è una risposta prima di tutto all’assolutismo politico, uno dei tratti tipici della modernità.

Il XVII è proprio il secolo dell’assolutismo politico che affonda le sue radici nella concezione, tipicamente umanistico-rinasacimentale, di un potere non organicamente legato al Vero e al Giudizio morale (e quindi a Dio) ma che deve trovare il proprio fondamento in se stesso, cioè nel puro esercizio del potere. Insomma, un’autorità politica non più come manifestazione di servizio, ma, per l’appunto, come pura manifestazione di potere. Una concezione pertanto machiavellica e post-machiavellica.



Il Sacro Cuore, attraverso santa Margherita, rivolse delle precise richieste al Re di Francia Luigi XIV. Eccole: 1. Il Re deve consacrarsi con la sua famiglia al Sacro Cuore e offrirgli pubblici omaggi. 2. Egli deve chiedere ufficialmente alla Santa Sede di autorizzare la Messa del Sacro Cuore e di concedere privilegi per l’universale diffusione di questa devozione. 3. Egli deve far costruire una basilica dedicata al culto del Sacro Cuore. 4. Egli deve porre la Francia sotto la protezione del Sacro Cuore, raffigurandolo sugli stendardi e sulle armi del Regno. 5. Egli deve promuovere nell’intera Europa i diritti di Gesù Cristo come Re dei re e Sovrano dei sovrani.



Le richieste non furono esaudite e la Francia, da baluardo del Cattolicesimo che doveva essere, divenne la culla dei più gravi errori. Luigi XVI ne pagò le conseguenze. Nel 1792, mentre era prigioniero dei rivoluzionari, si ricordò delle promesse del Sacro Cuore alla Corona di Francia e promise che, se fosse scampato alla morte e tornato sul trono, avrebbe consacrato se stesso e la Francia al Sacro Cuore. Ma Gesù stesso (più di un secolo dopo) dirà a suor Lucia di Fatima che fu troppo tardi.



Dunque, la devozione al Sacro Cuore è anche un richiamo di carattere sociale, un richiamo cioè a concepire l’autorità politica come modello di servizio e di sacrificio in cui gli elementi della donazione, dell’oblazione e dell’amore diventano fondamentali nell’esercizio di tale autorità.
Insomma, il modello di ogni autorità politica è la regalità di Cristo e del suo amore immenso per ogni uomo.



L’enciclica Annum sacrum di Leone XIII, del 25 maggio 1899, afferma che la devozione al Sacro Cuore ha la sua ragione teologica proprio nella regalità sociale di Cristo. Infatti, il coronamento del culto pubblico al Sacro Cuore fu l’istituzione della festa liturgica di Cristo Re.
Nel 1925, Pio XI stabilì che questa festa venisse celebrata l’ultima domenica di ottobre. E in tale giorno bisognava anche rinnovare la consacrazione dell’umanità intera al Cuore di Gesù. Leggiamo alcune parole tratte dalla Quas primas, l’enciclica di Pio XI, dell’11 dicembre 1925, che istituisce la Festa di Cristo Re:



«Chi non vede che, fin dagli ultimi anni del secolo precedente, in modo ammirevole andava preparandosi il cammino per l’istituzione di questa festa? Tutti sanno che l’autorità e la regalità di Cristo sono stati già riconosciuti dalla pia pratica delle consacrazioni e omaggi al Sacro Cuore di Gesù rivoltigli da innumerevoli famiglie, e non solo da famiglie, ma anche da Stati e Regni, che hanno compiuto lo stesso atto. (…) Il diluvio di mali sull’universo proviene dal fatto che la maggior parte degli uomini ha respinto Gesù Cristo e la sua sacrosanta Legge, sia dalla vita privata che da quella pubblica. Non vi sarà certa speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni si ostineranno a negare e rifiutare l’imperio del Salvatore».

C’è sicuramente una speranza, quella che la devozione al Sacro Cuore costituisca l’“occasione” per far ritornare questo mondo alla “giovinezza” della Verità. Un episodio alimenta questa speranza.



Santa Gertrude (1256-1302) ebbe una visione in cui chiese a san Giovanni evangelista perché, nel suo Vangelo e nelle sue Lettere, aveva fatto solo intravedere quei misteri pieni di amore che aveva ricevuto dal Sacro Cuore. L’Apostolo le rispose:



«Il mio ministero doveva limitarsi a rivelare sul Verbo increato, eterno Figlio del Padre, alcune parole feconde, sulle quali l’intelligenza degli uomini meditasse continuamente, senza poter mai esaurirne le ricchezze. Ma agli ultimi tempi è riservata la grazia di udire l’eloquente voce delle pulsazioni del Cuore di Gesù. Nell’udire questa voce, l’invecchiato mondo ringiovanirà dal suo torpore e il calore del divino amore lo infiammerà un’ultima volta».


(Fonte: Radici Cristiane - RC n. 35 - Giugno 2008)







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