venerdì 14 agosto 2009
di Salvatore Perrella
L'attuale concezione del mondo è fortemente contrassegnata dalla dimensione escatologica, perché si vuole edificare, costruire un futuro che dia un senso globale all'esistenza umana. La cultura contemporanea, nonostante fenomeni contraddittori frutto della posterità nichilista e relativista, è anche contraddistinta da un pressante interrogativo escatologico, come osservava sin dal 1977 A. Giudici: "Essendo ogni giorno sempre più possibile modificare il futuro, esso è diventato un problema e una domanda. Questa domanda è al centro della cultura, dell'autocomprensione dell'uomo e costituisce oggi la domanda ultima o religiosa". Il nostro tempo tecnologizzato e sempre più globalizzato nei suoi interessi ma anche aporie economiche e sociali è quindi caratterizzato, da un lato, dall'angoscia della mancanza di significato e dall'altro dal profondo bisogno di avere risposte sul senso globale del futuro. L'ambito in cui è possibile trovare pareri cogenti e convincenti è quello della trascendenza dell'uomo, ossia il luogo dove l'uomo, uscendo dalla propria angoscia - lo ricorda Benedetto XVI nella Spe salvi - si apre a Qualcuno che sta oltre lui stesso e la sua storia.
A un'analisi superficiale potrebbe anche sfuggire l'esigenza di un senso totale della vita presente nel nostro convulso periodo storico, così contraddittoriamente immerso nel presentismo, nel passatismo, nel terrenismo, nel consumismo esasperato, cioè nelle forme mutevoli del nichilismo, con le tragiche conseguenze della degradazione umana e della violenza o della indifferenza verso la persona umana.
Ma volendo indagare in modo più serio, minuzioso, attento e radicale su alcuni fenomeni diffusi sul mondo d'oggi (come la mistica orientale, le pratiche yoga, lo spiritismo, il satanismo, la parapsicologia, la droga, la new age con i suoi instabili ma continui derivati), non si può non avvertire ch'essi denunciano in qualche modo, magari oscuro e confuso, l'enorme insoddisfazione dell'uomo e della donna contemporanei.
I suddetti fenomeni denotano in qualche modo l'attesa spasmodica di qualcosa che rompa le barriere del mondo materiale; che forzi "la prigione del terrenismo", per aprirsi a prospettive esaltanti quali la dimensione spirituale dell'esistenza, estesa oltre i limiti angusti della semplice sfera sensibile della vita, per trovare un senso totale e trascendente alla vita umana, per soddisfare il bisogno insopprimibile e urgente di natura escatologica sempre più presente.
Dinanzi all'enigma-mistero della morte, l'unico "caso serio" indilazionabile e inesorabile, sorgente perenne di indagini, di tristezze e di paure, il discepolo del Crocifisso-Risorto non è nel buio completo, anzi, per essere in linea colla fede che professa, "deve comunicare le conoscenze che ha della morte, poiché in tal caso può portare agli uomini una buona novella.
Questo dovere di carità gli si impone con maggiore urgenza ai nostri giorni, nei quali molti dei nostri contemporanei ignorano il messaggio di Cristo risuscitato e cercano di esorcizzare la paura della morte ricorrendo a quelle che san Paolo chiamava "vane filosofie" (F. X. Durrwell).
Purtroppo anche nel popolo cristiano si osserva un certo disorientamento riguardo alla materia escatologica, oltre che una certa conflittualità connotante la vita di tanti fedeli. Da un lato il credente sembra rinunciare a riflettere sul "dopo la morte" per paura di dover rispondere ad alcuni permanenti interrogativi: esiste qualcosa al di là della morte? sussiste qualche cosa di noi stessi dopo questa morte? non sarà il nulla che ci attende?
A nostro conforto risponde, ancora una volta, l'insegnamento della Chiesa che interpella e motiva la fede e la speranza: "Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna". Per cui "vivere in cielo è "essere con Cristo". Gli eletti vivono "in lui", ma conservando la loro vera identità, il loro proprio nome".
E, aggiunge ancora la Chiesa: "Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione".
Questi brani del catechismo, esprimenti la fede, rimandano il credente a fidarsi completamente all'amore di Dio, il quale mai si separerà da noi; Egli è, infatti, irrimediabilmente versato alla comunione.
Perciò, scrive san Paolo: "Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui". Qui sta la novità radicale ed essenziale della morte cristiana.
D'altro canto il cristiano degli ultimi anni del secolo xx e dei primi del xxi ravvisa l'urgenza di avere chiare risposte in questa materia, per dare un senso a tutta la sua vita; un'esistenza credente, se è vera, consapevole e consequenziale, è fondata sulla speranza escatologico-evangelica, cioè sulla certezza della vita eterna.
Speranza che si radica nella fede nella risurrezione di Gesù Cristo, "veramente risorto dai morti, primizia di risurrezione per quelli che sono morti". La morte non è più la stessa dopo che Gesù l'ha affrontata, attraversata e vinta; il credente non deve né dimenticare né minimizzare le parole del Risorto: "Io sono la resurrezione e la vita. Chi vive e crede in me, anche se morto vivrà".
Il Nuovo Testamento completa queste essenziali affermazioni sulla resurrezione di Gesù parlando del fatto che "egli è vivo", sta alla "destra" di Dio; "entrò" o "fu assunto nella gloria". L'affermazione primaria del Nuovo Testamento riguarda comunque il destino vivente e glorioso di Gesù dopo la morte.
Credere che Cristo è risorto dai morti ed ora e nei secoli è, rimane, e sarà sempre il "Vivente", oltre a impegnare nella vita di ogni giorno a rendere conto della speranza che è in noi, ci obbliga a rendere testimonianza sulla realtà e dono escatologico da lui ricevuto per puro dono mediante la fede. Cristo è il "nostro futuro eterno": da sempre la Chiesa, seppur con modi e mezzi diversi, proclama questa ferma speranza.
Rimane innegabile, a livello teologico, teologale ed esistenziale, il grande richiamo e il grande fascino dell'evento dell'Assunta ai valori della trascendenza, della bellezza e della trasfigurazione dell'uomo creato a immagine di Cristo e destinato a ricongiungersi eternamente a lui nella santità e nell'amore che non conosce tentennamenti e tramonto.
Possiamo ben dire che l'assunzione di Maria è per la Chiesa, il credente e per ogni uomo e ogni donna di buona volontà, che cercano senso e meta non illusori ma definitivi, dopo aver per molto tempo e ancor oggi "sperato nel tragico nulla": - un segno di sicura speranza - un segno di un destino di gloria; - un segno del valore del corpo; - un segno dell'inconfondibile "stile" di Dio; - la primizia ed immagine escatologica della Chiesa; - il segno della presenza dell'Unitrino e della Donna della Speranza che non svanisce.
Il fatto e il "caso serio" dell'assunzione di Maria è un fatto emblematico dell'agire divino: Santa Maria, creatura insignificante agli occhi del mondo, è divenuta per Grazia la persona dopo Cristo più significativa nella storia e nella gloria. Per cui l'evento salvifico integrale della sua assunzione al cielo in anima e corpo, in definitiva, diviene chiave interpretativa di tutto il mistero di Maria, e, per complementare reciprocità, dell'intero mistero della Chiesa, nonché del mistero dell'uomo.
È su questo tenue ma resistente residuo di speranza che trova il suo punto di contatto il nostro discorso cristiano sul futuro ultimo in Dio, impersonato in una donna, Maria di Nazaret, la cui esistenza gloriosa dalla soglia escatologica si fa modello, esempio e paradigma di vita per l'"oggi" della Chiesa e del mondo.
Cristo è veramente risorto; egli è il Vivente, che elargisce a ogni creatura il dono della risurrezione per la vita eterna. L'Assunta è il compimento anticipato di tale promessa; è "il segno della trasformazione finale del mondo" (A. Carr). Maria già possiede "lo splendore dei corpi celesti".
A un'analisi superficiale potrebbe anche sfuggire l'esigenza di un senso totale della vita presente nel nostro convulso periodo storico, così contraddittoriamente immerso nel presentismo, nel passatismo, nel terrenismo, nel consumismo esasperato, cioè nelle forme mutevoli del nichilismo, con le tragiche conseguenze della degradazione umana e della violenza o della indifferenza verso la persona umana.
Ma volendo indagare in modo più serio, minuzioso, attento e radicale su alcuni fenomeni diffusi sul mondo d'oggi (come la mistica orientale, le pratiche yoga, lo spiritismo, il satanismo, la parapsicologia, la droga, la new age con i suoi instabili ma continui derivati), non si può non avvertire ch'essi denunciano in qualche modo, magari oscuro e confuso, l'enorme insoddisfazione dell'uomo e della donna contemporanei.
I suddetti fenomeni denotano in qualche modo l'attesa spasmodica di qualcosa che rompa le barriere del mondo materiale; che forzi "la prigione del terrenismo", per aprirsi a prospettive esaltanti quali la dimensione spirituale dell'esistenza, estesa oltre i limiti angusti della semplice sfera sensibile della vita, per trovare un senso totale e trascendente alla vita umana, per soddisfare il bisogno insopprimibile e urgente di natura escatologica sempre più presente.
Dinanzi all'enigma-mistero della morte, l'unico "caso serio" indilazionabile e inesorabile, sorgente perenne di indagini, di tristezze e di paure, il discepolo del Crocifisso-Risorto non è nel buio completo, anzi, per essere in linea colla fede che professa, "deve comunicare le conoscenze che ha della morte, poiché in tal caso può portare agli uomini una buona novella.
Questo dovere di carità gli si impone con maggiore urgenza ai nostri giorni, nei quali molti dei nostri contemporanei ignorano il messaggio di Cristo risuscitato e cercano di esorcizzare la paura della morte ricorrendo a quelle che san Paolo chiamava "vane filosofie" (F. X. Durrwell).
Purtroppo anche nel popolo cristiano si osserva un certo disorientamento riguardo alla materia escatologica, oltre che una certa conflittualità connotante la vita di tanti fedeli. Da un lato il credente sembra rinunciare a riflettere sul "dopo la morte" per paura di dover rispondere ad alcuni permanenti interrogativi: esiste qualcosa al di là della morte? sussiste qualche cosa di noi stessi dopo questa morte? non sarà il nulla che ci attende?
A nostro conforto risponde, ancora una volta, l'insegnamento della Chiesa che interpella e motiva la fede e la speranza: "Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna". Per cui "vivere in cielo è "essere con Cristo". Gli eletti vivono "in lui", ma conservando la loro vera identità, il loro proprio nome".
E, aggiunge ancora la Chiesa: "Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione".
Questi brani del catechismo, esprimenti la fede, rimandano il credente a fidarsi completamente all'amore di Dio, il quale mai si separerà da noi; Egli è, infatti, irrimediabilmente versato alla comunione.
Perciò, scrive san Paolo: "Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui". Qui sta la novità radicale ed essenziale della morte cristiana.
D'altro canto il cristiano degli ultimi anni del secolo xx e dei primi del xxi ravvisa l'urgenza di avere chiare risposte in questa materia, per dare un senso a tutta la sua vita; un'esistenza credente, se è vera, consapevole e consequenziale, è fondata sulla speranza escatologico-evangelica, cioè sulla certezza della vita eterna.
Speranza che si radica nella fede nella risurrezione di Gesù Cristo, "veramente risorto dai morti, primizia di risurrezione per quelli che sono morti". La morte non è più la stessa dopo che Gesù l'ha affrontata, attraversata e vinta; il credente non deve né dimenticare né minimizzare le parole del Risorto: "Io sono la resurrezione e la vita. Chi vive e crede in me, anche se morto vivrà".
Il Nuovo Testamento completa queste essenziali affermazioni sulla resurrezione di Gesù parlando del fatto che "egli è vivo", sta alla "destra" di Dio; "entrò" o "fu assunto nella gloria". L'affermazione primaria del Nuovo Testamento riguarda comunque il destino vivente e glorioso di Gesù dopo la morte.
Credere che Cristo è risorto dai morti ed ora e nei secoli è, rimane, e sarà sempre il "Vivente", oltre a impegnare nella vita di ogni giorno a rendere conto della speranza che è in noi, ci obbliga a rendere testimonianza sulla realtà e dono escatologico da lui ricevuto per puro dono mediante la fede. Cristo è il "nostro futuro eterno": da sempre la Chiesa, seppur con modi e mezzi diversi, proclama questa ferma speranza.
Rimane innegabile, a livello teologico, teologale ed esistenziale, il grande richiamo e il grande fascino dell'evento dell'Assunta ai valori della trascendenza, della bellezza e della trasfigurazione dell'uomo creato a immagine di Cristo e destinato a ricongiungersi eternamente a lui nella santità e nell'amore che non conosce tentennamenti e tramonto.
Possiamo ben dire che l'assunzione di Maria è per la Chiesa, il credente e per ogni uomo e ogni donna di buona volontà, che cercano senso e meta non illusori ma definitivi, dopo aver per molto tempo e ancor oggi "sperato nel tragico nulla": - un segno di sicura speranza - un segno di un destino di gloria; - un segno del valore del corpo; - un segno dell'inconfondibile "stile" di Dio; - la primizia ed immagine escatologica della Chiesa; - il segno della presenza dell'Unitrino e della Donna della Speranza che non svanisce.
Il fatto e il "caso serio" dell'assunzione di Maria è un fatto emblematico dell'agire divino: Santa Maria, creatura insignificante agli occhi del mondo, è divenuta per Grazia la persona dopo Cristo più significativa nella storia e nella gloria. Per cui l'evento salvifico integrale della sua assunzione al cielo in anima e corpo, in definitiva, diviene chiave interpretativa di tutto il mistero di Maria, e, per complementare reciprocità, dell'intero mistero della Chiesa, nonché del mistero dell'uomo.
È su questo tenue ma resistente residuo di speranza che trova il suo punto di contatto il nostro discorso cristiano sul futuro ultimo in Dio, impersonato in una donna, Maria di Nazaret, la cui esistenza gloriosa dalla soglia escatologica si fa modello, esempio e paradigma di vita per l'"oggi" della Chiesa e del mondo.
Cristo è veramente risorto; egli è il Vivente, che elargisce a ogni creatura il dono della risurrezione per la vita eterna. L'Assunta è il compimento anticipato di tale promessa; è "il segno della trasformazione finale del mondo" (A. Carr). Maria già possiede "lo splendore dei corpi celesti".
(©L'Osservatore Romano - 15 agosto 2009)
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