sabato 8 novembre 2008

Fra Nicola da Gesturi - (1882-1958)




"FRATE SILENZIO"

A Gèsturi, paese sardo di circa 1.500 abitanti, situato nella regione del Sarcidanu e nell'arcidiocesi di Oristano, il 4 agosto 1882 nasce Giovanni Angelo Salvatore, figlio di modesti e religiosi possidenti: Giovanni Medda Serra e Piràma Cogoni Zedda, quarto di cinque fratelli. A cinque anni è già orfano di padre e a tredici anche di madre; per cui viene assunto come servo "non stipendiato" dal benestante Peppino Pisano, suocero della sorella Rita, presso la quale resta ancora dopo la morte del parente. Guarito da una grave malattia reumatico-articolare, nel marzo 1911 Giovanni Medda sale a Cagliari sul colle di Buoncammino, al convento di Sant'Antonio, per essere accettato tra i fratelli non chierici cappuccini dal commissario provinciale, padre Martino da Sampierdarena. L'aspirante è raccomandato dalla dichiarazione del parroco, don Vincenzo Albana (Gèsturi, 31 marzo 1911), che si dice dispiaciuto della partenza del giovane dalla "parrocchia, dove è stato sempre di edificazione per tutti, non solo per la sua specchiata pietà, ma anche per la illibatezza della vita e l'austerità dei costumi".Ricevuto dal superiore prima come terziario, Giovanni Medda indossa il saio a Cagliari solo il 30 ottobre 1913 ed assume il nome che lo renderà famoso in tutta l'isola e oltre: frate Nicola da Gèsturi. Dopo il 13 giugno 1914, continua il noviziato a Sanluri, sotto la guida di padre Fedele da Sassari, "religioso austero con sé e con gli altri, e severo fino alla pignoleria". Cosí temprato alla vita conventuale, il novizio emette la professione semplice il 1° novembre 1914, confermando poi la sua consacrazione totale a Dio il 16 febbraio 1919 con la professione solenne. Gli si affida un primo incarico piuttosto esigente: la cucina del convento di Sassari. Quantunque ce la metta tutta, fra Nicola non riesce tuttavia ad accontentare i confratelli. Lo si sostituisce, inviandolo a Oristano, poi a Sanluri a riossigenarsi nello spirito del noviziato. Finalmente i superiori individuano un ambiente piú consono e possibilmente vasto per le straordinarie virtú di frate Nicola: l'obbedienza e l'umiltà e lo stabiliscono definitivamente nel capoluogo della Sardegna, dove aveva esposto la timida richiesta di essere cappuccino. Riceve l'incarico di questuare "a santu Franciscu", per san Francesco, secondo l'espressione tipicamente sarda..Per esattezza storica, nel Settecento, in quello stesso convento, ha dimorato un altro questuante cappuccino come lui, veneratissimo in tutta l'isola: sant'Ignazio da Làconi (1701-1781). Non resta che prenderlo come esemplare e fra Nicola ci riesce stupendamente. Per trentaquattro anni si aggira, testimone silenzioso, nelle campagne, scende e sale i tortuosi vicoli dei rioni Castello e Villanova, si spinge ai paesi vicini del Campidano, per poi percorrere in lungo e in largo le strade e i corsi di Cagliari. Si arresta soltanto quando incontra "sora nostra morte corporale" alle ore 0,15 dell'8 giugno 1958.La venerazione di cui è circondato è tale da far salire a circa 60.000 i partecipanti ai funerali, iniziati alle ore 17 del 10 giugno. La fiumana avanza tra una pioggia ininterrotta di fiori e blocca per piú ore il traffico di Cagliari, per arrestarsi solo al cimitero di Bonaria. Piú che un funerale, si è di fronte a un corteo trionfale, trasformato in seguito in pellegrinaggio quotidiano fino al 2 giugno 1980, quando le spoglie mortali dell'ormai servo di Dio frate Nicola da Gèsturi ritornano nella sua chiesetta di Sant'Antonio. Nel frattempo, il 6 ottobre ha inizio il processo informativo e il 22 febbraio 1978 quello cognizionale per la sua canonizzazione. Il 25 giugno 1996 viene promulgato il decreto sulle sue virtú eroiche, alla presenza di Giovanni Paolo II, che lo dichiara Beato in piazza San Pietro la domenica del 3 ottobre 1999.



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Uomo sempre riservato, piuttosto basso di statura, dal passo lento, gli occhi abbassati a terra, con la tradizionale bisaccia sulle spalle e il rosario intrecciato alle dita, un po' trasandato nel vestire, frate Nicola possiede tutti i requisiti per alienarsi le simpatie, particolarmente in certe vie mondane e all'ingresso di appartamenti signorili. Se non in casi eccezionali, il cercatore cappuccino non entra per principio negli alloggi. Si arresta sull'uscio senza chiedere. Qualora non trovi il proprietario, si siede sull'ultimo scalino ad aspettarne il ritorno oppure ad attendere che esca; e negli ultimi anni, anche per riposare i suoi poveri piedi sempre nudi.C'è di piú. Nel cercatore di Cagliari si evidenziano quattro anomalie. Come è stato notato, di frate cercatore diventa frate cercato. Pur avendo l'incarico di questuare per il convento, praticamente non chiede mai nulla e tutti lo soccorrono. Ha il complesso della folla, e ne è sempre circondato. Per modestia, abitualmente non guarda in faccia alla gente, ma vede tutto fin nelle piú riposte pieghe del cuore umano. Nonostante tutto, frate Nicola spande involontariamente intorno a sé un alone di venerazione che ha del prodigioso. È un frate cappuccino autentico. Frate Nicola non osserva la Regola, è la stessa Regola. In particolare per quanto riguarda i contatti del religioso col mondo esterno, il capitolo terzo costituisce la sua carta d'identità: "I frati, quando vanno per il mondo, siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, cosí come conviene".Gli interventi orali di Frate Nicola erano sempre telegrafici e vertevano necessariamente sulla preghiera della quale egli era imbevuto, perché dovevano rispondere alla continua richiesta, quasi unica, del popolo: "Frate Nicola, pregate per noi!". E lui, senza mai stancarsi: "Preghiamo: pregate, pregate!". "Pregate: andate. Il Signore vi ha ascoltato". "E voi pregate per me".Gli interventi scritti che possediamo - perché il cappuccino riceveva pure richieste per posta dai lontani che non potevano avvicinarlo - non sono meno telegrafici delle parole e risentono della sua cultura limitata alla terza elementare. Il mezzo usato per la risposta non era dei piú eleganti e consisteva - per rispettare il voto di povertà - in fogli di carta eliminati da altri, purché avessero un minimo di spazio libero per poche righe, oppure, il meglio che potesse utilizzare, era il foglio lasciato in bianco dal mittente.

Si trascrive dalla fotocopia di un suo autografo: "Jesus, Maria Joseph Franciscus - Frate Nicola / Ci salveremo? / Questo è il punto piú difficile. / Se ci salviamo avremo fatto tutto. / Preghiamo che abbia misericordia il Signore. / Sia lodato Gesú e Maria". Poiché si è accennato alla scarsa cultura letteraria di frate Nicola, è bene trattare di quella che gli stava veramente a cuore, attinta alla teologia ascetica e mistica e utilizzata per esprimere esperienze spirituali che gli si accumulavano dentro.

Era un appassionato lettore degli scritti della mistica francescana beata Angela da Foligno (1249-1309), tanto che il confratello che glieli aveva prestati non potè riaverli. Frate Nicola si scusava cosí: "Li ho letti tante volte, ma quando arrivo alla fine mi piace ricominciare da capo: sono troppo belli!". Oltre i Vangeli e l'opera del padre Gaetano Maria da Bergamo: Il cappuccino ritirato in se stesso per dieci giorni, che tutti i religiosi conoscevano, frate Nicola meditava pure sul Trattato del Purgatorio di santa Caterina Fieschi da Genova (1447-1510) e gli Esercizi di Pietà per tutti i giorni dell'anno del padre Giovanni Croiset, stampato nel 1734. Non era molto. Tuttavia sufficiente a trascrivere note e riflessioni utili, a sé e agli altri. Al resto, suppliva lo Spirito di Dio che agiva in lui.Il detto di Gesú tramandato dagli Atti degli Apostoli: "Vi è piú gioia nel dare che nel ricevere" (20, 35), spessissimo meditato e assimilato da Frate Nicola, costituiva già una componente della sua indole sarda, piú propensa - per pudore - a dare che a ricevere. Col trascorrere degli anni, si trasformò nel "dono di sé" che rappresenta l'essenza dell'amore cristiano, e rifulse eroicamente nella quotidianità del cappuccino, particolarmente tra le devastazioni accumulate durante il secondo conflitto mondiale dalle frequenti incursioni aeree e marittime su Cagliari, la città piú martoriata d'Italia, "slabbrata, sfigurata, deformata come un corpo mutilato da una lebbra".




(foto: Fra nicola a Monserrato - http://users.libero.it/cappuccini.cagliari/ricordofn.htm)


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