giovedì 27 novembre 2008

DIO NELLA CITTÀ DEGLI UOMINI - BETLEMME





(Nella foto: il muro di betlemme - tratto dal sito http://www.mirafiorisud.org/speciali/betlemme.htm)

DANIELE ROCCHETTI

Da Betlemme: tra limitazioni e speranze

Abbiamo incontrato il sindaco di Betlemme Victor Batarseh.
Ecco il ritratto che ci fa della città.
A Betlemme il grande parcheggio costruito per l'anno del Giubileo è quasi sempre vuoto. I pellegrini che scendono dai pochi pullman per andare verso la Basilica della Natività sono presi di mira da molti ragazzi e uomini che offrono a prezzi stracciati presepi e corone del rosario. È il segno evidente ed immediato di una crisi che attanaglia la città - oggi territorio appartenente all'Autonomia Palestinese - e che ha portato il patriarca cattolico di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, a protestare vivacemente per "il muro che si innalza dappertutto costringendoci a vivere come in una prigione, le nostre terre espropriate, i nostri giovani trascinati via nell'oscurità della notte e gettati nelle prigioni israeliane". Di fronte a questa situazione, il mondo palestinese sembra compatto. Ma tra cristiani e musulmani, proprio nella città in cui nacque Gesù, i rapporti sono più complicati di come appaiono. Intanto, la maggioranza dei 32 mila abitanti della città non è più fatta di cristiani, come era sempre stato in passato. I musulmani superano oggi i cristiani nella stessa proporzione in cui le moschee, quindici, sono più numerose delle chiese, dieci.
Il sindaco di Betlemme continua, per decreto del Presidente Abu Mazen, ad essere, come sempre, un cristiano.
Nel consiglio comunale otto seggi su quindici sono tuttora riservati ai cristiani, sette ai musulmani. Ma dalle ultime elezioni comunali, svoltesi nel maggio di due anni fa, è uscita vittoriosa una coalizione che ha nei musulmani di Hamas la sua colonna portante. Negli anni Novanta, Betlemme era stata governata da uomini legati al partito di Yasser Arafat, Fatah. Contro questi uomini correvano accuse di corruzione e di prepotenze ai danni della popolazione cristiana. Quando scoppiò la seconda Intifada, nel 2000, parte delle forze di sicurezza di Arafat diedero vita a un nuovo gruppo armato, le Brigate dei Martiri di Al-Aqsa. Nell'aprile 2002, guerriglieri legati a Fatah, incalzati dalle truppe israeliane, occuparono a Betlemme la basilica della Natività e - fatto meno noto - altri conventi e istituti cristiani. La crisi si svolse sotto gli occhi del mondo e si concluse con la liberazione della basilica. I capi della sommossa furono trasferiti a Gaza e in alcuni paesi europei.
Nel vuoto così creato si inserì prontamente Hamas. Essa conquistò il favore di larga parte della popolazione di Betlemme dando vita a iniziative di cura medica, di tutela degli orfani, di difesa sindacale dei lavoratori, di contrasto della corruzione. Incontro il sindaco di Betlemme, Victor Batarseh, nel suo ufficio. Batarseh ha 73 anni, medico con un passato di militante nel Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, una formazione fondata da arabi cristiani.
Quante persone vivono a Betlemme?
Oggi la città di Betlemme conta 32.000 abitanti, ma deve calcolare che ci sono 3 campi di rifugiati (alcuni profughi dal 1948!) che accolgono altre ventimila persone. Il distretto - quello che voi chiamate provincia - include 170.000 persone. 25% degli abitanti sono cristiani, 75% sono invece mussulmani. Prima del 1948, i cristiani erano il 92% mentre l'8% erano mussulmani. Questo cambio demografico è dovuto, in modo particolare, all'emigrazione dei cristiani, non solo da Betlemme ma da tutta la Terra Santa e dal controllo delle loro nascite (mentre una famiglia cristiana in media ha 2 figli, una famiglia mussulmana ne ha otto, dieci). Nel 1948 la popolazione cristiana rappresentava il 15% della popolazione della Palestina mentre ora rappresenta solo 1,9%. Da questa terra sono partiti in molti, ma sin dal tempo della dominazione turca, che prevedeva l'arruolamento obbligatorio nell'esercito, i cristiani hanno deciso di mandare via i propri figli, di trasferirli altrove, specie in America Latina. È per questo che in Sud America, in particolar modo in Cile, vi sono 300.000 cittadini di Betlemme. Durante il periodo britannico, l'emigrazione si era ridotta ma poi, dal 1967, è ripresa ed è aumentata notevolmente dopo la prima e la seconda intifada.
Come si vive oggi nella città?
La città è occupata da anni e ci sono diversi check point dislocati attorno ad essa. Il confine delimitato dal muro di separazione che limita fortemente gli accessi ai cittadini che provengono dall’esterno della città. Tutto ciò non fa altro che rendere Betlemme una grande prigione circondata dalla polizia israeliana. Nessuno può lasciare la città per andare all’esterno senza avere un permesso speciale rilasciato dall'autorità israeliana e anche i trasferimenti interni devono essere autorizzati.
La situazione economica è disastrosa per via della disoccupazione. Il surplus principale delle entrate di Betlemme proviene prima di tutto dai turisti, ma da quando è stato costruito il muro abbiamo avuto una caduta vertiginosa dei pellegrini. La separazione non è solo economica, è anche psicologica. Immagini, per esempio, cosa voglia dire abitare in dormitori in un’area circoscritta di 4,7 km dalla quale non si può uscire. Provi a pensare quali siano gli effetti psicologici. Ci sono bambini che vivono a ridosso del muro e che scrivono di volere il miracolo di poter vedere il tramonto... Ci sono insegnanti e studenti che lavorano e studiano a Gerusalemme, ma per passare il check point ci vogliono permessi speciali e solo il 10% di loro li possiedono. Tenga conto poi che, a causa del boicottaggio deciso dal governo di Gerusalemme, sono stati congelati gli stipendi per cui più di centomila persone da un anno e mezzo non ricevono salario. Senza pace nei nostri territori non ci potrà essere istruzione, lavoro, ripresa economica, che è imprescindibile affinché il popolo non abbracci le forme di lotta del fondamentalismo.
Torniamo al muro...
È la prima volta nella storia che tra Gerusalemme e Betlemme viene eretta una barriera invalicabile.
Questo sta causando tanti problemi perché nei secoli sono state praticamente una sola città. Come sindaco di questa città, conosco molto bene le famiglie cristiane, so di tanti matrimoni misti tra betlemiti e gerosolimitani. Ora, con questo confine di cemento, chi può immaginare la vita di una moglie di Betlemme che non può più incontrare il marito a Gerusalemme o viceversa? Se il marito vuole portare con sé la moglie in auto e lei non ha il permesso israeliano commettono un reato penale. È incredibile. Questo muro-confine non separa solo Gerusalemme da Betlemme, separa tante famiglie, tutta una umanità abituata a vivere assieme. Ogni giorno viene da me gente della Città Santa che chiede aiuto per far passare la moglie e il figlio dall'altra parte. E pensare che per duemila anni Gerusalemme e Betlemme sono state una cosa sola. Con la costruzione del muro la gente di Betlemme ha perso ogni speranza. Anche perché, non lo dimentichi, il tracciato del muro non passa per i confini del 1967. Gli israeliani sostengono che il muro è assolutamente necessario per ostacolare l'ingresso in Israele degli attentatori palestinesi. Che necessità aveva allora di incunearsi per decine di chilometri nel cuore della Cisgiordania, requisendo terra palestinese, dividendo villaggi, frantumando il territorio? In realtà, come ha ripetuto più volte Giovanni Paolo II, "non di muri ha bisogno la Terra Santa, ma di ponti. Senza riconciliazione degli animi, non ci può essere pace".
Come immagina il vostro futuro?
Noi vogliamo uno Stato palestinese laico: il 70% dei palestinesi lo vuole. Chiediamo il diritto di avere il nostro Stato sulla nostra terra. Avremmo preferito uno stato unico con le tre componenti, cristiana, ebraica e musulmana, e i due popoli, israeliani e palestinesi, ma Israele, pur essendo nato come stato laico, è oggi uno Stato fondamentalmente religioso e di conseguenza non è disposto a rinunciare a questa caratteristica. Nella legge fondamentale (Israele non ha una vera e propria Costituzione) viene affermato che Israele è lo stato degli ebrei e pertanto gli israeliani oggi, anche per paura del peso demografico della componente araba, non accetterebbero mai uno stato composto insieme da arabi ed ebrei. Quindi ci si è convinti dell'opportunità di due stati. Ma come è possibile dar vita ad uno stato fatto di cantoni, il cui territorio, dopo la guerra del 1967, è continuamente bucato dalla presenza di colonie? Come è possibile non prendere sul serio le decine di risoluzioni dell'ONU contro l'insediamento di colonie nei territori occupati?
Come mai se la maggioranza dei palestinesi vuole uno stato laico, la gran parte di essi ha votato Hamas?
Credo che abbiano scelto Hamas non per ragioni religiose, ma perché negli ultimi dieci anni non è stato fatto nulla dal punto di vista economico. Hamas è stata la speranza di cambiamento contro la corruzione e il malgoverno. Non dimentichi che Hamas ha lavorato molto a livello sociale dando vita a cliniche, sostenendo i poveri, mettendosi a disposizione, attraverso l'azione caritativa, di chi si trova ai margini, del 75% della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà. Oggi, dopo la presa di Gaza, credo che la gente abbia aperto gli occhi, si sia resa conto dei pericoli di talescelta. Mi permetta di fare un appello.
Prego...
Si avvicina il Santo Natale e già il mondo cristiano ha il cuore e la mente rivolti a Betlemme. Tutti rivivono l'evento con un forte desiderio per se e per gli altri di fraternità e di pace. Ma noi, cristiani di Betlemme, siamo chiusi in una prigione a cielo aperto da un muro alto 8 metri che ci deruba di terreni indispensabili alla nostra sopravvivenza. La chiusura della tradizionale via per raggiungere la Basilica della Natività e l'apertura di un nuovo check point che impone anche ai pellegrini ore di attesa per uscire da Betlemme, è una forma di barbarie moderna per strangolare economicamente una città, per imporre l'insicurezza quotidiana a un popolo e per dare apparenza di legalità ad una palese discriminazione religiosa: mentre i fedeli ebrei possono andare in tranquillità alla Tomba di Rachele, ai cristiani di Terra Santa e del mondo intero sono frapposti ostacoli per entrare e uscire da Betlemme. I pellegrini cristiani abbiano coraggio: è questa l'ora di portare la loro solidarietà ai cristiani di Betlemme e di Terra Santa, esigendo che ogni pellegrinaggio includa la visita a Betlemme. E che ci tengano nei loro pensieri e nelle loro preghiere.
Tratto dal n° 4 della rivista “Evangelizzare”, dicembre 2007

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